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    Dalla periferia al centro

    Per prima cosa occorre dire che ci occupiamo qui dell’uomo cosiddetto “normale” che intende procedere all’integrazione della sua personalità.

    Ciò premesso, definiamo cosa è “periferia” e cosa è “centro”.

    Per comprenderne la differenza, facciamo ricorso al simbolo del cerchio1 stabilendo una serie di corrispondenze:

    • periferia = cerchio = personalità e comportamenti.
    • centro = punto = centralità dell’essere = Io – Sé.
    • cerchio + punto = personalità sulla via dell’integrazione.
    • cerchio + punto + irradiazione = personalità integrata..

    Il punto quattro evoca l’immagine del sole che irradia energia, e questo a sua volta rimanda al conseguimento dell’integrazione e dell’individuazione, ampiamente spiegato dallo stesso Assagioli, sia come tecnica operativa sia come segno di conseguimento.

    Possiamo definire il cerchio come la periferia dell’essere, in quanto esso è il simbolo del campo di coscienza.

    In un individuo che vive l’io quale elemento centrale unificante solo in modo parziale, il campo di coscienza è relativo al livello di integrazione individuale raggiunto.

    Esso, per quest’individuo, non è il simbolo della totalità, semmai lo diverrà successivamente.

    Nell’uomo involuto questo campo è fatto di senso – percezioni e di reazioni sensoriali, pulsionali, istintuali. In un essere socializzato tutti questi stimoli e le reazioni ad essi conseguenti subiranno la censura del SuperIo freudiano e frazioneranno la personalità nella miriade di subpersonalità ben note agli studiosi di Psicosintesi.

    I contorni di questo cerchio sono dapprima vaghi, sfumati e frastagliati e, quando emergerà il punto centrale unificante dell’io, essi si faranno sempre più netti e fissi.

    Anche il punto centrale sarà all’inizio tenue e vago, fluttuante tra l’ombra e la luminosità, per fissarsi e acquisire la stabilità del punto centrale saldo e stabile.

    A questo punto del processo l’uomo potrà essere finalmente simboleggiato dal sole che irradia i suoi raggi luminosi e creativi intorno, allora la realizzazione del Sé, meta ultima di qualsiasi lavoro psicologico che porta all’integrazione, sarà conseguita.

    Abbiamo descritto per simboli l’iter e le sue tappe, che corrispondono all’evoluzione dell’individuo dallo stato di selvaggio allo stato dell’uomo integrato nella pienezza delle sue facoltà e delle sue potenzialità.

    Per Assagioli questo passaggio dalla periferia al centro è estremamente importante e fondamentale, né si potrebbe concepire altro fine ed altro scopo psicosintetico se non questo.

    La realizzazione del Sé, inoltre, significa la cessazione della molteplicità, degli opposti, del dualismo, la liberazione da quelle stratificazioni che nascondono la vera natura umana.

    La Psicosintesi afferma che il Sé, l’autocoscienza, è una realtà interna che può essere sperimentata empiricamente e verificata mediante l’uso di tecniche appropriate. Quest’affermazione fa vedere una meta certa e sicura che consiste nel trasferimento della propria coscienza individuale, limitata qualitativamente e quantitativamente, al livello del Sé: si tratta di riunire il riflesso alla Sorgente, il che equivale al passaggio dalla periferia al centro.

    Come fare?

    Innanzitutto occorre distinguere la psicosintesi personale dalla psicosintesi transpersonale. La prima porta il soggetto ad una buona armonizzazione interiore ed esteriore, la seconda lo porta dapprima all’esplorazione della zona superiore dell’inconscio ed infine all’esperienza del Sé.

    S’inizia con un’esperienza diretta primaria, vale a dire con l’autoconsapevolezza in base alla quale si acquista la coscienza della propria esistenza come essere umano.

    Dopo questa esperienza fondamentale si è naturalmente spinti ad investigare la propria natura e costituzione, dopodiché si procede allo studio dei rapporti vitali delsingolo con gli altri esseri umani con una Realtà che va al di là degli individui.

    La scala è la seguente: trovare se stessi trovare il Sé trovare gli altri Sé trovare il Sé Unico, la Realtà Suprema.

    Questo è uno schema riassuntivo del lavoro che non ha limiti di tempo, che impegna tutta la propria personalità, i propri interessi, che richiede un costante orientamento ed il mantenimento di direzione dell’intento realizzatore.

    Trovare se stessi è il primo punto e significa semplicemente prendere coscienza del proprio essere, del proprio Io.

    Questo in verità è il primo grosso scoglio, l’uomo infatti s’identifica con i contenuti del proprio campo di coscienza e mai con l’io unificante. La maggior parte degli uomini non possiede un’autocoscienza, ma tende – come è noto – a confonderla con le stimolazioni provenienti dal mondo esterno, con le epidermiche reazioni individuali e con le stimolazioni provenienti dal mondo interno pulsionale ed istintivo, per cui questi individui sono sospinti qua e là dove le sollecitazioni li spingono.

    Essi, per lo più, s’identificano con le subpersonalità ed è così che trascorrono la vita intera a correre qua e là credendo di essere ciò che in realtà non sono. È triste, ma ognuno può constatare la veridicità di tale affermazione se si sofferma per un momento a osservarsi.

    Allargare il proprio campo di coscienza e iniziare a sviluppare un “io” unificante, è il primo passo per una psicosintesi personale, e a questo scopo non mancano certo le tecniche, gli esercizi e quanto serve allo scopo.

    L’utilizzo dei simboli stimola l’affioramento dei contenuti dell’inconscio per conoscerlo e integrarlo nella coscienza, così come aiuta e stimola lo sviluppo transpersonale, quando usati opportunamente: è un lavoro attivo che richiede una certa dose di volontà.

    Uguale attitudine attiva si riscontra nella fase d’integrazione e sintesi degli opposti, rafforzamento dell’io tramite lo sviluppo e l’uso della volontà.

    Le tecniche usate in questa fase fanno sì che scendano nel campo di coscienza i contenuti del supercosciente in modo tale da equilibrare e sintetizzare le dinamiche emergenti dal lavoro di integrazione.

    Questa fase del lavoro psicosintetico fa da ponte verso il secondo punto del nostro schema che è “trovare il Sé”.

    Prima però occorre comprendere la differenza esistente tra il supercosciente ed il Sé, il primo essendo un livello dell’inconscio, mentre il secondo uno stato di coscienza superiore e transpersonale.

    Uno degli esercizi fondamentali della Psicosintesi, che fa ripercorrere quotidianamente il cammino dalla periferia al centro e lo fa proseguire verso “l’alto”, è l’esercizio di disidentificazione.

    Non è un esercizio che si può affrontare con leggerezza, ingannati dalla sua apparente semplicità. Addirittura sarebbe necessario intraprenderlo al termine di un training autogeno il quale, con i suoi esercizi inferiori, porta a quel rilassamento fisico, emotivo e mentale, condizione essenziale perché possa farsi sentire la voce della Realtà.

    Allenati dal training autogeno, o comunque in grado di raggiungere il massimo dell’allentamento delle tensioni interne corporee ed emotive, occorre allentare, disidentificarsi, liberarsi dalle tensioni esterne e dalle erronee identificazioni fatte nel corso della nostra vita “in corsa di qua e di là”.

    Disidentificarsi dal corpo fisico significa di fatto eliminare le paure e le fobie che si possono riassumere, in pratica, nella paura della morte.

    La disidentificazione dalle emozioni porta alla comprensione della natura del nostro io che è una realtà permanente, fermo e saldo di fronte alle mutevoli emozioni e ai sentimenti che passano in continuazione nel campo di coscienza come le ombre del teatro cinese.

    La disidentificazione dai contenuti della mente ci porta quella libertà interiore preludio certo della liberazione del nostro essere.

    Questa tecnica conduce alla concezione di se stessi come autocoscienza, dopo averci allenato ad osservare le nostre capacità e le nostre insufficienze nel corso del processo di autoanalisi.

    Questo lavoro richiede tempo e l’uso della volontà che si rafforza con la pratica.

    Abbinata è l’evocazione di qualità particolari aventi anch’esse una funzione trasformatrice quali: la serenità, l’umorismo, la gioia e via dicendo, qualità positive che infondono nell’individuo una notevole carica energetica nel corso del suo cammino dalla periferia al centro.

    Un particolare accento va posto sulla meditazione.

    Essa ha forme diverse secondo gli effetti che si vogliono ottenere: un allargamento del campo mentale (meditazione riflessiva), un’ispirazione dal superconscio o dal Sé (meditazione ricettiva) o l’esplicazione di un’attività creativa o di irradiazione (meditazione creativa).

    Queste tecniche trovano un loro naturale supporto nell’esercizio di disidentificazione.

    In Psicosintesi transpersonale si utilizzano i ben noti esercizi del Graal, della Divina Commedia di Dante, ma si possono usare e costruirne altri sulla vita del Buddha, del Cristo, di Osiride e via dicendo.

    Inizia a questo punto la psicosintesi transpersonale e cessa la psicosintesi terapeutica.

    L’Io – centro del campo di coscienza – è compreso e conosciuto come riflesso del Sé. Il Sé inizia allora ad illuminare con i suoi raggi la personalità che ascende verso il proprio centro, in cui Macrocosmo e Microcosmo si fondono unificandosi.

    Bibliografia

    • R. Assagioli: Principi e metodi della Psicosintesi Terapeutica – Edizioni Astrolabio, pag. 162 e segg.
    • R. Assagioli: Lo sviluppo Transpersonale – Edizioni Astrolabio, pag. 26 e segg.
    • R. Assagioli: Principi e metodi della Psicosintesi Terapeutica – Edizioni Astrolabio, pag. 108 e segg.
    • R. Assagioli: L’atto di Volontà – Edizioni Astrolabio, pag. 62 e segg.
    • R. Assagioli: L’atto di Volontà – Edizioni Astrolabio, pag. 162 e segg.
    • R. Assagioli: Principi e metodi della Psicosintesi Terapeutica – Edizioni Astrolabio, pag. 171 e segg.

    Francesco Brunelli

    Francesco Brunelli (1927 – 1982) è stato un esoterista, martinista, massone e Gran Maestro dell’Ordine Martinista Antico e Tradizionale conosciuto con lo jeronimo di Nebo.
    Nato a Fabriano, visse la maggior parte della sua esistenza a Perugia, dove esercitò la professione di medico e dove rappresentò fin da giovane un sicuro e fermo punto di riferimento per i cultori della spiritualità in Italia e all’estero.
    Non c’è dubbio che Francesco Brunelli sia stato uno dei massimi esponenti dell’esoterismo italiano della seconda metà del ventesimo secolo.

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