L’Occhio della Fenice, di Umberto Capotummino

PREMESSA

L'occhio della Fenice, di Umberto CapotumminoIn quest’opera presentiamo un innovativo metodo d’accesso alle Formule del Libro dei Morti egizio che, nella più esatta valenza di «Libro per uscire al giorno»[1], illustra le facoltà che una coscienza può attivare anche in vita, nell’accedere all’illuminazione, in simbiosi con le gerar­chie del Re sacro, del Faraone, espressione misterica di una via di po­tenza congiunta ad un virtuale viaggio di rinascita nel cielo, motivo cen­trale dell’esoterismo egizio.

L’uso del Testo egizio consentirà di ottenere la conoscenza del proprio karma inteso come destino in trasformazione, alla luce della sim­bologia iniziatica. Ciò è possibile applicando al Testo egizio il sistema di archetipi della cultura esoterica cinese rivelati nell’I King o Libro dei Mutamenti.

Partendo dalla constatazione che i documenti riguardanti la profezia, connessa ai cinque elementi, successivamente parte integrante della struttura dell’I King, risalgono alla dinastia Shang Yin (1766-1154a.C.)[2], dimostreremo che sia l’I King, che il Libro dei Morti egizio, parimenti vetusto, già definito nei geroglifici corsivi dei Testi dei Sarcofa­gi della XI e XII dinastia (2134-1991 a.C.), (1991-1778 a.C.), sono fondati su cieli astrologici descritti in sequenza, entrambi basati sulla pre­cessione degli equinozi. Questa consente alle partiture simboliche cinesi ed egizie di retrogradare nei cieli numerologici sino all’alba della stel­la Sothis (Sirio), punto di riferimento per entrambi i sistemi, nel suo vir­tuale sorgere eliaco al primevo equinozio di primavera. Si dà come comune alle due culture anche la dottrina dei decani: con tale parola greca si indicano quelle stelle che comandano sui 10° del cerchio ellittico zodiacale, sicché per ciascuno dei dodici segni zodiacali pari a 30°, ci sono 3 decani e 36 per il cerchio intero di 360°.

Gli esagrammi – chiave dell’I King – nel loro uso tecnico divinatorio, consentiranno l’accesso alle Formule per uscire al giorno del Testo egizio, nella metafora dell’irradiazione virtuale del dio Sole trainato dalle Barche sacre per i diversi piani della manifestazione; questi sono rivelati nel Ba, nell’Akh e nel Ka, intesi come aspetti delle potenze celesti in atto, splendore manifestato dagli dèi egizi al seguito di Osiride.

Il mito di Osiride è la personificazione del potere del dio Sole, a lui concesso al pari di ognuno di noi; il mito esige formule nelle quali i sim­boli esoterici, come nelle sfaccettature di un diamante, splendono per luci parziali riflesse.

Le divisioni testuali e la corrispondente numerazione assegnate dal Lepsius nella Recensione Saitica, cioè proveniente da Sais, l’unica che ci sia pervenuta integra, coincidono con le cesure che nel papiro di Torino separano una Formula dall’altra. Tali cesure adombrano una partitura iniziatica che ne determina una sequenza orientata, nella quale gli archetipi universali, redatti nelle immagini degli dèi egizi, dipingono un mandala, parola sanscrita che utilizziamo per indicare un disegno che rappresenti simbolicamente il Cosmo.

Un mandala mostra, all’interno della propria circolarità, archetipi posti in rapporti reciproci in seno a un sistema di simboli coerenti.

Un simbolo che sia universale, depositario per più generazioni delle stesse immagini, è inteso come archetipo; divenendo una rappresenta­zione collettiva, assume potenza nell’essere depositario dell’esperienza di un gruppo o di un epoca, fluttuando nel tempo e permeando l’incon­scio, benché risorga in veste personale, di volta in volta nella coscienza del singolo.

Nasce così il rapporto tra il soggetto e l’insieme di figure simboliche riferite agli stessi archetipi, che è la chiave di ogni cultura.

Un mandala è quindi un cerchio esoterico, un recinto di trasformazione.
All’interno del recinto sacro, rapporti di forze primigenie vengono codificati tra i simboli; all’esterno del recinto sacro, i simboli orientati operano e si trasformano in immagini in divenire, preposte alla realtà in mutamento, che sottostà all’ordine del centro non attivo, immanente del mandala.

Sarà il mago o sacerdote lettore che, ponendosi quale perno coscien­te di tale ruota in divenire, attiverà in sé i simboli delle trasformazioni, orientando il volgersi della ruota sacra del reale.

Esamineremo due insiemi rotanti, due mandala che, sebbene perve­nutici da due culture differenti, coincidono nei simboli numerici e nelle successive trasformazioni: il mandala dell’I King, giuntoci con il titolo di Libro dei Mutamenti cinese, e il mandala descritto nel Libro dei Morti egizio.

Trasversalmente, tracceremo le analogie iniziatiche che le due rive­lazioni cinese ed egizia hanno con altre culture: la tradizione induista, caldea, ebraica e cristiana, quest’ultima adombrata nell’Apocalisse di Giovanni, confermano il nostro assunto, che è quello di ritrovare una semantica numerologica, ponte di trasformazione delle diverse sintassi esoteriche nei secoli.

Pertanto, utilizzando una comune matrice di archetipi insita nei man­dala cifrati cinese ed egizio, faremo convergere la chiave numerologica dell’I King nella partitura simbolica del Libro dei Morti egizio, essendo entrambe orientate astrologicamente.

Traendo dall’I King la chiave d’accesso riveleremo i segreti del Libro dei Morti egizio, per una comprensione utile anche ai fini evocatori e divinatori, espressi nei singoli capitoli o Formule per uscire al giorno, in un progressivo e coerente schiudersi di forze per chi, come l’Osiride, compie i passi magici.

Alla fine dell’opera presentiamo una lista numerica, elaborata al computer, delle 4096 combinazioni date da tutti gli esagrammi dell’I King, cioè 64 esagrammi moltiplicato il numero dei 64 possibili muta­menti: ad ogni esagramma e al suo mutamento corrisponderanno chiavi d’apertura numerologica, funzioni delle Formule dei papiri iniziatici di Torino e Londra, nei quali si scorgeranno i gradi della luce in divenire, riflesso del proprio o dell’altrui karma, ivi espresso nei registri esoterici egizi.

Come sopra, anche nel testo e nelle note abbiamo denominato «Formule» la successione dei «Capitoli» del Libro dei Morti degli Antichi egizi, per renderne il senso e l’uso originario.


[1] BORIS DE RACHEWILTZ, Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi, vedi introduzione, Mediter­ranee, Roma, 1986.

[2] Cfr. Da Liu, Come consultare I King, p. 5, Astrolabio – Ubaldini, Roma 1976

Umberto Capotummino

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