‘Abdu r-Razzâq Yahyâ (Charles-André Gilis): La fanciulla di nove anni

(comprensivo di uno studio del medesimo autore sullo Zolfo Rosso e di una Postfazione dell’editore italiano)
Campegine (RE) Gennaio 2012, Edizioni Orientamento/Al-Qibla, 127 pagg., – € 13,20

gilis-fanciulla-nove-anni-coverNei lignaggi più puri ed elevati del Tantrismo la fanciulla di nove anni è la teofania essenziale, l’identità segreta della Grande Dea e non è conosciuta esteriormente che per il suo attributo di Lalitâ, ‘Quella che gioca’. Essa manifesta l’autorità suprema assolutamente incondizionata dell’Essenza divina; fa sovranamente quello che vuole senza alcun arbitrio in un modo che sfugge ad ogni conoscenza esteriore. Pur comprendendo ogni cosa, essa resta incomprensibile. Non è ‘costretta’ dalla propria scienza perché è lei che determina ciò che può essere saputo e conosciuto. Iniziaticamente essa è il Maestro per eccellenza, del quale conviene ricercare la soddisfazione senza perseguire alcuna idea di retribuzione o di ricompensa. L’insieme degli esseri è sotto la sua dipendenza, di modo che essa non deve niente a nessuno. La via per pervenire a lei è quella della servitù perfetta. Essa può manifestarsi in modo sensibile, con un corpo vero, puro e ‘luminoso’, a colui che ha raggiunto l’effettiva Conoscenza suprema, quella dello shrî-vidyâ.

Lo studio di Gilis sulla Fanciulla di nove anni prende spunto da un’intuizione di Michel Vâlsan (nell’Islam Mustafâ ‘Abdu l-‘Azîz), che comprese la strettissima analogia esistente tra due visioni: da una parte quella riportata nelle prime pagine della Vita nova, in cui Dante vede apparire nella propria camera “uno segnore di pauroso aspetto” che afferma di esserne il dominus, e che tiene in braccio Beatrice, nella figura di una “persona” che dormiva “nuda” e avvolta “in uno drappo sanguigno leggermente”; dall’altra quella riportata nel Sahîh di Al-Bukhârî in cui l’Angelo mostra al Profeta Muhammad (su di lui la preghiera e la pace divine) la giovanissima ‘Aysha avvolta “in un drappo di seta (fî saraqatin min harîr)”, e gli dice: “Questa è tua moglie: scoprila.

Partendo da questo, e svelato il carattere non certo casuale di tale coincidenza, Charles-André Gilis (‘Abdu r-Razzâq Yahyâ nell’Islam) sviluppa nel presente testo un’argomentazione che fa intervenire, a sicura prova di come la ‘fanciulla di nove anni’ possa simboleggiare una Teofania essenziale, un terzo elemento, dopo quello islamico e quello dantesco: si tratta della grande Dea del Tantrismo, conosciuta esteriormente con il nome di Lalitâ, ‘Colei che gioca’, e accomunata alle figure di ‘Aysha e di Beatrice tra l’altro anche dalla giovanissima età. Il volume è corredato da uno studio del medesimo autore sul simbolismo relativo alla denominazione di Zolfo Rosso, attribuita nell’esoterismo islamico ad Ibn ‘Arabî (studio apparso in Francia assieme a quello sulla Fanciulla in un’unica pubblicazione nel 2006, e ad esso collegato da diversi punti di vista), e da una Postfazione dell’editore italiano (nella quale si sviluppano alcune delle deduzioni che si possono trarre da quest’opera di Gilis, in particolare a proposito dell’origine ‘muhammadiana’ dall’influenza spirituale veicolata da Dante).

INDICE GENERALE:

  • Nota introduttiva
  • – La fanciulla di nove anni
  • – 1. Una teofania singolare
  • – 2. Nel Tantrismo contemporaneo
  • – 3. Nell’opera di Dante
  • – 4. Nell’Islam
  • – 5. Lo statuto islamico della donna
  • – “Lo Zolfo Rosso”
  • – Postfazione dell’editore

Introduzione all’insegnamento ed al mistero di René Guénon, di ‘Abdu r-Razzâq Yahyâ (Charles-André Gilis)

gilis-introduzione-guenon-coverIntroduzione dell’Editore

Il presente testo è costituito da uno studio di Gilis risalente al 1986, e quindi pubblicato in seconda edizione nel 2001 con qualche ritocco e assieme ad una nuova prefazione, e a due ‘allegati’: una recensione critica di Élie Lemoine e la rispettiva replica di Gilis. Si tratta a nostro avviso di un libro di estrema importanza, perché ripercorre l’intera ‘carriera tradizionale’ di René Guénon, proclamando con nettezza il carattere fondamentale ed ineludibile proprio degli studi guénoniani per la comprensione profonda delle Tradizioni divine e della natura della mentalità attualmente dominante, nonché l’ispirazione ‘profetica’ (nel senso di quella che nell’Islam è chiamata ‘profezia generale’) che ad essi presiede, ed esponendo chiaramente la finalità della sua opera.

Questo da un punto di vista non condizionato da pregiudizi ‘moderni’ di vario genere, quali quelli propri di molti occidentali (e anche di coloro che pure asseriscono di riferirsi in parte al grande metafisico francese), pregiudizi che vengono denunciati smascherando i vari tentativi di mistificazione e di ‘desacralizzazione’ della funzione di Guénon, nei quali si tenta di assimilare il suo insegnamento ad un pensiero profano qualsiasi. D’altra parte non viene taciuta l’ostilità della quale di tanto in tanto l’opera di Guénon è oggetto anche in campo islamico per ignoranza, per incapacità a concepire ciò che supera l’idea che ci si è fatta della Religione (o della propria funzione all’interno di questa); e tuttavia Gilis afferma a chiare lettere che le dottrine esposte da Guénon, che costituiscono “la proclamazione pubblica, per la prima volta nella storia, di una dottrina della Verità universale”, non possono che appoggiarsi su di una “forma sacra universale (…), già presente” nel piano divino, l’Islam appunto, forma tradizionale “adeguata all’intero genere umano dal momento che il suo Profeta legislatore è stato inviato all’insieme degli uomini” (pagg. 15-6). Del resto, come Gilis dirà in un articolo pubblicato in seguito (nel 2004), “la funzione di René Guénon è inseparabile dalla rivelazione islamica,” e “l’universalità del suo insegnamento è l’espressione diretta dell’universalità dell’Islam.”

Il testo di Gilis che pubblichiamo presenta comunque svariati spunti di interesse, e si sofferma su molte questioni:

  • il fatto che le potenzialità e la ricchezza dell’opera guenoniana ancora non sono state percepite nella loro pienezza se non da pochi (pag. 26);
  • il carattere non ‘sistematico’ e non accademico di tale opera, propriamente ‘ispirata’ (pag. 33);
  • il vero e proprio svelamento, operato da Guénon, di tematiche tenute per lungo tempo celate, come quella del ‘Re del mondo’ (cap. II);
  • il problema costituito da alcune affermazioni guénoniane nelle quali il ruolo delle Religioni in relazione alla Verità immutabile è considerato in modo negativo, laddove si mostra che affermazioni consimili si possono trovare non solo all’interno del Taoismo, ma anche “presso i più grandi maestri dell’esoterismo islamico”, e si riferiscono ad una dottrina che nell’Islam risulta inclusa “sin dall’origine nei dati più comuni della religione e della fede” (pagg. 60-1), come chi scrive la presente recensione ha potuto spesso notare nel suo studio dei commentari del Corano e degli hadith profetici;
  • tutta una serie di importanti precisazioni relative a vari eventi avvenuti in concomitanza dell’inizio dell’attività di Guénon, e in special modo al tentativo di rivivificazione dell’Ordine del Tempio (cap. VI);
  • l’errore proprio di coloro che negano la qualità islamica di Guénon (pag. 82);
  • il motivo per cui all’inizio della ‘carriera tradizionale’ di Guénon è ravvisabile un intervento di influenze spirituali islamiche, indù e taoiste, nonché proprie dell’antico centro ritirato della tradizione occidentale, mentre Cristianesimo e Buddhismo non hanno parte in questo (pagg. 117 e segg.);
  • la necessità ‘operativa’ di effettuare un ‘adattamento’ delle nozioni guénoniane in particolare a quelle islamiche, dal momento che il linguaggio utilizzato da Guénon non sempre coincide con quello delle ultime rivelazioni (pagg. 141-2).

A proposito del carattere pretenzioso delle critiche mosse a Guénon (specialmente da depositari di concezioni profane, e comunque inesatte e spesso frutto di visioni settarie o della grande limitatezza, dal punto di vista metafisico, degli universitari), Gilis dedica due capitoli a mostrare a titolo esemplificativo, contro i loro detrattori di parte cristiana, l’esattezza delle intuizioni guenoniane relative all’incarnazione (cap. X) e alle origini della rivelazione cristiana (cap. XI).

dal Capitolo primo: L’insegnamento e la funzione

L’insegnamento di René Guénon è l’espressione particolare, rivelata all’Occidente contemporaneo, di una dottrina metafisica ed iniziatica che è quella della Verità unica ed universale. Esso è inseparabile da una funzione sacra, di origine sovra-individuale, che Michel Vâlsan ha definito come un “richiamo supremo” alle verità detenute, ancora ai giorni nostri, dall’Oriente immutabile, e come un’ultima “convocazione” che comporta per il mondo occidentale un avvertimento ed una promessa, nonché l’annuncio del suo “giudizio”. Per quanto semplice ed evidente possa essere, questo modo di comprendere l’opera guénoniana è generalmente misconosciuto o negletto nelle presentazioni che ne vengono date. Soprattutto negli ultimi anni, queste si sono distinte per il loro numero piuttosto che per la loro qualità, ognuno autorizzandosi di propria iniziativa a dissertarne, o a giudicarla. Eppure quanti, fra coloro che le si avvicinano, si preoccupano davvero di afferrarne l’intento e di rispettarne la portata? Il più delle volte si constata l’esatto contrario: una deliberata volontà di aggirare l’insegnamento di Guénon e di desacralizzare la sua funzione.

I procedimenti utilizzati per giungere a tanto non variano: si mette l’accento sugli aspetti psicologici e biografici, al punto che certi lavori universitari hanno integrato alla rinfusa analisi grafologica e tema astrale! Si cerca anche di spiegarne l’opera basandosi su fonti storiche; si utilizza senza discernimento, ma non senza intenzioni occulte, un metodo per l’interpretazione dei testi letterari i cui limiti sono noti a tutti, per recensire degli scritti la cui ispirazione è essenzialmente diversa. L’insegnamento tradizionale cui Guénon si riferisce è assimilato di fatto ad un pensiero profano ed è trattato di conseguenza: si criticano una moltitudine di dettagli, in modo da metterne in discussione la scienza e ridurre l’autorità dei suoi giudizi.

Ma c’è qualcosa di più grave ancora. Sin dal 1973 Robert Amadou poneva la domanda “Pro o contro Guénon?”, e questo con l’intenzione conclamata di dimostrare che “il guénonismo non equivale alla Tradizione”, ciò che non è se non un’affermazione lapalissiana, ma che permette di evitare abilmente il punto essenziale, cioè il legame indissolubile che unisce l’insegnamento di Guénon alla funzione centrale che egli rappresenta per l’Occidente. Un tale interrogativo cela in realtà una trappola, nella quale sono caduti quelli che s’immaginano che basti mettersi dalla parte dei ‘difensori’ della sua opera per poter affrontare il dominio delle verità essenziali di cui essa è il veicolo. Conviene precisare, ahinoi, che oggi non sussiste più, nella maggior parte dei casi, nessuna relazione fra la qualità di ‘guénoniano’ ed il rispetto autentico della Tradizione e delle sue esigenze. Non v’è dunque qui nessun altro criterio se non quello della fedeltà scrupolosa e totale alla Dottrina che, per sua stessa essenza, non ha nulla in comune con lo spirito sistematico, o con un qualsiasi settarismo.

Ne consegue che, se è opportuno ricordare che il “guénonismo non equivale alla tradizione”, si dovrà subito aggiungere, per evitare ogni equivoco, che l’interrogativo “pro o contro Guénon?” è il prototipo stesso di un dilemma antitradizionale e sovversivo, dato che non lascia scelta che fra l’ostilità e la caricatura. L’insegnamento trasmesso da René Guénon esige prima di tutto di essere riconosciuto e seguito: ci si impone in virtù della forza della Verità. Coloro che lo rifiutano, con ciò stesso si squalificano: come potrebbero ancora pretendere di operare in modo efficace e duraturo nella via che egli ha tracciato in vista del raddrizzamento tradizionale del mondo occidentale? È Guénon che ha stabilito i principi e determinato i criteri, di modo che coloro che vengono dopo di lui devono forzatamente mettersi nella prospettiva delle applicazioni contingenti e delle conseguenze che si possono dedurre dai suoi scritti. Di fatto, i suoi successori hanno dovuto posizionarsi e determinarsi in rapporto a quel che egli ha rappresentato, mentre egli stesso, per tutto il tempo della sua carriera terrena, non si è mai veramente determinato se non in riferimento alla Tradizione.

La volontà di minimizzare e di ridurre l’autorità di Guénon, il diritto proclamato ad alta voce (ovvero rivendicato a bassa voce da parte di coloro che esitano a spingere la sconvenienza fino all’insolenza) di “guénonificare solo in una determinata occasione, oppure di tanto in tanto, senza essere guénoniani”, l’assimilazione del tutto superficiale stabilita fra la sua opera e quella di altri autori o ‘pensatori’ di origine occidentale, sono entrambe cose che si basano in ultima analisi su di un malinteso. Non si può paragonare se non ciò che è paragonabile: l’insegnamento di Guénon non può esser compreso né ‘inquadrato’ validamente da un punto di vista tradizionale che per analogia con altri che siano dello stesso ordine, come ad esempio quello di Dante.

La sua funzione infatti dipende in effetti da un dominio che l’esoterismo islamico designa col termine Tasawwuf. Si tratta, come ha indicato Michel Vâlsan, del “governo esoterico degli affari del mondo”, il che non ha nulla in comune con il fatto di guidare dei discepoli sulla via della realizzazione metafisica, ma implica in compenso un’autorità indiscutibile, tanto nell’ordine della dottrina pura quanto in quello della determinazione delle norme e dei criteri destinati a suscitare, ad ispirare ed a legittimare l’azione. Se le funzioni di ‘guida’ e di ‘governo’ possono coincidere in uno stesso essere, è comunque importante distinguerle con la massima cura, e precisare che un’investitura od una competenza esercitate validamente in uno dei due domini non comporta per ciò stesso la possibilità ed il diritto d’intervenire nell’altro.

La dottrina metafisica e la norma tradizionale non hanno di certo avuto inizio con Guénon, che ha avuto l’incarico di enunciarle e di rappresentarle di fronte alla deviazione ed alla sovversione del mondo moderno. All’interno di quest’ultimo, la sua opera si presenta come eccezionale ed insostituibile, tanto per la sua portata quanto per la sua levatura. È aberrante volerne diminuire l’effetto e l’influenza quando si è incapaci, tanto di fatto quanto di diritto, di sostituirla con qualcosa di equivalente. È importante ricordarlo con tutta la chiarezza necessaria: l’Occidente non ritroverà la sua vocazione ed il suo orientamento tradizionali se non nel rispetto della funzione di René Guénon, e grazie ad una fedeltà senza incrinature al suo insegnamento. La sua autorità nell’ambito del Tasawwuf non è dimostrabile, a causa della stessa fonte che le è propria: essa permane intrinseca ai suoi giudizi, la cui verità s’imporrà soltanto allorché il corso delle cose l’avrà verificata e resa esplicita, in un modo o nell’altro. Se si obietta che questa è una ‘petizione di principio’, risponderemo che lo stesso vale per tutto ciò che è di origine tradizionale e non-umana, e che sfugge per questo motivo al controllo della ragione e della coscienza individuale. L’espressione ‘petizione di principio’ significa qui d’altro canto che si tratta effettivamente di ricorrere all’autorità principiale per accedere ad una verità che l’intelletto creato e condizionato è incapace di afferrare con le sue proprie forze. Cionondimeno, la funzione superiore che Guénon rappresenta per il mondo occidentale comporta, nei suoi interventi, un aspetto di luce e di misericordia, un’evidenza che lo sguardo interiore percepisce in modo tale da pacificare il cuore. Ogni rivelazione (e tale è stata la sua opera) è accompagnata da indicazioni e ‘prove’ che l’intelligenza riconosce facilmente quando è orientata da una retta intenzione.

Si deve notare prima di tutto che la ‘convocazione’ del mondo occidentale è formulata nei suoi libri in modo esplicito, e che le vie tracciate in vista del suo raddrizzamento tradizionale vi sono esposte dettagliatamente, con una precisione ed una chiarezza estreme. In questo campo più che in ogni altro nulla di ciò che Guénon ha affermato è stato lasciato al caso. La sua opera costituisce inoltre un’autentica summa dottrinale che integra e rende intelligibile, per un pubblico non preparato a comprenderle, tutto “l’insieme delle forme e delle idee tradizionali.” Vi è qui, come scriveva Michel Vâlsan, “il miracolo intellettuale più affascinante che sia stato presentato davanti alla coscienza moderna.” Miracolo di espressione, perché in questo ambito la maestria di Guénon è veramente prodigiosa: egli forgiava, con arte suprema e sovrana spigliatezza, i concetti che permettevano agli Occidentali di partire da ciò che conoscevano, in modo da condurli ad impadronirsi di ciò che ignoravano completamente, o che avevano dimenticato da molto tempo. Miracolo anche di apertura, perché i significati metafisici elevati dei quali tali concetti diventavano in tal modo i portatori, erano applicati in vista di un’interpretazione che illuminava i simboli di ogni ordine provenienti dalla Scienza sacra. Il suo lavoro perciò prendeva, questa volta sul piano formale, un significato universale, nella misura in cui offriva un metodo che poteva condurre ad una comprensione profonda, il più totale possibile, delle differenti Rivelazioni che dall’origine del ciclo umano sono state i veicoli ed i supporti della Dottrina immutabile; e ciò nel momento in cui l’invasione del mondo occidentale moderno le faceva per la prima volta coesistere, in un modo il più delle volte caotico, nella coscienza dei nostri contemporanei. Qui, ancora, l’apporto della sua opera è unico, perché gli autori che in Occidente si sono posti da un punto di vista diverso dal suo si sono per ciò stesso ridotti a non prendere in considerazione che degli aspetti più particolari: il fatto che questi aspetti siano apparentemente più adeguati per lo studio di tradizioni quali il Buddhismo ed il Cristianesimo, che come vedremo più avanti occupano un posto del tutto speciale all’interno dell’universo tradizionale, poteva dare l’illusione che si aveva in qualche maniera ‘corretto’ ciò che in Guénon sembrava a torto unilaterale ed incompleto. Al contrario, è il carattere universale e totalizzante del suo insegnamento a spiegare come quest’ultimo possa fornire le chiavi che permettono agli Occidentali di penetrare all’interno di qualsivoglia dottrina metafisica per mezzo della comprensione dei suoi aspetti fondamentali, e di interpretare secondo i loro autentici significati i simboli presenti nelle diverse forme tradizionali. Pochissimi tuttavia sono coloro che hanno potuto misurare da sé ciò che una tale possibilità contiene, prendendo così coscienza in modo diretto della ricchezza e della portata reali della summa guénoniana: non ci si meraviglierà del fatto che ai loro occhi le restrizioni più o meno interessate che ancora da più parti si cerca di assegnarle appaiano, a suo confronto, ben vane e di poco peso.

INDICE GENERALE:

Prefazione dell’autore alla seconda edizione francese

– Capitolo I – L’insegnamento e la funzione

– Capitolo II – La questione del Re del Mondo

– Capitolo III – Un’ispirazione profetica

– Capitolo IV – L’iniziazione e l’investitura

– Capitolo V – Unità e diversità dell’insegnamento

– Capitolo VI – Sull’Ordine del Tempio

– Capitolo VII – Il passaggio all’Islam

– Capitolo VIII – L’enigma delle ‘condizioni dell’esistenza corporea’

– Capitolo IX – Discepoli e critici

– Capitolo X – A proposito dell’Incarnazione

– Capitolo XI – Le origini della religione cristiana

– Capitolo XII – Osservazioni finali

– Allegati – A proposito di un libro recente

– Risposta ad Élie Lemoinea


Michel Vâlsan: La dottrina degli stati molteplici dell’Essere nel Cristianesimo

valsan-stati-molteplici-cristianesimo-cover“La concezione degli stati molteplici, tanto nella teologia quanto in determinate scienze o speculazioni particolari attesta l’esistenza dei daimon, dei geni, dei jinn buoni o malvagi, che si situano tra l’angelo e l’uomo; parimenti, possono trovare posto qui gli esseri ‘generati’ tra angelo e uomo, o tra jinn e uomo. Per quanto riguarda i gradi tra l’uomo e l’animale, ci sono ugualmente degli esseri che partecipano dell’uno e dell’altro; non possiamo insistere, ma ricorderemo gli esseri mitici come i centauri, le sirene e così via, le cui ‘facoltà’ possono essere talvolta simili a quelle dell’uomo: Chirone fu il maestro di Achille. Si dirà naturalmente che sono ‘favole degli antichi’, come se non si potesse dire la stessa cosa di tutto ciò che si riferisce agli Angeli ed ai demoni. Non è a degli interpreti modernisti di san Tommaso o di Dante che si può domandare di ammetterli, ma si può far loro osservare la grottesca contraddizione nella quale incorrono quando accettano, d’altra parte, l’ ‘evoluzione della specie’, fatto che implica da parte loro, pure se in maniera non regolare, il riconoscimento di una continuità degli stati dell’essere attraverso la continuità delle forme di specie!”

Vengono qui proposte tre lettere scritte tra il 1958 e il 1959 da Michel Vâlsan ad uno studioso francese dell’opera di Dante, Philippe Guiberteau.

In esse Vâlsan (che può essere considerato il più grande continuatore dell’opera di Guénon) si sforza di indicare come nelle opere di diversi autori cristiani (e in particolare di Dante, Ruysbroeck e san Tommaso) sia possibile riconoscere la presenza di un orizzonte dottrinale secondo cui all’‘Essere’ (concepito come comprensivo di manifestazione e non manifestazione) appartiene una molteplicità di stati gerarchicamente disposti e in collegamento gli uni con gli altri. L’argomento non è di poco conto in quanto non è sempre cosa facile e immediata ‘scoprire’ la presenza nel Cristianesimo di questa come di altre dottrine specificamente metafisiche e legate alla realizzazione iniziatica.

Per quanto riguarda Dante, Vâlsan fa riferimento in particolare ad alcuni passi del Convivio nei quali si mostra con estrema chiarezza la ‘continuità’ degli stati dell’Essere (valga per tutti quello tratto dal tratt. terzo, VII, 6, in cui è detto che “ne l’ordine intellettuale de l’universo si sale e discende per gradi quasi continui da la infima forma a l’altissima e da l’altissima a la infima”). In questo come in altri passaggi, sostiene l’autore, si può “vedere il fondamento delle ascensioni e delle discese che interessano in maniera particolare il tema della Divina Commedia.”

In linea generale comunque, a parte i riferimenti specifici, il grande interesse del presente testo sta proprio nel fatto di vedere applicata ad un ambito tradizionale particolare quella dottrina degli ‘stati molteplici’ che in tempi recenti è stata esposta in termini universali da Guénon. Questo infatti non solo può costituire un forte impulso alla ricerche relative alle dottrine metafisiche proprie del Cristianesimo ma può portare un serio contributo anche allo studio dei testi di altre forme tradizionali: si pensi ad esempio alle opere del ‘sommo Maestro’ dell’esoterismo islamico, Ibn ‘Arabî, e a come i ragionamenti qui esposti da Michel Vâlsan si possano applicare ‘per analogia’ a moltissime formulazioni di questo autore.

Il testo valsaniano è preceduto da una nostra breve prefazione, e dalla traduzione dell’‘Introduzione’ che lo precedeva sulla rivista francese che lo ha edito (intitolata Science sacrée); tale ‘Introduzione’ è utile soprattutto per la contestualizzazione delle lettere di Vâlsan, e inoltre, pur escludendo il curioso paragone iniziale tra le caratteristiche del ‘genere’ epistolare e quelle della Risâla coranica (certo non molto convincente), contiene diversi passaggi senz’altro interessanti (come ad esempio le considerazioni sull’uso del termine latino mens alle pagg. 16-19).

INDICE GENERALE:

  • Nota introduttiva
  • La fanciulla di nove anni
  • 1. Una teofania singolare
  • 2. Nel Tantrismo contemporaneo
  • 3. Nell’opera di Dante
  • 4. Nell’Islam
  • 5. Lo statuto islamico della donna
  • “Lo Zolfo Rosso”
  • Postfazione dell’editore

Il Codice dell’Anima, di James Hillman

Immagine: Jessie Pearl

Tutti, presto o tardi, abbiamo avuto la sensazione che qualcosa ci chiamasse a percorrere una certa strada. [cit]

Alcuni la definiscono vocazione, chiamata, altri destino, James Hillman nel suo libro Il codice dell’anima si lascia ispirare dal mito platonico di Er e la chiama daimon.
Lo stesso daimon di cui parla Aldo Carotenuto nel suo saggio La chiamata del Daimon di cui ho scritto tempo fa. Il daimon a cui Philip Pullman dà forma concreta nella sua famosa trilogia Queste oscure materie.
Nello specifico, però, di che cosa si tratta? Ce lo spiega il mito:

Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, ci dimentichiamo tutto questo e crediamo di esserci venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino. [cit]

il-codice-anima-hillmanIl codice dell’anima è il celebre saggio in cui Hillman espone la teoria della ghianda spiegando come essa influisca sulla nostra vita. Dentro ognuno di noi, già alla nascita, vi è un seme unico e distinto che ci chiama a realizzare qualcosa di altrettanto unico e distinto: è la ghianda che racchiude in sé il potenziale destino di quercia.
In alcuni la chiamata sembra più forte che in altri, ma anche se non la ricordiamo, anche se la sua voce si è persa nelle maglie della vita adulta, in realtà non ci abbandona mai. È sempre dentro di noi e quando alla domanda “Cosa vorresti fare nella vita?”, rispondiamo “Non lo so”, inconsapevolmente stiamo mentendo.

Per ritrovarla dobbiamo ripercorrere la nostra biografia, la storia vissuta fino a oggi e focalizzarci sull’infanzia perché è lì che per primo il daimon si è manifestato: in ciò che ci piaceva fare, nel tipo di carattere con cui siamo venuti al mondo.
Torniamo per un po’ il bambino/a che siamo stati e permettiamoci di esserlo, di ricordare cosa catturava la nostra attenzione, con quale sfumatura facevamo esperienza della vita, quali giochi amavamo e quali evitavamo.
Si parte da qui per riaprire il canale di comunicazione col nostro daimon, ma perchè farlo? Perché riconoscere che la vocazione è un dato fondamentale dell’esistenza umanatrasforma il panorama a cui i nostri occhi si sono stancamente abituati vivacizzandone i colori ed esaltandone le forme. I problemi, gli ostacoli incontrati lungo il cammino acquistano un senso, “fanno parte del disegno dell’immagine, sono necessari a esso e contribuiscono a realizzarlo”.

Una vocazione può essere rimandata, elusa, a tratti perduta di vista. Oppure può possederci totalmente. Non importa: alla fine verrà fuori. Il daimon non ci abbandona. [cit]

E se il daimon si manifesta per la prima volta nell’infanzia, capiamo bene quanto importante sia il ruolo dell’adulto in questa fase: il bambino è dipendente da lui sia fisicamente sia emotivamente. L’adulto è la sua guida, il suo maestro e dovrebbe avere un unico obiettivo: assecondare coscientemente la sua crescita naturale. Per questo motivo, Hillman scrive che “questo libro sta dalla parte dei bambini”, soprattutto di quei bambini definiti “problematici” perché seguono il ritmo di una musica diversa da quella a cui le nostre orecchie adulte si sono ormai abituate.

Voglio che riusciamo a vedere come ciò che fanno e che patiscono i bambini abbia a che fare con la necessità di trovare un posto alla propria specifica vocazione in questo mondo. I bambini cercano di vivere due vite contemporaneamente, la vita con la quale sono nati e quella del luogo e delle persone in mezzo a cui sono nati. L’immagine di un intero destino sta tutta stipata in una minuscola ghianda, seme di una quercia enorme su esili spalle. E la sua voce che chiama è forte e insistente e altrettanto imperiosa delle voci repressive dell’ambiente. La vocazione si esprime nei capricci e nelle ostinazioni, nelle timidezze e nelle ritrosie che sembrano volgere il bambino contro il nostro mondo, mentre servono forse a proteggere il mondo che egli porta con sé e dal quale proviene. [cit]

Immagine: Jonathan Kos-Read

Immagine: Jonathan Kos-Read

Hillman mostra esempi concreti della teoria della ghianda analizzando l’infanzia di alcuni personaggi diventati celebri come il filosofo inglese R. G. Collingwood, il torero spagnolo Manolete o l’attrice Judy Garland.
Partendo da questi esempi mette in evidenza come non si tratti solo di seguire il daimon, ma anche di crescere, ovvero discendere pienamente in questa vita e aumentare la propria consapevolezza.
Sempre tramite il mito platonico Hillman spiega chiaramente cosa si intende per “discendere nella vita”:

L’anima discende in quattro modi: attraverso il corpo, i genitori, il luogo, le condizioni esterne.

Per prima cosa, il corpo: discendere, cioè crescere, significa ubbidire alla legge di gravità, assecondare la curva discendente che accompagna l’invecchiamento.

Secondo, accettare di essere un membro della tua famiglia, di fare parte del tuo albero genealogico, così com’è, con i suoi rami contorti e i suoi rami marci.

Terzo, abitare in un luogo che sia adatto alla tua anima e che ti leghi a sé con doveri e usanze.

Infine, restituire, con gesti che dichiarano il tuo pieno attaccamento a questo mondo, le cose che l’ambiente ti ha dato. [cit]

Hillman ci invita, quindi, a guardare la nostra vita con occhi diversi e ad applicare questo nuovo sguardo anche all’esistenza dei nostri genitori e a quella dei nostri figli.
Perché se interiormente siamo portatori di un’immagine, una chiamata che è solo nostra e che ci promette la felicità se ben vissuta, diventa chiaro quanto sia illusoria l’idea di una felicità uguale per tutti, di un percorso di vita “corretto” e uguale per tutti. Quel percorso che tacitamente ci viene proposto come fautore della felicità e indicatore di successo: sii un bravo studente, socievole e adattabile, sposati e riproduciti, sii un lavoratore instancabile e devoto, sii un cittadino ligio alle regole e divertiti nei momenti appropriati. Insomma, sii normale nel senso in cui io, società, concepisco la normalità.

Immagine: Marina del Castell

Così, quando un bambino non va bene a scuola, non si adatta allo schema, per la società diventa un “problema”, uno da “correggere”, ma se al contrario avesse ragione lui? Se ci fosse semplicemente qualcosa che lo chiama altrove? Non è necessario conoscere la risposta, ma è fondamentale iniziare a porsi la domanda.

Ciò che serve, l’anima lo usa. Sono strabilianti, anzi, la saggezza e il senso pratico che essa dimostra nell’utilizzare accidenti e disgrazie. [cit]

E il seme cattivo? Esiste? O sono tutti intrinsecamente buoni? Hillman cita l’esempio di Hitler e di altri inenarrabili assassini che hanno insanguinato la storia, e mostra come esista anche una spinta distruttiva, un’indole che può indirizzare verso l’abominio.
Ciò non significa che non ci sia speranza, ovvero che certe anime nascano per fare del male e del male faranno. Anche quando di per sé la vocazione viene considerata benevola, infatti, rappresenta in ogni caso una forza che può essere devastante se l’individuo non sviluppa una personalità e una psiche forte ed equilibrata. Judy Garland ne è stata un tragico esempio.
Solo imparando a gestire il proprio daimon senza lasciarsi agire come burattini, si offrirà al daimon stesso la possibilità di esprimersi in tutta la sua potenzialità.
Non è infatti possibile metterlo a tacere e negarlo può essere pericoloso, come accade spesso nel caso di un seme cattivo.

Il daimon ci accompagna fedele e ci stimola alla grandezza, alla potenza. Vuole essere celebre e celebrato e non desidera altro che esprimersi.
Per aiutarlo diventa indispensabile iniziare a promuovere un nuovo tipo di educazione, che torni all’origine del termine, ovvero che si dedichi a “portar fuori” ciò che ciascuno custodisce già dentro di sè al momento della nascita, piuttosto che tentare di riempirlo con concetti, date, eventi come fosse un contenitore vuoto.

Il daimon chiama tutti, non solo chi la storia ricorderà, nel bene come nel male. Non esiste una chiamata mediocre, come sottolinea Hillman, ma solo vite in cui la chiamata viene rifiutata.

Immagine: Camil Tulcan

Immagine: Camil Tulcan


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James Hillman

James Hillman (1926 – 2011) è stato uno dei più grandi filosofi e psicanalisti dei nostri giorni, autore di autentici best seller. E’ stato il padre della cosiddetta psicologia archetipica e un grande ispiratore della psicologia immaginale e della ecologia profonda. Hillman è stato selezionato dalla Utne Reader tra le prime 100 persone che sono in grado di cambiare la vita del loro lettore. E’ uno dei più importanti pensatori post-junghiani, il fondatore della rivoluzionaria scuola della Psicologia Archetipica.

Incontri con uomini straordinari, di Gurdjieff

incontri con uomini straordinariGurdjieff è una delle più enigmatiche e soggioganti figure che abbiano traversato questo secolo. Per molti, incontrarlo volle dire «cambiare la vita», imparare a essere: fra questi René Daumal, Katherine Mansfield, il filosofo Ouspensky. E molti furono anche i suoi nemici e denigratori, che videro in lui soltanto un mistificatore dai pericolosi poteri.
Quando Gurdjieff arrivò in Francia, nel 1922, accompagnato da un piccolo gruppo di seguaci, già lo precedevano disparate leggende.

A Parigi, in breve tempo, dopo che egli ebbe costituito la comunità del Prieuré, presso Fontainebleau, si cominciò a parlare di lui come di un maestro inaudito e sconcertante, che insegnava innanzitutto – con l’ausilio di tecniche che sembravano collegate ad antichissime dottrine orientali – a risvegliarsi da una vita di automi addormentati.

Tale, infatti, egli giudicava la vita normale degli occidentali.

Da quel momento fino alla morte, avvenuta a Parigi nel 1949, l’insegnamento di Gurdjieff si diffuse capillarmente, toccando le persone più diverse: e ancora oggi i suoi seguaci sono sparsi in ogni parte del mondo.

Con Incontri con uomini straordinari, pubblicato postumo nel 1960, Gurdjieff non ci introduce soltanto al suo insegnamento, ma solleva il velo sulla sua vita precedente all’arrivo in Francia. Per lui, comunque, come per i sapienti antichi, velare e svelare sono lo stesso gesto, sicché tutto si troverà in queste memorie salvo un taglio di esattezza documentaria: questi ricordi, strabilianti come un sontuoso romanzo d’avventure, animati in ogni riga da una sapiente buffoneria e da un’ispida bruschezza, raccontati nella stessa maniera che usava nella vita, «con una semplicità orientale che sconcertava per la sua apparenza di ingenuità», sono per Gurdjieff innanzitutto uno strumento per iniziare il lettore alle sue dottrine, per sottoporlo a una serie di choc e di paradossi che possono orientarlo verso il risveglio. Dal padre di Gurdjieff, splendida figura di cantore mediorientale, ai suoi imprevedibili amici e compagni in spedizioni nel cuore dell’Asia, alla ricerca della Conoscenza nascosta, vediamo sfilare davanti ai nostri occhi una serie di persone che hanno come una dimensione in più del reale, un po’ come la coscienza nel senso di Gurdjieff ha tutt’altra dimensione rispetto alla coscienza nel senso comune.

Ognuna di queste figure si impone con la concretezza dei più felici personaggi romanzeschi, ognuna contribuisce per la sua parte a illuminare in una certa prospettiva un insegnamento che mette tutto in causa, ognuna infine rispecchia, in una moltitudine di sfaccettature, il personaggio che sta al centro e parla – e indubbiamente è il più straordinario di tutti: Gurdjieff stesso, “l’inconoscibile Gurdjieff“.

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Altri libri di Gurdjieff

Gurdjieff: Harmonic Development

Gurdjieff - harmonic development“Harmonic Development”, triplo cd più libro, contiene le 113 registrazioni effettuate nell’appartamento parigino di Gurdjieff, divise per data in quattro sessioni. A queste sono state inoltre aggiunte, grazie alla collaborazione della fondazione Gurdjieff, le primissime registrazioni della sua musica per harmonium, effettuate presso l’hotel Wellington di New York tra il 25 dicembre del 1948 e l’inizio del febbraio 1949.

Il cofanetto è inoltre composto da un libro di 144 pagine in lingua inglese, contenente inedite fotografie di Gurdjieff ed i prezioni ricordi di alcune persone che erano presenti quando queste registrazioni furono effettuate. Infine, come bonus un film di 9 minuti fatto da Evelyn Sutta in occasione dei vari viaggi in macchina che l’hanno vista al fianco di Gurdjieff nell’estate del 1949. Gli altri 2 cd contengono invece una compilation rappresentativa delle registrazioni.

Nel settembre del 2000, su richesta del produttore Gert-Jan Blom, casa Basta ottenne la licenza dei 44 master originali contenenti le registrazioni dell’intera opera di Gurdjieff effettuate da Sylvie Anastasieff, vedova di Valentin Anastasieff, nipote del maestro armeno. Le registrazioni americane includono anche alcuni discorsi e storie raccontate dal maestro ai suoi discepoli.

Un’ulteriore sessione contiene alcuni interessanti registrazioni su filo, per un totale di 136 registrazioni per oltre 19 ore di musica, ordinate in sequenza cronologica in un singolo disco formato mp3.

Il volume contiene infine un capitolo scritto da Gert-Jan Blom sul processo di selezione delle tracce, sul lavoro di restauro dell’audio delle registrazioni, sulla storia della musica per harmonium di Gurdjieff, sulle trascrizioni delle lezioni del maestro ed un’estesa sezione note. Con una prefazione fatta da Robert Fripp, il noto fondatore e chitarrista dei King Crimson, “Harmonic Development” è un quadro completo della genialità del filosofo e maestro spirituale armeno.

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Altri libri di Gurdjieff

La Vita Reale, di George I. Gurdjieff

la-vita-reale_33652Opera incompiuta della «Terza serie» delle opere di G. I. Gurdjieff  che doveva essere composta da cinque libri. Secondo la testimonianza dei suoi allievi più vicini, che hanno lavorato con lui per parecchi anni, solo alcuni capitoli sono stati redatti in forma pressappoco definitiva.

Le cinque Conferenze che compaiono in questo libro erano destinate al primo libro. La quarta Conferenza, come si vede, è incompleta.

Del quinto libro non vi è traccia, così come del secondo e del terzo nel quale dovevano essere inclusi tre capitoli a cui Gurdjieff fa riferimento in «Incontri con uomini straordinari».

Il quarto libro verosimilmente avrebbe dovuto constare di due capitoli: «Il prologo» ed il testo incompleto «Il mondo esteriore ed il mondo interiore dell ‘uomo».

Il piano dell’opera di Gurdjieff era il seguente.

Con il titolo «Del tutto e di tutto» dovevano essere pubblicati i suoi scritti in dieci volumi in tre serie.

La prima serie in tre libri comprende: «Racconti dì Belzebù al suo nipotino» e «Critica obiettivamente imparziale della vita degli uomini».

Le seconda serie in due libri comprende «Incontri con uomini straordinari».

La terza serie in cinque libri comprende «La vita non è reale che quando “Io sono”».

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Altri libri di Gurdjieff

Il Sacramentario Segreto

SACRAMENTARIO-SEGRETORiti, Preghiere, Invocazioni,

Formule, Orazioni, Salmi, Scongiuri,

Consacrazioni, Esorcismi e Incantesimi della Tradizione Occulta

Luigi Petriccione Giordano dei Duchi d’Oratino (1928 -1995), è stato uno dei più stimati esoteristi italiani del XX secolo e un maestro di elevato e raro livello per il suo tempo.

Conosceva praticamente ogni ramo delle cosiddette “scienze occulte”, dai classici agli autori e ai testi più moderni, fino alle ultime novità nel settore, sulle quali era continuamente aggiornato. Nei lunghi anni che hanno contraddistinto la sua erudita opera di insegnamento e divulgazione magica ha ricoperto cariche di primo piano e svolto ruoli importanti all’interno di organismi iniziatici come la Rosa+Croce d’Oro e il Martinismo. La sua produzione letteraria è vastissima, e tuttavia ancora in massima parte inedita: con il proprio nome, o ricorrendo agli jeronimi di Caliel, Userkaf, Doctor Latomarius, Tau Chrisògonos e altri, scrisse notevoli articoli per le più accreditate riviste specializzate e pubblicò alcuni importanti saggi.

E’ con particolare piacere che pubblichiamo questo prezioso testo inedito di chiara importanza dottrinale e operativa, tratto e riproposto fedelmente dal dattiloscritto personale dell’Autore, che abbiamo voluto lasciare nella sua forma integrale e originale affinché non venissero minimamente alterati il carattere e il fascino tipici dell’epoca. Confidiamo che a questo volume possano seguirne molti altri, in modo che sia resa finalmente e definitivamente giustizia al valore e all’opera di un vero e coraggioso esoterista, che è stato e rimane un raro esempio di autentica Conoscenza e aristocratica fedeltà ai propri ideali, ai propri principi e alla propria missione.

Dai principali capitoli dell’Opera:

Introduzione di P.L.Pierini R. – Presentazione e Avvertenza dell’Autore – Le Sette Formulazioni Sapienziali – Il Credo Occultistico – La Rituaria Ermetica – La struttura ciclica del Rito – I Riti Analogici – La Catena Orante – L’Eggregore – Requisiti per la pratica dei Riti Magici – L’uso della Spada – La potenza magnetica dell’Operatore – Invocazioni e Consacrazioni – Le ore e le preghiere rituali della giornata – Il Rito del Novilunio – Invocazione al Maestro Invisibile – Invocazione Cabalistica di Salomone – Orazioni degli Spiriti dei Quattro Elementi – Scongiuro dei Sette Angeli – Rito Mattutino e Invocazione al Sole – Il Rito Quotidiano Ermetico-Templare – I tre Salmi Terapeutici – Il Salmo 90 – Il Rito di Ur – Le invocazioni sacre – Formule Rituali Solenni – Consacrazione del Luogo, del Fuoco, dei Profumi, dei Segni – L’Invocazione al Maestro – Orazioni Rituali – Preghiere per l’Ascenso Individuale – Inni e Laudi dell’Ermetismo Alessandrino – Preghiere Ebraiche, Cristiane e Gnostiche – Invocazione alla Divina Sophia – Invocazione all’Angelo Metatron – Preghiera del Santo Graal – Riti e Scongiuri – Preghiera Massonica per la Luce – Rito e Preghiera dell’Angelo Arbatel – Scongiuri dei Sette Grandi Spiriti Planetari – Preghiere Magiche Gnostico-Cristiane – Formule Magiche dell’Ermetismo – Formula per evocare il proprio Angelo Custode – Formula per ricordare i sogni – Formula per avere sogni profetici – Rito di Purificazione – Incantesimo della sensibilità – Formula per magnetizzare – Benedizione dei suffumigi – Formula di sacralizzazione del pasto – Formula per consacrare la Veste e il Cordone – Esorcismo del Fuoco per i Profumi – Cerimonie, Formule e Preghiere per i Riti di Catena – Preghiera per l’instaurazione del Sanctum Regnum – Litanie degli Adepti – Litanie Templari – Riti e Preghiere per i defunti – Rito Ermetico per la conservazione della Coscienza e dell’attività dopo la morte – Rito di Liberazione – Formula di Osirificazione – I 150 Salmi e i corrispondenti Doni Spirituali – I 52 Articoli della Regola Rosa+Croce – Le 49 Porte della Conoscenza e il Liber Mundi dei Rosa+Croce – Il Liber Taroth – I 22 Gradi della Fratellanza Rosa+Croce – Giuramento del Sacramentale Segreto del Santo Ordine del Tempio ecc.

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