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    Sacralità del pellegrinaggio a Compostela

    Gli incontri e i prodigi che indicano il cammino

     

    Siamo di norma riluttanti ad ammettere che, con il tempo, gli incontri perdono per noi qualcosa della loro magìa. Eppure, se pensiamo a quanto nella nostra esistenza è stato cambiato da determinati incontri, dovremmo nutrire un certo timore, di fronte anche al più trascurabile di essi.

    Il cristianesimo, al tramonto dell’ età classica, compendia tutte le forme della sapienza antica depurandole essenzialmente dal rigorismo stoico, e dalla disperazione che ne conseguiva in quanto, per gli stoici, il mondo sussisteva ab æternoed era destinato a collassare, in un sistema di catastrofi apparentemente prive di alcun senso.

    La gigantesca impresa culturale – e cultuale – promossa dal cristianesimo è quella di fornire uno sfondo messianico allo svolgimento della storia; essa si risolverà nell’ avvento del regno di Dio e rappresenta, quindi, un compito positivo/costruttivo, al termine del quale meriti e colpe verranno soppesati.

    La fondamentale positività del cristiano lo conduce a sviluppare un nuovo, armonioso sentimento per il proprio corpo, per gl’ impulsi ad esso collegati e per una particolare forma di controllo su questi impulsi; in una parola il cristiano, a differenza dell’ uomo della classicità tarda, è portato a rimettersi in marcia. Il vivere nella dimensione quotidiana, ancorchè santificata dalle virtù e dalle liturgie, non è sufficiente per raggiungere la salvazione: occorre la grazia speciale, proveniente dall’ adorazione delle sante reliquie ( res-licta, ciò che rimane ), o, successivamente, dall’ indulgenza plenaria ottenuta durante gli anni giubilari.

    Ebbene tutto questo ulteriore, e importantissimo, apparato del sacro non sarebbe stato possibile senza la peculiare funzione del pellegrinaggio. Il pellegrino è colui che nell’ Europa medievale e moderna, abbandonata la casa, va per la campagna ( per agra ) con tre principali destinazioni: il Santo Sepolcro a Gerusalemme; la Basilica di San Pietro a Roma; la cattedrale di San Giacomo      ( Santiago ) nella città galiziana di Compostela.

    La cattedrale di questa piccola città, nell’ estremo occidente della penisola iberica, svolge dunque un ruolo di grande importanza nello scenario mistico e simbolico della Respublica Christiana. E’ la terza chiesa per importanza, è sede delle spoglie di un protomartire, San Giacomo, ed è mèta di un percorso – fisico e metafisico – di salvezza più comunemente noto come il cammino di Santiago.

    Descrivere in modo esauriente l’ intreccio di simbolismo, esoterismo e arcano presenti nell’ itinerario santiaguense è impresa che richiederebbe non uno, ma parecchi libri, e al momento molto al di là delle nostre forze; mi limiterò quindi ad indicare i principali motivi del simbolismo di Santiago, cercando inoltre di ripulirlo dagli aspetti più iperbolici ed inverosimili della leggenda e di riportarlo alla sua più squisita sostanza sapienziale.

    A prestar fede alle infinite notizie leggendarie su Santiago, si corre il rischio di fare la fine dell’ asino in mezzo ai suoni: si finisce per credere a tutto, ovvero per rifugiarsi nello scetticismo assoluto. In verità c’ è molto di genuino nella vicenda del santo, e del suo speciale rapporto con la penisola iberica, della cui cristianizzazione egli si sarebbe occupato o, forse, ne ebbe l’ incarico dallo stesso Cristo. Va ricordato che San Giacomo era fratello di San Giovanni                         ( Evangelista ), entrambi figli di Zebedeo, e verrà definito Maggiore, per distinguerlo dall’ altro San Giacomo figlio di Zaccheo, detto Minore. Giacomo, Giovanni e Pietro costituivano il gruppo dei prediletti di Gesù, e i due fratelli in particolare erano soprannominati “raggianti” o “tuonanti” per il loro carattere ricco d’ impeto e di generosità.

    E’ intuitivo che, alla luce di questi fatti, i tre apostoli in questione dovessero ricoprire ruoli di particolare delicatezza nell’ ambito della primitiva missione cristiana. Uno, Pietro, emigrato a Roma ne sarebbe divenuto il primo Vescovo, fondatore della Sede Apostolica nell’ allora capitale dell’ impero; il secondo * Giovanni, vissuto da anacoreta nell’ isola di Patmos, avrebbe scritto il IV Evangelo – segnatamente, il più filosofico – ed un altro importante scritto, fonte per tutta l’ escatologia cristiana, cioè l’ Apocalisse; il terzo, San Giacomo, era destinato ad essere uno dei primi martiri ( fatto decapitare da Erode Agrippa nel 44 ) ed evangelizzatore della terra iberica, la più ferventemente cristiana e cattolica fino ai nostri giorni.

    Il culto, da subito sviluppatosi intorno al santo, non potè tuttavia impedire che la memoria dell’ allocazione delle sue spoglie andasse perduta nel corso dell’ VIII secolo; solo un episodio straordinario consentì di rinvenire le sue reliquie, dando vita al nuovo ciclo di edificazioni santuariali che pervengono fino ai nostri giorni nella forma della attuale cattedrale.

    Un eremita, cui la tradizione dà il nome di Pelayo ( Pelagio ), fa conoscere al vescovo della diocesi di Iria Flavia che, a non molta distanza dal suo eremo, una pioggia di corpi celesti si precipita ripetutamente su un certo luogo. Il vescovo, Teodomiro, deve prepararsi con digiuni e orazioni per affrontare la visione di questa località, una caverna, la cui ubicazione era dunque nota al solo monaco Pelayo.

    Ivi fu ritrovata un’ arca, di fattura quindi protocristiana, il cui contenuto erano i resti di San Giacomo, secondo quanto una voce interiore aveva rivelato al monaco. A seguito di questi avvenimenti il re di Oviedo Alfonso II detto il Casto fece costruire, a custodia dell’ arca, una semplice cappella, che avrebbe poi conosciuto numerosi ampliamenti ed abbellimenti, fino all’ attuale colosso architettonico. La chiesa e santuario ha poi fornito, a partire dal secolo dei fatti su esposti, il IX, fino al XVIII, il nucleo fondamentale della città di Compostela. Non sfuggirà che la denominazione di essa, Compostela, ha dunque una relazione diretta con la leggenda, poiché è la corruzione dell’ espressione latina campus stellæ, campo stellato o delle stelle.

    Tali “stelle” sarebbero tanto i corpi luminosi che Pelayo avrebbe visto cadere sulla grotta miracolosa, quanto la configurazione viaria della via lattea, che rappresenta il rispecchiamento cosmico del cammino verso Santiago.

    Diversi punti della leggenda sul ritrovamento necessiterebbero di maggiori chiarimenti. In primo luogo dobbiamo dire che tutta la struttura del ritrovamento ha come unico fondamento le parole di Pelayo; se questi non fosse in buona fede, nessuno dei particolari reggerebbe da sé solo. E Pelayo fonda la propria autorevolezza sul prodigio celeste inteso come segno: il monaco è un aruspice, interprete ed indovino; e, senza tale funzione mantica assolta dall’ eremita, le reliquie non avrebbero alcuna attribuzione certa.

    La chiesa nel suo insieme è, pertanto, portata a credere: il monaco è un sant’ uomo che non può non aver deposto che il vero; ma se questo è accettabile per la voce interiore  ( quella che indicò concretamente a chi fossero da attribuire le spoglie ), molto meno attendibile Pelayo appare per quanto riguarda il fenomeno celeste. Una pioggia di meteoriti? Un’ albedo, un effetto ottico oceanico simile a quello del raggio verde che, lo ricordiamo, balena agli occhi dell’ osservatore nel momento esatto in cui il sole si depone oltre l’ orizzonte       ( occidens ) ?

    E se Pelayo avesse visto le scie di alcune astronavi? Il concetto dell’ ufologia archeologica è di estremo interesse, anche perché ricorda le testimonianze che descrivono alcune malattie, quando ancora non esisteva il quadro clinico nel cui ambito esse sono state poi spiegate e curate efficacemente. Pelayo può, in altri termini, aver osservato dei fenomeni semplicemente spiegabili alla luce delle nostre conoscenze tecnologiche, senza possedere alcuna di queste nozioni, e quindi essere necessariamente portato a fraintendere la natura del fenomeno.

    Tuttavia, nel presente caso, avviarsi su questa strada interpretativa significa abbandonare l’ interpretazione simbolica: è ciò che non intendo fare. Dunque, lasciamoci alle spalle astronavi e globi infuocati per ricercare, più modestamente e sicuramente, altre corrispondenze.

    Il simbolo della cometa è notissimo nella tradizione cristiana, e riguarda la leggenda della natività di Cristo. Ugualmente, in Massoneria, è ben conosciuto il simbolo della Stella Fiammeggiante, al cui centro campeggia la lettera G. Nell’ ambito del ritrovamento delle reliquie di Santiago Apostolo, il Campus Stellæ mostra un significato ambivalente: da un lato è il luogo dove precipitano corpi celesti ( meteore ), e dall’ altro è l’ immagine celeste, la Via Lactea, dello stesso percorso del pellegrinaggio. Significato statico il primo, dinamico il secondo.

    Un supplemento di leggenda racconta che l’ imperatore Carlo Magno, pur informato dal re di Oviedo del ritrovamento straordinario, dell’ edificazione di un santuario e della volontà della Chiesa di farne una mèta di pellegrini, non avesse ancora maturato alcuna decisione per rendere sicuro il cammino – ricordiamo che nel secolo IX i musulmani controllavano gran parte della penisola iberica – e fu persuaso ad avviare la lotta per la bonifica del cammino proprio dall’ Apostolo, apparsogli in sogno, che gli indicava la necessità di rendere sicuro un percorso, da oriente ad occidente, in tutto simile al tracciato delle stelle nel firmamento.

    Il cammino stellato che hai visto nel cielo significa che devi recarti in Galizia con una grande armata per combattere le perfide genti pagane, liberare la mia via e la mia terra e rendere visita alla mia basilica e al sarcofago. Dopo di te, lì si recheranno tutte le genti cristiane, venendo anche per mare, chiedendo perdono dei peccati e cantando le lodi del Signore, le virtù e i prodigi che operò. E in verità essi vi andranno, dal tuo tempo fino alla fine di questa età presente. *

    Il testo riportato deriva da uno dei cinque libri che compongono il codice Callistino, cioè la guida di Aimeryc; il codice, una silloge sul pellegrinaggio verso Compostela voluta da papa Callisto II, e dedicata al patriarca di Gerusalemme, contiene testi di epoche diverse ma grossomodo risalenti al secolo XII.

    L’ apparizione dell’ Apostolo a Carlo Magno è dunque stata, in quel tempo, incorporata a pieno titolo nel mito agiografico, come gli eventi intercorsi fra i discepoli del santo ( gli uomini apostolici ) e la matrona pagana del luogo Rea Lupa, e come l’ evento prodigioso del ritrovamento delle reliquie grazie alla visione del monaco Pelayo. Eppure tutta la vicenda, così intessuta di prodigi, forte e significante nel rappresentare il destino del credente che deve vagare errando ( nel suo duplice senso: erramento ed errore ) guidato soltanto dagli astri, non si sottrae al sospetto di essere stata costruita passo dopo passo da un clero, quale è quello ispanico, destinato nel corso dei secoli ad emergere energicamente.

    La stessa evidenza della missione evangelizzatrice di Santiago nel nord della Spagna è tutt’ altro che inattaccabile, ed è proprio per questo che la più fervida fantasia si applica ad arricchire di sempre nuovi elementi favolosi la leggenda santiaguense.

    Non sembri azzardato asserire che, in quanto ciò che si propone al cristiano errabondo è un percorso lungo e irto di pericoli – nel medioevo come nell’ età moderna sebbene, a tutti gli effetti, nella seconda metà del XVIII e nel XIX secolo il cammino di Santiago abbia conosciuto un periodo di decadenza ed oblìo- il premio e la paga, in termini ovviamente simbolici e magici, deve essere all’ altezza dello sforzo. Questo può, forse, spiegare i successivi e sempre più grandiosi ampliamenti del santuario, nonché il complesso apparato rituale di toccamenti nel quale culmina il pellegrinaggio: infilare la mano nella profonda impronta pellegrinale alla base della colonna centrale della porta della Gloria, subito dietro l’ ingresso occidentale della chiesa; e ancor più importante, abbracciare la statua del santo – posta nel coro – da terga, attraverso una cornice di bronzo dorato.

    Tutta quanta la devozione resa all’ Apostolo, oltre che per la oggettiva difficoltà di compiere l’ intero tracciato del pellegrinaggio * può essere motivata con una particolare affezione da parte dei devoti, del tutto giustificata dagli eventi storici: basterà dire che la reale allocazione dei resti rimase solo parzialmente nota dal 1589, poi ignota fino al 1878 quando, sotto il pontificato di Leone XIII, questi tornarono nuovamente alla luce. Santiago uomo, e la leggenda che ne è il prolungamento, sembra descrivere un destino preciso: è l’ amico perduto e sempre ritrovato, e questo legittima il rituale dell’ abbraccio.Viene suggerita una scansione drammatica anche per quanto riguarda la devozione itinerante. Il pellegrino deve disperare – a fronte di rischi concreti come lo smarrimento, le potenziali aggressioni e i disagi – di raggiungere la mèta, per poi sempre riprendere, con volontà incrollabile, il cammino verso di essa.

    Giungendo a Compostela dal Camino franzès, il colpo d’ occhio della cattedrale è realmente incantato. Davanti agli occhi si apre l’ ampio spazio della piazza dell’ Immacolata con a destra la collegiata, attuale casa de estudiantes; di fronte un ampio arco di stile romanico e, a sinistra, il lato settentrionale della chiesa. La Galizia è umida in tutte le stagioni dell’ anno, meno un breve periodo in estate; le frequenti precipitazioni hanno impresso sulla pietra, indelebilmente, una sfumatura verde muschio. L’ aria, tersissima negli intervalli delle piogge, trasmette una sensazione di purezza e frescura indescrivibili. Una volta passato l’ arco romanico dall’ acustica prodigiosa *, si giunge nella piazza dell’ Obradoiro, dalla quale è possibile ammirare l’ entrata occidentale. La porta murata di norma, e aperta solo negli anni giubilari, è la porta santa o del perdono che si trova sul lato orientale e dà accesso direttamente all’ abside.

    Tutto è grandiosamente congegnato perché il disegno urbanistico, pregevole, e la specialissima atmosfera dell’ estremo occidente inducano nel pellegrino un vero e completo appagamento, lo stato di grazia che prelude alla cerimonia dell’ abbraccio. E’ curioso che in questo immergersi dentro una spiritualità squisitamente cristiana e cattolica, anche l’ agnostico può trovare la sua particolare gratificazione. Compostela non è Lourdes o Pompei, qui la presenza dei contrassegni della fede è discreta, senza chiasso e ridondanze; l’ atmosfera è rarefatta, non incandescente come nei santuari meridionali. Il culto dell’ Apostolo si fonde completamente col luogo cosmico dell’ occidens, la terra del tramonto.

    A poca distanza da qui finisce la terra e inizia la grande distesa liquida dell’ oceano: è la Finisterre, la Fine della Terra. In che senso dobbiamo intendere questo importante simbolo che, se male avvertiti, potremmo confondere con il sentimento poeticamente ingenuo degli antichi europei, che qui vedevano la fine del mondo, l’ estrema propaggine del pianeta? A mio modo di vedere, si tratta della Finisterre come estremo margine del mondo cristiano. Ancora più ad occidente, oltre la distesa marina, ci sono le terre governate dal totemismo. Scrive Frazer:

    Le due regioni della terra nelle quali si sa che il sistema totemico ha maggiormente prevalso sono il Nord America e l’ Australia, ed entrambi, negli ultimi tre decenni, hanno fornito una messe non indifferente di dati nel campo dell’ antropologia. **

    In queste regioni ultramarine, dunque, il sistema religioso fondamentale è il culto totemico, che altro non vuol dire che adorazione degli idoli. In queste regioni il cristiano è e sarà sempre un culto d’ importazione, venuto con i colonizzatori, anche se apparirà ampiamente maggioritario. Tuttavia le terre, i boschi, i corsi d’ acqua e le montagne in quei luoghi sono tutte consacrate agli idoli, ed alla religione naturale di cui questi rappresentano i nomi e le forze fondamentali. Ma l’ ultima terra cristiana, l’ estrema parte di quella estensione di pianeta che l’ avvento del Messia ha strappato per sempre agli idoli è il capo di Finisterre, alcuni chilometri più ad ovest di Compostela, dove le teofanie si moltiplicano e gli strati leggendari tendono a sovrapporsi e confondersi, come una potente risacca oceanica.

    Le credenze relative alla predicazione in terra iberica del santo prendono corpo solo molto tempo dopo, all’ incirca nel VIII secolo, e sono generalmente scarse le notizie al riguardo; dopo di essa l’ Apostolo sarebbe tornato in Giudea, per essere martirizzato a Gerusalemme, mediante la decapitazione, per ordine del tiranno Erode Agrippa. Alla luce di queste notizie tale predicazione si sarebbe svolta fra il 33, l’ anno della Passione, e il 44, nell’ arco dunque di undici anni. Non è tuttavia questo il momento alto della fama di Santiago, quanto gli eventi successivi al martirio, e cioè la traslazione della salma verso l’ estremo occidente. Suggestive le leggende intorno all’ approdo delle spoglie di Santiago sulla costa galiziana: quella degli uomini apostolici, i discepoli di Santiago, che fondarono il clero ispanico; quella della liberazione dei discepoli dal carcere, dove Rea Lupa li aveva gettati, ad opera degli angeli; infine, la leggenda dell’ ammansimento dei tori che tirarono il carro con le spoglie fino al luogo del seppellimento.

    Una leggenda ancor più grandiosa, quella secondo cui Maria Vergine sarebbe venuta di persona in Galizia e la nave che la trasportava si sarebbe pietrificata sulla riva, va considerata isolatamente dalle altre, in quanto si riferisce all’ epoca in cui il santo era ancora vivo e attivo: la Vergine sarebbe venuta proprio per sostenere la sua opera di predicazione e conversione.

    Maria Guavaira prese la mano di Joaquim Sassa come se fosse in procinto di prestar giuramento, E’ una barca di pietra, dichiarò, ( … ) si è trasformata in pietra con il tempo, può essere successo per mineralizzazione, ma è altrettanto possibile che sia opera del caso e che la sua forma attuale sia stata modellata dal vento e da altri agenti atmosferici, la pioggia, per esempio, e il mare stesso, ci sarà stato un periodo in cui il livello del mare era più alto, E’ una barca di pietra e lo è sempre stata, è una barca venuta da molto lontano che è rimasta lì dopo che furono sbarcati quelli che vi viaggiavano, (… ) Dicevano gli antichi, che glielo avevano detto i più antichi, e a costoro altri più antichi ancora, che sbarcarono su questa costa, da barche di pietra, provenienti dai deserti all’ altro capo del mondo, dei santi, alcuni giunsero vivi, altri morti, come per esempio San Giacomo, da allora le barche sono rimastre incagliate là e questa è una di quelle, Crede davvero a ciò che sta dicendo, domandò Pedro Orce, Non si tratta di credere o non credere, tutto ciò che noi continuiamo a dire si aggiunge a ciò che è, a ciò che esiste, prima ho detto granito, poi dico barca ( … ) .*

    In questo recente romanzo del premio Nobel Josè Saramago si fa esplicita menzione del mito, sollevando implicitamente un quesito su un suo aspetto enigmatico. Lo scrittore sembra voler omettere, o trascurare, il fatto che esso si riferisce alla venuta delle Vergine in Galizia, e accenna solo a Santiago e agli uomini apostolici. Il fatto che le imbarcazioni li abbiano trasportati e successivamente, a causa del lungo abbandono, si siano pietrificate, ci presenta un prodigio di grado minore rispetto al caso in cui siano state navi di pietra, capaci di affrontare il mare. Il taglio narrativo del testo non aiuta a chiarire quale sia l’ interpretazione che Saramago fa dell’ antica leggenda. Rimane che i fatti straordinari, collegati all’ arrivo di Santiago, dovrebbero essere testimoniati dalla presenza, ancora oggi, di formazioni rocciose a forma di vascello o di barca in prossimità del capo Finisterre, cosa della quale non ho finora potuto accertarmi personalmente.

    Il percorso e le località collegate a San Giacomo sono ricche di rappresentazioni il cui effetto è di fissare e strutturare i vari livelli di racconto leggendario e, in più, di assicurare a Compostela la costante presenza dei simboli principiali della devozione cristiana. Altri livelli leggendari più antichi, precristiani, sono allusi nei molti aspetti dell’ Apostolo ( evangelizzatore, primo vescovo d’ Iberia, matamoros, cioè combattente per la bonifica del sacro cammino, ecc * ) . Ma i parafernalia caratteristici del cristianesimo più arcaico: dal Chrysmon  all’ Agnello, dal Rosone o Ruota della Fortuna al pesce, dai simboli teriomorfi degli Evangelisti all’ AW, sono tutti largamente presenti nell’ apparato rappresentativo del cammino e del tempio di Compostela.

    Il  crusmon , il segno che riunisce le lettere greche C e R, più comunemente detto il monogramma di Costantino, rappresenta le prime due lettere del nome di Cristo ed è simbolo di speciale importanza. Viene segnato sulla fronte del candidato durante le ordinazioni sacerdotali, ed è del tutto evidente che svolga tale funzione, in quanto Cristo, il nome che ordinariamente associamo ad un uomo storico chiamato Gesù ( Joshua, Giosuè, Youssef ), altro non significa che l’ unto. Ed è proprio l’ unzione, mediante l’ elemento materiale e sensibile dell’ olio sacro, delle sante lettere del Chrysmon, a significare la autorità stessa, e la relativa trasmissione di questa, secondo l’ uso invalso nell’ alto medioevo; la trasmissione dell’ autorità mediante unzione fu adottata prima in campo ecclesiastico, come si è detto, e successivamente anche per il potere laico o civile: in tal modo fu unto, nel Natale dell’ anno 800, Carlo Magno, e assunse il titolo di imperatore del Sacro Romano Impero d’ Occidente.**

    Il C e il R quindi, da lettere iniziali si trasformano, assumendo il significato di simbolo; il simbolo, appunto, che l’ imperatore pagano convertito Costantino tracciò sui propri vessilli, al momento della battaglia decisiva con Massenzio. Non sfuggirà la somiglianza fra il chi greco maiuscolo ed il simbolo della croce; per meglio chiarire questo punto, ricorderemo che la croce è per la storia cristiana simbolo del martirio, e che nei tempi delle persecuzioni si utilizzavano indiffentemente croci rettilinee – come nel caso di Gesù – o diagonali – come nei martirii di S. Pietro o S. Andrea -; tutto ciò non deve celare, tuttavia, che il simbolismo riferibile alla croce può essere fatto risalire a tempi assai più remoti. Senza entrare in questa ulteriore disamina, basti pensare al simbolo dei punti cardinali e a quello dei venti, che ci mette direttamente in contatto col simbolo della rosa ( la rosa dei venti ), che appare pienamente cristianizzato nell’ emblema ( glifo, o geroglifico ) della Rosa + Croce.

    Un discorso anche più complesso è quello riguardante il simbolo paleocristiano del pesce, per il quale qui rimanderò il lettore al luminoso saggio di R. Guénòn *. L’ AW compare, invece, nella lunetta interna della porta Santa ( o del Perdono ) della cattedrale di Santiago, in una curiosa inversione ( WA ) al cui riguardo si possono solo fare ipotesi. Chi è giunto fino al punto di leggerle su quella lunetta ha percorso il cammino per intero, ed è quindi alla fine, all’ W. Tutto ciò che da questo momento dovrà fare è tornare indietro, nel mondo, alle occupazioni private da cui era partito: all’ A.

    Ma un significato un po’ meno palese dell’ AW sta in questo; che il Messia, affermando di essere l’ Alfa e l’ Omega, il Principio e la Fine di tutte le cose, afferma anche implicitamente di governare l’ universo ( da qui il diritto legale che, nel medioevo, viene fatto discendere dall’ unzione divina ) e di riassorbire in sé tutte le precedenti tradizioni magiche, tutte le pratiche spirituali ancestrali, tutte le fonti sacerdotali. E chi, ancora in epoca cristiana, si ostinasse a mantenere in vita qualcuna di queste tradizioni come tale, cioè fuori dallo spirito del Cristo, ne sarebbe inevitabilmente reietto, e in una parola, maledetto, artefice della propria dannazione.

    Ma è giusto qui riprendere, per evidenziarlo, un altro dei significati simbolici del cammino, sia esso francese, inglese, germanico o romeo, e cioè il cammino stesso come opera al nero, processo, flagellazione, condanna, passione e morte del Messia; e come opera al bianco, educazione, predicazione, vita e miracoli, resurrezione di Cristo. Non è il cammino la nostra vita, il suo inerpicarsi su sentieri accidentati, il suo costeggiare miraggi e serpi in agguato sulle sponde della strada, il suo disperare di poter mai raggiungere un coronamento? Ognuno di noi, come il pellegrino, deve chiedersi: perché sono in marcia? Perché ho intrapreso questa strada e dove essa mi porterà?

    La notte mi sorprende; sono in grado, io, di dare comunque un breve riposo al mio corpo stanco? O piuttosto, preso dagli spaventi, infinitamente vigile al più lieve crepitìo di sterpi, o al lontano canto dell’ uccello notturno, non veglierò sfiancandomi fino a distruggermi?

    Si dice che sia un dono sciamanico, quello di andare verso la propria fine naturale. A nessuno degli altri viventi è consentito di raggiungere la morte, poiché è in genere essa a raggiungere i viventi; soltanto lo sciamano può sentirla preventivamente, può avvertirla. Dunque, il cammino è la Via della Croce del Dio Uomo, ma anche il luminoso irradiamento dei suoi vangeli. Il cammino è anche la storia di San Giacomo attraverso di questi.

    San Giacomo è presente, con maggior frequenza che in ogni altro, nel vangelo di Marco, dove è citato sette volte. Negli Atti è invece ricordato solo due volte, nell’ elenco dei Dodici e nella notizia del suo martirio. Nel vangelo, una delle più significative occorrenze del nome di Giacomo figlio di Zebedeo è nell’ episodio della trasfigurazione di Gesù, dove questi si manifesta in Corpo di Luce a Giacomo, Pietro e Giovanni.

    La trasfigurazione è una vicenda fra le più misteriose, paragonabile per profondità misterica alla Pentecoste. La presenza dei tre è segno della loro elezione, ma evidentemente rivela l’ affidamento che Gesù fa sulla loro speciale capacità di comprendere la trascendenza dell’ amore divino: lo vedono infatti accanto al profeta Elia e a Mosè: egli è il discendente legittimo della stirpe di Giuda. Ma, in più:

    … Apparve una nuvola che li avvolse con la sua ombra, e dalla nuvola si fece sentire una voce: “Questo è il Figlio mio, che io amo. Ascoltatelo!”.

    I discepoli si guardarono subito intorno, ma non videro più nessuno: con loro c’ era solo Gesù. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò di non raccontare a nessuno quel che avevano visto, prima che il Figlio dell’ uomofosse risorto dai morti. I discepoli ubbidirono a quest’ ordine, ma discutevano tra loro che cosa Gesù volesse dire con le parole: “risorgere dai morti”. *

    La Trasfigurazione è dunque un episodio velato ( una nuvola ) e lo stesso nembo che scende a velare l’apparizione di Gesù in corpo glorioso – del tutto analogo a quello della Resurrezione – che parla ( “Questo è il Figlio mio, che io amo” ) è Dio Padre, nel quale è impossibile fissare gli occhi. Chi guarda la divinità è un’ altra natura, umana; ma i tre prediletti sono momentaneamente dentro la divinità, e ne contemplano l’ amore: entrano quindi a far parte di Dio per il tempo necessario a cogliere la divinità di Cristo, e durante questa delicata operazione sono occulti agli occhi di ogni altro essere umano: sono, in qualche modo, dei fuoriusciti dalla propria natura.

    Ebbene, anche questa appena trattata è un’ immagine ( tale da ostacolare, mediante il nembo divino, tutte le immagini sensibili che se ne potrebbero trarre ) del cammino e delle sue finalità occulte. Quando, nel fondo di una notte all’ addiaccio, non ci sentiamo più vulnerabili e tremanti, ma cullati dall’ oscurità, abbiamo percorso un buon tratto di strada.

    Ignoriamo, per un momento, che la storia ha costellato di borghi, città, ostelli e alberghi per pellegrini il cammino di Santiago ed immedesimiamoci, sia pure per un istante, nel pellegrino ideale, che ha una veste sola, niente denaro, un bastone sormontato da una conchiglia. Scopriremo che ciò che egli anela è una folgorazione, una rivelazione invocata dall’ Apostolo che ebbe questo ruolo particolare, di migratore e guardia del corpo * di Gesù .

    D’ altronde non era, Giacomo, il “tonante”? Questo attributo, probabilmente canzonatorio, dell’ Apostolo è basato su un passo di Luca ( 9, 51 – 56 ) dove si dice che lui e suo fratello Giovanni chiesero a Cristo il permesso d’ invocare il fuoco celeste per annientare i Samaritani che li avevano respinti; un eccesso di zelo, che il maestro rimproverò, ma che testimonia anche il loro grande amore per lui. Da questo si desume che, in qualche modo, il potere della folgore doveva essere stato loro promesso, o perlomeno alluso. Di un rapporto speciale di San Giacomo con la volta celeste ho già parlato ( il Campus Stellæ ), ma qui ci troviamo di fronte ad una manifestazione meteorica alquanto diversa: la folgore, il tuono, la scarica elettrica, secondo antiche tradizioni contadine era accompagnata da una pioggia di pietre. Il fulmine che risveglia l’ aria,  che la galvanizza, è dunque una delle proprietà insite nell’ atmosfera rarefatta di Compostela.

    Lungo il cammino, altri due importanti simboli richiamano l’ attenzione dell’ interprete: il crucero e il milladoiro.

    Il crucero è un pilastro sormontato da una croce, reperibile quasi dovunque lungo il cammino di Santiago. Si ricollega alla tradizione magica cristiana di consacrare i crocicchi, con evidente allusione alla potenziale perversità delle biforcazioni, dove secondo tradizioni remote si annida il maligno. I luoghi dove le strade si dividono rendono i viandanti vulnerabili alla tentazione.

    E’ d’ altronde facile, dal simbolo del crocevia, derivare l’ onnidirezionalità, le quattro direzioni cardinali di cui la quinta, quella assiale – axis mundi – altro non è che quanto è simboleggiato nel pilastro del crucero, ed è la direzione invisibile e metafisica, la vera fuga dal mondo. A tale proposito, non sarà inutile ricordare che i cruceros hanno, sovente, due facce; su una è di norma raffigurato il Salvatore crocefisso e sul retro la Vergine. In questo modo viene ripreso il simbolismo di Giano il quale, nella tradizione latina, è bifronte e posto sulla sommità dei portali, al punto che il suo stesso nome designa la porta; e la porta è una uscita, l’ inizio di un cammino ulteriore, superiore ma normale al piano terrestre, in quanto rimane in prossimità di questo. L’ asse – crucero designa una fuoriuscita violenta, irresistibile dal mondo; e da questo punto di vista, potrebbe essere un segno che la croce cristiana mitiga, rendendolo lentamente progressivo: mentre il mistico aspira all’ uscita verso la quinta direzione, metafisica, Cristo resta l’ uomo celeste e terrestre che ha riscattato il mondo dalla sua corruzione.

    Per meglio comprendere il senso riposto di questo messaggio, dovremo soffermarci sul duplice significato del mundus latino: esso è il mondo, l’ universo ma anche la fossa, gli inferi * . A ciò corrisponde l’ etimologia di termini come immondo, immondizia, ecc. Palesemente la fossa era il luogo di raccolta delle immondizie, assai simile al concetto moderno di discarica; la fantasia popolare dell’ epoca classica collocava dunque anche il male in questi grandi depositi di rifiuti che molto probabilmente erano foibe, fenditure, crepacci, quando non cave riempite. Questi sono dunque anche dimora per i demoni. Ciò che è veramente enigmatico è come poi, dal suo senso originario, la parola mundus sia passata a designare appunto la terra intera e, per estensione, addirittura il cosmo!

    Del tutto affine per significato è il milladoiro. Si tratta di mucchi di pietre costruiti dai pellegrini che, passando in un certo luogo, vi lanciavano un sasso a testimonianza della propria presenza. Anche i milladoiros sono frequenti, nel paesaggio galiziano. Ma non può sfuggire la concordanza fra quanto ho osservato del mundus e questi mucchi di pietre, casuali e quindi privi di tracce architettoniche, e tuttavia caratteristici del cammino quanto le cattedrali ed i monasteri.

    Da un diverso punto di vista il milladoiro potrebbe anche rappresentare un simbolismo connesso alla montagna e al Centro del Mondo. Un passo del Re del Mondo sembra confermare l’ eguaglianza fra crucero e milladoiro.

    La pietra che rappresentava l’ Omphalos poteva avere la forma di un pilastro, come la pietra di Giacobbe; ma è molto probabile che, presso i popoli celtici, certi menhir avessero questo significato; e gli oracoli venivano dati vicino a simili pietre, come a Delfi, il che si può spiegare col fatto che esse erano considerate la dimora della divinità; la “casa di Dio”, del resto, si identifica naturalmente col  “Centro del Mondo” . ( … ) Il cono ricordava la montagna sacra, simbolo del Polo o dell’ “Asse del Mondo”… **

    Appare allora possibile che i milladoiros, localizzazioni sacre nelle civiltà precristiane celtibere, siano stati adottati dai pellegrini cristiani con significato del tutto diverso, pur se non del tutto deprivato del senso profondo collegato ai simboli che qui enumero: asse, occhio, mundus infero, pietra sacra ( analoga alla qabbah musulmana ), luogo di culto, ara sacrificale, luogo metafisico, centro universale e, perfino, paradiso terrestre, poiché ogni montagna sacra fa allusione all’ Eden.

    Come si è visto, veramente infinite sono le direzioni interpretative suscitate dall’ apparato architettonico – paesaggistico del cammino di Santiago. Ed ora, a conclusione del percorso, che è cammino solo metaforicamente, di questo scritto, devo pure sottolineare che siamo ben lungi dall’ averle esaurite tutte.

    E’ concepibile che l’ osservatore non prevenuto, quantunque agnostico o credente non cattolico, possa trovare una sua specifica purificazione, percorrendo le tappe di questo pellegrinaggio? Lascio la risposta a questa domanda alla riflessione intima di ciascun lettore. Ciò che è indubbio, è che tale ricchezza simbolistica non può essere nata ieri, o essere il frutto di qualche artificiale devozione miracolistica, indotta da un’ abile operazione propagandistica della curia. La Galizia, per la salubrità e lo splendore dei paesaggi, si raccomanda da sola; ma, al di là di questo, il vero pellegrino spirituale – qualunque sia la sua fede – torna da questo viaggio rafforzato da un senso di interiore letizia. Quello che Santiago di Compostela opera su chi la visita è un miracolo che, come affermava Spinoza, non sospende i fatti naturali, ma al contrario, si realizza attraverso di essi.


    * Per distinguerlo infatti dal primo, Giovanni il Battista.

    * contenuto in J. F. Arenas, Il pellegrinaggio giacobeo, EDILESA, Leòn, 1998, la traduzione è mia.

    * Si sono individuate, dirette a Compostela, strade in Inghilterra, Germania, Italia e Polonia, oltre naturalmente al cammino francese, considerato il principale dopo la campagna vittoriosa di Carlo Magno.

    * un suonatore di cornamusa vi staziona nei giorni di festa eseguendo musica popolare celtìbera, e da quella postazione i suoni s’ irradiano in praticamente tutto il centro storico della città.

    ** J. G. Frazer, Totemismo.

    * J. Saramago,,La zattera di pietra, Einaudi, Torino, 1997, trad. Rita Desti.

    * Né va dimenticato il Santiago Protomartire, il prediletto di Cristo, e ancora il Santiago Pellegrino, che in molte raffigurazioni indica, con gesto aggraziato, la gamba sinistra scoperta.

    ** Ne deriva con tutta chiarezza che l’ autorità politica trae il suo diritto legale dall’ autorità divina, per il tramite di un intermediario di Dio.

    * R. Guénòn, Alcuni aspetti del simbolismo del pesce, in: Simboli della Scienza Sacra, Adelphi, Milano, 1984.

    * MARCO, 9, 7 – 9.

    * Vivo, si noti bene, e non virtuale come quello che hanno amministrato i sacerdoti in ogni messa dell’ era cristiana.

    * Per alcune considerazioni di questo tipo, rimando al libro di A. Di Nola, Il diavolo, Newton Compton, Roma, 1999.

    ** R, Guénòn, IL Re del Mondo, Adelphi, Milano, 1977. Pag. 91.

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