La stabilità iniziatica e l’instabilità dei tempi

La stabilità iniziatica e l’instabilità dei tempi.

Nonostante l’opinione comune sia convinta del progresso lineare dell’umanità e della sua evoluzione, in realtà, è esattamente il contrario. L’inizio e la fine di ogni ciclo cosmico hanno in comune una caratteristica che è l’instabilità. Instabilità nasce dal caos e dalla dispersione energetica dell’essere. Ogni essere vivente, al di là della massa corporea che incarna, ha, infatti, uno spessore energetico, una quantità ed una qualità del suo ex- sistere e che lo contraddistingue come specie e soprattutto come individuo.

Come specie, quella umana, è giunta pressappoco al più preoccupante livello di dispersione energetica e di frammentazione tra Individualità e Personalità. Come individui, ciò che è proprio della stabilità degli Iniziati è piuttosto la concentrazione della stessa Energia; il che, ovviamente, è impossibile per il non iniziato.

Ciò che appare inutile ai profani è essenziale per l’Iniziato e viceversa.

La dimensione eterica dell’uomo non è e non può essere uguale per tutti. Nemmeno dal punto di vista evolutivo e spirituale, nel senso più ampio e non confessionale del termine, nessuno è uguale all’altro.

La vita è spesso come un’ opaca ripetizione di fatti ed eventi per il profano, e che non hanno per egli alcun significato specifico se non quello prettamente materiale e conseguenziale. Il suo ciclo esistenziale è legato a quello cosmico ma egli lo ignora;

la sua evoluzione non procede a volte per innumerevoli eoni, tutto sembra fermo, le vite passano uguali, non si ha alcun ricordo delle precedenti né si pensa nemmeno per un istante che ve ne possano essere… si è in balìa degli eventi karmici e li si vive con l’ingenuità di un bambino. Da una rinascita all’altra si trascinano dietro residui di conoscenze di cui s’ignora del resto l’origine né alimentano alcun sostanziale cambiamento in forza della loro derivazione karmica.

Calato nell’illusione della propria singola esistenza, egli si accontenta di poche fugaci soddisfazioni: il lavoro, l’amore, la famiglia, il successo… persino la cultura, che non vale assolutamente NULLA se priva della luce della Conoscenza Iniziatica. L’instabilità dell’uomo comune riflette l’ondeggiare dei cicli cosmici, la provvisorietà del divenire, l’eterno ritorno delle maree cosmiche. Eppure di tutto ciò la consapevolezza è ben lontana per la maggior parte degli individui che abita questa periferia della nostra galassia; la vista dell’Alter gli è preclusa, il Suo stesso Vero Essere. Ciò che offrono le religioni, le varie confessioni di fede, tutte, è solo una vaga ombra della vera Conoscenza, eppure esse sono necessarie per la maggior parte del genere umano.Costituiscono, a volte, il “male minore” per l’individuo comune ed il profano.

In realtà, la Verità, come diceva J. Krishnamurti, è una strada priva di sentieri; le vie delle varie fedi religiose sono pallidi surrogati della Verità.

L’originaria intenzione dei loro fondatori, forse, non era questa ma così di fatto è diventato e le loro vere intenzioni sono state spesso obliate o, molto più facilmente, mai comprese. Il simbolo può essere compreso soltanto alla luce della Conoscenza Iniziatica: solo l’Iniziato “cammina sulle acque cosmiche” e le domina, mai trascinato da esse e dalla loro instabilità. Ciò che è “miracolo” per il profano, è “simbolo” di evoluzione umana e del suo destino, per l’Iniziato.

Lo stesso scopo del rito ha perso, ormai, il suo originario ruolo e significato. Molti riti diventano abitudini stereotipate, di cui peraltro spesso non si è mai afferrato il vero significato. Di conseguenza quel rito perde l’efficacia per cui è stato concepito, non ha più effetti sistemici sull’evoluzione dell’individuo.

Quando Parmenide ed Eraclito si interrogavano sulla vera sostanza dell’Essere, sulla sua stabilità o il suo perpetuo divenire, la compresione profana di questi due termini li ridusse all’accezione di una semplice dicotomia della realtà; la persistenza o la transitorietà. In effetti, il messaggio esoterico, in senso etimologico, contenuto nel pensiero di questi due grandi filosofi dell’antichità, è ben altro. L’Essere è sempre stabile, mentre il suo divenire interno ed autentico è l’evoluzione necessaria e contigente che realizza e reifica l’Essenza di ciò che è. Il divenire non è quello apparente della materia che muta; per il profano, infatti, l’apparenza, l’essenza e la forma non sono articolazioni dell’Essere ma cose diverse e separate che a volte coincidono ed altre no, a seconda di ciò che gli fanno vedere i suoi sensi (intendendo per senso anche il più ingannevole fra tutti, ovvero l’intelletto).

L’Iniziato conosce bene, invece, come l’essenza sia costituita dai diversi piani eterici in cui si sviluppa l’individuo.

Perché il tempo appare instabile? Anche nella vita di quel grande individuo che è l’Universo, i differenti piani esistenziali si intersecano e si completano a vicenda. Nessuna compiutezza e stabilità dell’Universo può realizzarsi se non attraverso l’alternarsi delle mutazioni, delle ere, delle apocatastasi.

La fine di un’era, una grande catastrofe cosmica o geologica, apre nuovi orizzonti, nuove forme di vita e ciò non è solo una necessità biologica; lo scopo è soprattutto quello della crescita dimensionale di una porzione del cosmo. A volte, però, anche le evoluzioni di grandi civiltà, come quella atlantidea, sembrarono inspiegabilmente spegnersi, estinguersi, per far rimpiombare la specie umana in un primordiale stato ferino.

In realtà, la Tradizione non si perde né si estingue, la sacralità della Tradizione, tuttavia, non può essere ereditata da tutti. La sua sacralità si ricollega a quell’antichità formidabile da cui deriva: in cui si sono affacciati diversi incipit della specie umana, le sue diverse civiltà, attraverso varie ripetizioni, le varie apocatastasi che si sono succedute. Di questa imperitura Tradizione ne recano il ricordo, ed il fardello, solo le anime più antiche. Intendendo per “ricordo” non esattamente l’accezione in uso nel linguaggio comune.

L’iniziazione e la morte producono risultati simili; ed è per questo che tutti i riti iniziatici recano il simbolismo della morte e della sepoltura (Dion Fortune – La dottrina cosmica).

Ed è anche per questo che ogni cosa appare instabile e provvisoria; l’inconsistenza impalpabile del tempo che fugge… in realtà non c’è nulla di più solido del tempo, nella sua concezione più ampia e profonda. Tutto deve cambiare affinchè nulla cambi; così l’Essere si manifesta. La fine è un passaggio che prelude ad un nuovo inizio. Essere e divenire non sono categorie contrapposte e distinte ma connesse come il giorno e la notte, in eterna dialettica cosmica e temporale.

TECLA SQUILLACI.

Nata a Catania, Italia,il 6/11/1967, laureata in filosofia teoretica, laureanda in giurisprudenza, dopo alcuni anni di giornalismo a tempo pieno dal 1996 è insegnante di lettere.Collabora con diverse pubblicazioni sia online che cartacee di filosofia, diritto e letteratura. Segnalata ed insignita di diversi riconoscimenti e premi in i letterari in Italia ed all’estero.

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Una risposta a “La stabilità iniziatica e l’instabilità dei tempi”

  1. La possibilità di assegnare categorie o separazioni o filtri mediante il termine stabilità in contrapposizione a instabilità è naturalmente prospettiva di grande interesse in ambito della conoscenza diciamo così esoterica ed essoterica e per la loro comprensione e divulgazione e trasmissione.
    Per un contributo nel senso di cui sopra al post vorrei utilizzare un apparente ribaltamento e ampliamento dei suoi presupposti, sperando di essere compreso dall’autore; e dunque trovando nella mia attuale sensibilità una straordinaria stabilità del cosmo comprensivo del tempo e numerosi indizi o rilievi iniziatici che hanno per così dire una carica attiva di stabilità e instabilità.
    A proposito del cosmo, universo e simili la stabilità (e conservazione) si rileva dalla presenza di leggi (ad esempio fisiche) che poi permangono in parti dell’universo e per così dire persistono o agiscono con continuità (ne deriva ad esempio la conservazione del protone e della conoscenza per ‘tempi’ lunghissimi).
    Diciamo pure che nel cosmo ci sono un bel po’ di cose che si conservano e per così dire divengono.
    Ci aiutano ora i rilievi iniziatici per descrivere quell’altro che resta, perlomeno nella nostra argomentazione: il soggetto individuale, ad esempio una possibile formalizzazione o rappresentazione nel contesto sopra descritto di un qualcosa che rileva per una possibilità iniziatica (ovvero può ricevere una iniziazione). Da lì (individuo) si connota l’incidenza o la rilevanza di un dramma, di una informazione o conoscenza che darebbe un significato all’immediato insostituibile e unico; banalizzando nei termini, osserviamo come nella vita reale vi sono momenti drammatici, che cioè suscitano nell’individuale profonda inquietudine e altro per una loro intrinseca gravità (che non oggettiviamo) colta nella separazione sentire e accadere.
    Il conseguimento iniziatico che appunto si persegue nel tempo senza interruzioni è certamente drammatico, per così dire immersi in una stabilità inaccessibile per così dire intrinseca si avverte l’instabilità di quel divenire che consiste appunto nella tappa che si vuole raggiungere o conseguire (vedi anche l’evento morte fisica che è un momento iniziatico naturalmente).
    In conclusione, una visione iniziatica riserva la massima cura e rispetto per ogni forma nel suo divenire (esempio: una farfalla e il suo volo), in particolare nei suoi momenti iniziatici in prospettiva delle sue certe trasformazioni.

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