Il segreto del Tempio di Gerusalemme
Il segreto del Tempio
di Gerusalemme
di
John Michell
Collana «Uomini, storia e misteri» / ISBN 88-7136-235-7 / pagg. 110 / euro 12,50 / illustrato
Tutti i libri delle Edizioni L’Età dell’Acquario
Traduzione dall’inglese di Gabriella Tonoli

Nell’Antico Testamento ricorre più volte la profezia secondo la quale il tempio di Gerusalemme, fondato da Salomone ne X secolo a.C. e distrutto nel 586 a.C. dall’esercito babilonese, riapparirà un giorno più imponente e sontuoso di prima, inaugurando il regno dei mille anni che vedrà la riunione delle dodici tribù d’Israele e la restaurazione dell’ordine divino sulla terra.
Con la recente scoperta del sito del Tempio, la profezia sembra pronta ad avverarsi.
Attraverso lo studio delle dimensioni e del sistema stradale dell’antica Gerusalemme, nonché della particolare collocazione dei suoi monumenti principali (la Cupola della Roccia, la Porta Aurea, la Cupola degli Spiriti ecc.), John Michell porta alla luce il Tempio del passato e del futuro, su cui è impresso un messaggio che annuncia, in una terra segnata da discordia e violenza, un avvenire di pace e armonia, un messaggio che cambierà la vita e gli animi di tutti coloro che vorranno leggerlo.
Un’autentica rivelazione, frutto di un lungo lavoro di studio compiuto a Gerusalemme alla ricerca del Tempio perduto.
«Una notizia sensazionale, per molti la migliore che si potesse sperare, giunge da quell’area problematica e controversa chiamata Israele, Palestina, Terra Santa, Vicino o Medio Oriente. Le novità riguardano l’edificio più conteso e misterioso esistente al mondo, il Tempio di Gerusalemme, fondato nel X secolo a.C. da re Salomone, distrutto nel 586 a.C. dall’esercito babilonese e ricostruito dagli ebrei che fecero ritorno a Gerusalemme dopo la cattività. Infatti, qualche anno prima della nascita di Cristo, re Erode fece erigere un nuovo tempio più grande, comunemente chiamato il Secondo Tempio. La costruzione dell’imponente opera richiese molti anni ma, nel 70 d.C., l’edificio da poco portato a termine, fu distrutto dai Romani, che lo rasero al suolo al punto che non ne è rimasta alcuna traccia in superficie, e col passare del tempo ci si è persino dimenticati del luogo in cui si trovava.
Questa era la situazione fino a poco tempo fa, una situazione imbarazzante e pericolosa, imbarazzante per gli ebrei, la cui religione li incarica di ricostruire il Tempio, e pericolosa perché l’area entro la cinta muraria del sito è interamente sotto il controllo dei musulmani. I più importanti luoghi sacri musulmani del paese si trovano sulla spianata del Tempio (chiamata anche Monte Moriah o Haram esh-Sherif), compresa la grande moschea al-Aqsa e la roccia sacra sotto la cupola dorata, il più noto simbolo di Gerusalemme. Qualsiasi tentativo di organizzare scavi per ritrovare il sito del Tempio perduto, per non parlare della sua ricostruzione, sarebbe contrastato dall’intero mondo musulmano in modo così tenace che probabilmente si tramuterebbe in una guerra globale e disastrosa.
La ricostruzione del Tempio non riveste solamente un interesse teorico e storico, ma è un problema urgente che riguarda il nostro presente. La necessità di portare a termine quanto prima la missione è, per gli ebrei, sollecitata dal severo monito: «Una generazione che non ricostruisce il Tempio è come se l’avesse distrutto». Queste parole sono prese seriamente dai fedeli, e in modo fanatico da alcuni estremisti che vorrebbero sequestrare l’area in cui sorgeva il Tempio, demolire le architetture musulmane e cominciare a costruire. Il loro primo passo sarebbe quello di far saltare in aria la cupola dorata, svelando così al-Sakhra, la sacra roccia custodita al suo interno. È proprio questa roccia il cuore dei misteri di Gerusalemme. È il luogo in cui Abramo legò il figlio Isacco per il sacrificio e il punto da cui Maometto, una notte, si innalzò in volo e raggiunse il paradiso per poi tornare sulla terra. Si è stabilito che il segno sulla superficie della roccia sia quello dello zoccolo di al-Buraq, il cavallo alato che accompagnò il Profeta nel suo viaggio ultraterreno. Ma il luogo è sacro sin dall’epoca pagana. Alcuni ritengono che la roccia sia la Even Shetiyyah, la pietra della fondazione che si trova al centro esatto del mondo, nel Sancta Sanctorum, all’interno del Tempio di Salomone; oppure che sia la roccia presso cui venivano immolate le vittime dei sacrifici, oltre a essere stato identificato come il terreno dell’aia di Ornan il Gebuseo che re Davide comprò dopo che sul suo suolo era apparso un angelo (1 Cr 21). Alcune di queste leggende sono contrastanti, ma il solo fatto che esistano dimostra che si tratta di una roccia con la quale non si può scherzare.
La buona notizia, cara a tutti coloro che abitano o amano Gerusalemme, capovolge completamente la situazione e supera tutte le difficoltà, consentendo di adempiere tutti i doveri religiosi: il Tempio sta ora riaffiorando dalle tenebre senza spargimento di sangue. Non sto utilizzando una metafora o un’immagine poetica, ma faccio riferimento a qualcosa di concreto e di reale. Eppure non è necessaria alcuna demolizione o ricostruzione, perché il sito del Tempio è reso manifesto, e si trova lì, modellato dagli antichi costruttori perché diventasse il tempio di tutti i popoli, come aveva profetizzato Isaia. Nelle pagine che seguiranno mostrerò il Tempio in modo preciso, così che chiunque nutra un serio interesse per l’argomento potrà prendere in considerazione questi segni e trarre le proprie conclusioni circa le implicazioni che ne derivano. Qualunque persona sarà in grado di vedere la sua struttura e i credenti vi riconosceranno il Tempio a cui fanno riferimento sia le profezie ebraiche sia quelle cristiane, discese dal cielo. Non c’è più bisogno di ricostruire il Tempio, perché è lì, rivelato davanti ai nostri occhi.»
John Michell
>>> Dal libro
L’asse messianico
« La linea che attraversa per lungo il tempio scoperto da Kaufman ha origine sul Monte degli Ulivi, vicino al tradizionale luogo dell’Ascensione di Gesù; si immette quindi nella spianata del Tempio, lungo l’estremità meridionale della sua porta orientale, la famosa Porta Aurea, per poi attraversare la Cupola delle Tavole e la roccia una volta custodita all’interno dell’antico Sancta Sanctorum. Nel 1987, il professor Greville Stewart Parker Freeman-Grenville, scrittore e studioso dell’antica Gerusalemme, scoprì un altro aspetto importante: quella stessa linea, estesa a occidente, forma l’arteria principale della zona settentrionale della città vecchia, inserendosi in questo modo nel sistema stradale di cui fanno parte il Cardo, il Decumano e le strade a essi allineate. Ma l’aspetto ancor più straordinario è che questa stessa linea si dirige proprio al Golgota nella basilica del Santo Sepolcro, la roccia su cui Gesù fu crocifisso. Il tracciato collega le due rocce sacre che rappresentano il centro del mondo sia per gli ebrei che per i cristiani.
Una linea invisibile con una reputazione che incute timore: nelle leggende viene descritta come una fune tesa, «sottile come un capello, tagliente come una spada e nera come la notte», che si estende sulla valle dal Monte degli Ulivi alla Porta Aurea. Le anime dei giusti la percorrono verso la salvezza. Le prime a entrarvi sono quelle sepolte sul Monte degli Ulivi, e questo è il motivo per cui il terreno sulle sue pendici è molto prezioso. Le tradizioni di tutte e tre le religioni concordano che questa sia la linea da cui il Messia farà il suo ingresso nella città. Secondo la tradizione ebraica, quando il Tempio fu distrutto, la Shekhinah, la presenza divina che dimorava nel Sancta Sanctorum, se ne andò attraverso la Porta Aurea e proprio da lì rientrerà quando il Tempio sarà riedificato. Per i cristiani lo stesso avverrà con Gesù nel suo Secondo Avvento, e il Nuovo Testamento riporta come egli abbia già effettuato quel percorso, nella prima domenica delle Palme avvenuta a Gerusalemme, partendo dal Monte degli Ulivi, attraverso la Porta Aurea e nel Tempio, dove scacciò i mercanti. Poco tempo dopo fu condotto nuovamente lungo la stessa linea, al Golgota, dove fu crocifisso.
La profezia musulmana rivela che nel Giorno del Giudizio l’arcangelo Gabriele suonerà tre volte un corno d’ariete per annunciare la Resurrezione. Tutti i popoli del mondo si raduneranno sul Monte degli Ulivi, dove troveranno accanto alla bilancia della giustizia Abramo, Mosè, Gesù e Maometto. Le anime di coloro a cui verrà concessa la vita eterna passeranno lungo la fune e attraverseranno la Porta Aurea.
Una volta, nel periodo del Secondo Tempio, lungo una parte di questa linea spirituale e messianica si svolgevano processioni. Un ponte o una strada selciata sostenuta da archi scorreva dalla Porta Aurea lungo la valle del Cedron. Era denominata la Strada della Vacca, perché il Gran Sacerdote la percorreva per raggiungere il Monte degli Ulivi dove aveva luogo il sacrificio rituale della giovenca rossa.
Si ritiene che l’antica Porta Aurea (chiamata anche Porta della Misericordia, Porta di Sheshan, Porta d’Oriente e, nel Nuovo Testamento, Porta Bella) sia stata costruita intorno al VII secolo, sulle fondamenta della porta più grande e imponente edificata da Erode al posto di quella di Salomone. Per ragioni in parte collegate alle profezie messianiche, è rimasta sigillata per centinaia di anni, da quando i saraceni conquistarono Gerusalemme nel 1187. Ora lungo l’entrata della porta si sviluppa un cimitero musulmano. La chiusura della Porta Aurea sembra essere una vecchia tradizione dai tempi del Primo Tempio, come è registrato in Ezechiele 44,1-3: “Mi condusse poi alla porta esterna del santuario dalla parte di oriente: essa era chiusa. Mi disse: ‘Questa porta rimarrà chiusa: non verrà aperta, nessuno vi passerà, perché c’è passato il Signore, Dio d’Israele. Perciò resterà chiusa. Ma il principe, il principe siederà in essa per cibarsi davanti al Signore: entrerà dal vestibolo della porta e di lì uscirà’”.
Agli albori del cristianesimo i discepoli consacrarono il tragitto dell’estremo viaggio di Gesù che, attraverso la Porta Aurea, entrò nel Tempio e infine fu crocifisso sul Golgota. Nel periodo in cui Gerusalemme fu sotto la dominazione dei crociati, la porta veniva aperta solamente durante la domenica delle Palme per le processioni. L’asse messianico era probabilmente l’originale percorso della Via Dolorosa. L’imperatore Eraclio fu una delle ultime persone ad attraversare la porta. Nel 631 riportò a Gerusalemme i frammenti della Vera Croce che aveva riconquistato dai Persiani. In processione, trasportò le reliquie lungo il percorso fatto da Gesù, dal Monte degli Ulivi, attraverso la Porta Aurea e fino al Golgota, altura fuori dalle mura di Gerusalemme dove attualmente si eleva la basilica del Santo Sepolcro. I resti della croce furono poi rinchiusi in un reliquiario della chiesa, insieme alla coppa dell’ultima cena, alla famosa «spada del destino» e ad altre reliquie legate alla crocifissione. Un chiaro riferimento a questo evento si ritrova in Zaccaria 1,16: “Perciò dice il Signore: Io di nuovo mi volgo con compassione a Gerusalemme: la mia casa vi sarà riedificata – parola del Signore degli eserciti – e la corda del muratore sarà tesa di nuovo sopra Gerusalemme”.
La linea ha sempre avuto un valore esoterico, è un percorso mitologico piuttosto che un tragitto terreno. Essa rappresenta uno dei percorsi spirituali e uno dei cammini verso il mondo dei morti noti in tutto il mondo. Questa linea, l’asse messianico, è tradizionalmente considerato il tragitto compiuto dalle anime nella loro ascesa al paradiso; ma è anche la strada trionfale che una potenza o essere divino percorrerà entrando in gloria a Gerusalemme. Arriverà da oriente, lungo il percorso che collega il Monte degli Ulivi alla Porta Aurea. Le leggende e le allusioni bibliche alla porta evidenziano la grandezza e la santità di colui che vi entrerà, e il suo nome si ritrova in Salmi 24,9-10: “Sollevate, porte, i vostri frontali, / alzatevi, porte antiche, / ed entri il re della gloria. / Chi è questo re della gloria? / Il Signore degli eserciti è il re della gloria”.
Sovrani e messia potranno far mostra dei loro poteri entrando a Gerusalemme attraverso la Porta Aurea, se mai riusciranno a farla aprire. Per i profeti dell’antica Israele, tuttavia, colui che entrerà attraverso la porta e a cui di nuovo verrà consacrata la Città Santa non sarà una potenza terrena, ma un principe divino o il re della gloria. Non si può ora immaginare in quale modo l’evento si manifesterà, ma un probabile presagio è l’attuale rivelazione del Tempio, che scaturisce proprio dalla recente individuazione dell’«asse messianico» che attraversa Gerusalemme. »
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L’autore
John Michell è uno studioso di scienza, numerologia e storia delle religioni. Tra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo twelve tribe Nations and the Science of Enchanting the Landscape e The New View over Atlantis.
Tutti i libri delle Edizioni L’Età dell’Acquario