Il Filosofo KUNG-FU-TZU

CONFUCIO

L’intenzione sarebbe di qui trattare uno dei più noti messaggi di Confucio, ma non ha senso tale trattazione senza premettervi almeno un esame succinto del personaggio e della sua dottrina che da lui ha preso il nome, il confucianesimo. Esso rappresenta una filosofia importantissima, essendo stata il fondamento, la base dell’organizzazione sociale dell’Impero cinese nei suoi 2000 anni di vita. Non si tratta quindi di una religione, poiché mancano quasi interamente i riferimenti al sacro, ma solo allo stato.

Introdotta da Confucio, filosofo e statista, vissuto tra il 551 ed il 479 avanti Cristo, con estrema naturalezza e semplicità, ovvero gentilmente, un metodo particolarmente compatibile con la natura ed il temperamento del popolo cinese. Infatti Confucio, con l’innata e profonda umiltà che lo distingue, si é sempre definito «uno che trasmette, mai uno che crea», poiché intendeva riportare in vigore sistemi di vita di 5-6 secoli prima, cioè dei primi Chou risalenti appunto al 1027 a.C.. Confucio, il cui vero nome era Kung-Fu-Tzu (o Maestro Kung), era il povero discendente della famiglia reale Shang-Yin, ci ha tramandato il suo pensiero attraverso i Lun-Yu (o dialoghi), e va considerato puramente come riformatore politico e non religioso.

Secondo i suoi insegnamenti, l’uomo deve vivere avendo come ideale la mediocrità aurea, il Chung-Yung (o giusto mezzo), nel pieno rispetto dei riti. Sono leggi non scritte della società, che si inquadra così in un ordine superiore identificabile con il cosmo.

Primo imperativo dell’essere uomo dev’essere l’altruismo, detto Yen, l’opposto dell’egoismo, nonché il principio «non fare agli altri quanto non si vorrebbe fosse fatto a sé stessi». È proprio dalla conoscenza della sostanza di questi due principi fondamentali che i primi missionari gesuiti in Cina hanno potuto sottolineare, nei loro rapporti, la evidente cristianità del confucianesimo.

I più gravi delitti condannati dal confucianesimo sono:

  1. offendere il cielo e la terra.
  2. insegnare e diffondere la ribellione allo stato,
  3. rompere i rapporti esistenti tra gli esseri umani,
  4. turbare l’ordine civile,
  5. uccidere.

Evidente trattarsi di un vero e proprio culto dello Stato, elevato adinespressi livelli sacri, in cui la moralità dei sudditi dipende dalle virtù del Principe, il quale riceve il proprio mandato dal Cielo. Dalla perdita di tale mandato traggono origine le rivoluzioni, ed il mandato può essere revocato soltanto dal Cielo che l’aveva concesso, in seguito a colpa del Principe per indegnità, incapacità, pazzia od abuso di potere.

Punto base della filosofia é costituito dal Chung-Tzu (od essere superiore), che con il suo retto vivere diventa fonte di leggi, influenzando moralmente quanti gli sono sottoposti. Da qui la superfluità e la dannosità delle leggi scritte e codificate.

La burocrazia é ammessa unicamente nella varietà colta, in quanto formata da letterati che fanno carriera superando esami di difficoltà vieppiù crescente. Tale «Geniocrazia» costituisce la grande novità introdotta da Confucio, una forma selettiva che ha aperto, attraverso la cultura, la direzione dello Stato ad ogni ceto sociale, implicando un continuo e democratico ricambio di uomini politici ai vertici della guida della nazione.

Unico aspetto negativo di questa filosofia é rappresentato dalla passività, dall’immobilismo, forse causato dalla sua ispirazione nel passato, ovvero sulla pura e semplice tradizione, il che aveva dato origine ad un sistema destinato al progressivo irrigidimento nel tempo, fenomeno puntualmente verificatosi in Cina.

Insomma, il confucianesimo costituisce un sistema filosofico e morale della società e della civiltà, che per oltre 40 generazioni si é rivelato sufficiente alla soddisfazione di ogni bisogno, sostituendosi vantaggiosamente a qualsiasi religione, un fatto davvero unico nella storia dell’uomo. Un sistema rivelatosi però impotente allorché confrontato con le nuove realtà extracinesi che portavano a minacciare i plurisecolari rapporti tra sudditi e stato, particolarmente nelle diffusissime strutture paternalistiche. Allora si imponevano nuove regole per la produzione della ricchezza, sull’esempio dei popoli di vocazione colonialistica di origine occidentale. Aveva così inizio l’inevitabile declino di questo eccezionale sistema di moralità, identificato come «sentiero dell’armonia», codificato dai classici predicanti la benevolenza, la pietà filiale e la lealtà verso il Cielo, che ha sicuramente consentito a miliardi di cinesi Menciò, Mo-Ti, Lao-Tzé e Chiang-Tzè di conseguire in gloria spirituale il sacro Tao.

Ultimata questa inevitabile premessa, passiamo all’analisi di una tra le innumerevoli sentenze, i proverbi o le semplici battute giunte a noi nel corso dei 25 secoli intercorsi da quando sono state pronunciate dal grande filosofo cinese. È forse la più famosa, e recita: «Se avessi un nemico, siediti comodamente sulla sponda del fiume ed attendi paziente il passaggio del suo cadavere».

Questa sentenza, oltre ad evidenziare un inequivocabile invito alla calma ed alla moderazione, non può che colpire e sconcertare, specie nella sua parte terminale, con la sua macabra conclusione. Si tratta di un pensiero da non prendersi alla lettera né con eccessiva superficialità. Il farlo sarebbe irriguardoso nei confronti del grande iniziato, e dimostrerebbe ignoranza della profondità tipica di tutti i concetti da lui espressi o comunque a lui attribuiti.

Si é poc’anzi accennato al fatto che la filosofia da lui promulgata, adottata dai milioni di cinesi del suo tempo, é stata sufficiente ad appagare ogni bisogno materiale e spirituale di quella grande nazione per oltre duemila anni, durante i quali quella gente ha potuto fare a meno di una vera religione senza subirne frustrazione alcuna. Sappiamo anche che nessun popolo della nostra terra, dai tempi primordiali ai nostri giorni, ha potuto evitare di rivolgere la propria attenzione, rivelatasi una reale necessità umana, verso la divinità ed il relativo rapporto con l’essenza dell’uomo.

Tutti i grandi iniziati che, in quanto tali, si ritrovano in possesso della conoscenza, della Verità e della saggezza, hanno comunicato attraverso i loro discepoli all’intera umanità l’essenza di concetti, principi e leggi che intendono guidare l’uomo verso un processo evolutivo, ovvero verso il progresso individuale e collettivo. Confucio non ha certo costituito un’eccezione a tale regola fondamentale, per cui é impensabile che abbia inteso comunque tramandare ispirazioni perverse che sono purtroppo tipiche dell’essere umano. Sono sentimenti considerati negativi, tra cui possiamo elencare l’egoismo, l’avarizia, l’invidia, l’accidia, la violenza nelle sue svariate forme, nonché l’odio.

Potrebbe nascere il sospetto che Confucio potesse avere dei nemici, oppure, ammesso che li avesse veramente, che lui li potesse considerare tali. È sufficiente una rapida riflessione per escludere tale possibilità, in quanto l’essenza del suo insegnamento non può che condurre alla certezza che u personaggio di tanta elevazione morale non fosse in grado di considerare nemico nemmeno il più abietto tra gli esseri umani.

L’interesse del ricercatore viene quindi attratto verso l’indagine delle significanze occultate dietro il velo dell’apparenza, nel tentativo di dissipare la nebbia dell’immagine recepita in prima istanza per focalizzare il pensiero, la regola compresa in quella che doveva certo essere una semplice metafora, ovvero un riferimento simbolico.

Innumerevoli debbono essere stati gli arcani, i misteri, i dubbi che il grande Saggio ha potuto chiarire nel corso del travaglio della sua evoluzione personale, alla cui acquisizione gli é stata possibile la divulgazione dei suoi sapienti insegnamenti, tanto recepiti dai suoi conterranei da trasformarli in veri leggi del loro stato. Nell’intimo dell’iniziato era certo compresa la consapevolezza della perfezione di un Essere supremo, e quindi l’assenza del caso, l’esistenza di complesse trame di una legge superiore all’uomo, quindi di una legge divina, regolante l’esistenza dell’intero creato, mobile od apparentemente immobile che fosse. Minerali, vegetali, animali e uomini tutti coinvolti insieme in un processo evolutivo teso verso il traguardo della perfezione, verso la riacquisizione della loro natura originale, verso l’esaltazione dello spirito sulla materia, verso l’evidenziazione della scintilla divina presente in ogni essere, realizzata nell’immenso crogiolo dell’Athanor divino.

Tutti gli esseri si accostano l’uno all’altro, si influenzano reciprocamente sia nel dare che nel ricevere sensazioni ed azioni di cui necessitano, seguendo inconsciamente quelle trame del disegno divino che soltanto marginalmente può essere intaccato dal libero arbitrio individuale. Sulla superficie della nostra terra vi sono coinvolti migliaia di miliardi di vite, più o meno lunghe secondo il miope metro temporale corrente, vite che si intrecciano tra di loro in un mosaico dinamico da cui sappiamo essere escluso interamente il caso.

L’uomo, l’essere più evoluto tra le creature viventi, tanto da essere definito da tutte le religioni come «creato ad immagine e somiglianza divina», é tanto prossimo al completamento dei cicli evolutivi da vedersi compreso nella massima considerazione dell’attenzione divina, onde facilitargli l’individuazione del percorso che gli é più congeniale per puntare alla meta finale della conoscenza , della saggezza e della Verità.

Ritornando allo scopo enunciato all’inizio di questo breve trattato, vediamo ora di chiarire quel pensiero di Confucio. Che cosa nasconde il suo messaggio?

Occorre ancora premettere che nessun grande iniziato ha trasmesso messaggi in chiaro. Sarebbe troppo comodo davvero. L’uomo che intende evolversi perché é pervenuto alla giusta soglia della conoscenza, ha il dovere di riflettere, di meditare, di acquisire nuovi mezzi evolutivi attraverso la sofferenza interiore, che é sviluppo e crescita intuitiva. Di qui il monito pervenutoci da più fonti che certi insegnamenti non sono affatto destinati ai porci, una ulteriore metafora atta ad indicare gli esseri involuti, o superficiali che dir si voglia. Più genericamente potremmo dire che non si tratta di messaggi diretti alle masse, ma ai pochi selezionati muniti di vera buona volontà di operare per il bene dell’umanità, essendo dotati di occhi per vedere ed orecchi per intendere. A questi soltanto é quindi affidato il compito successivo, consistente nella traduzione degli insegnamenti originali in dottrine che, elargite con parsimoniosa progressione quantitativa e qualitativa, varranno ad istruire ed a pilotare l’umanità intera.

Confucio non poteva che indicare la via della conoscenza della realtà posta al di là dell’immagine apparente che colpisce ed influenza i più. Il suo non voleva essere che un invito, un incitamento a proseguire il cammino fino a porsi nella condizione di vedere l’intreccio delle trame che non rappresentano il semplice destino, bensì gli strumenti conciliativi tra interiore ed esteriore, tra spirito e materia, apparenti polarità opposte in stato di perenne e costante operatività attuata in perfetta simbiosi tra loro.

Assurdo il solo pensare che Confucio volesse dire quanto sembrava voler dire. Assurdo anche il pensare di mettere in atto tale proposito e, se qualche mentecatto l’avesse fatto veramente avrebbe presto capito l’inutilità di quell’attesa. Il cadavere del nemico non sarebbe mai emerso dal fiume, né sarebbe sfilato davanti al suo sguardo, perché non esiste il nemico, ma soltanto il collega «Uomo», che cammina con noi seguendo il suo percorso personale, ma condividendo comunque con noi la beatitudine di intravedere la vetta della montagna, la meta comune a tutti gli esseri viventi, visibili ed invisibili, noti ed ignoti, di sembianza diversificata ma identici nell’essenzialità.

No, in verità non esiste bene e male, bello e brutto, buono e cattivo. Sono distinzioni, differenziazioni adottate dall’uomo nelle sue limitazioni, nei suoi condizionamenti mentali, perché se é vero com’è vero che Dio é perfetto, altrettanto giusto e perfetto non può che essere quello che Lui stesso ha creato, uomo compreso.

Un’unica Legge resta valida come conclusione di questa breve e sommaria trattazione, la legge dell’Amore.

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