Esonet

    Del simbolismo dei numeri

    Dal 4 al 9 e dal 9 al 4

    Spesso nelle nostre letture, o anche durante le nostre riunioni di Loggia, ascoltando un fratello che espone il contenuto di una sua tavola architettonica, c’imbattiamo in espressioni nelle quali i numeri assumono un ruolo particolarmente importante, tale da rendere il significato di questo contenuto alquanto enigmatico.

    Ad esempio, leggendo di Louis-Claude de Saint-Martin, insigne filosofo del Settecento e nostro fratello, di cui abbiamo già avuto occasione di parlare in una tavola, a proposito del Martinismo e dei suoi fondatori, nella sua opera “Degli Errori e della verità” [1], in un quadro di immagini straordinariamente vive, l’autore ci parla delle origini e della caduta dell’uomo, e ad un certo punto così si esprime: «In effetti, egli si è smarrito andando dal 4 al 9 e mai potrà ritrovarsi se non andando dal 9 al 4. Del resto, avrebbe torto di compiangersi di quest’assoggettamento; tale è la legge imposta a tutti gli esseri che abitano la regione dei padri e delle madri».

    Ora, se vogliamo veramente comprendere nella sua pienezza ciò che Saint-Martin intende, è necessario chiarirci il ruolo che in questo contesto hanno i due numeri 4 e 9.

    Secondo Martinez de Pasqually, creatore, in ambito massonico, dell’Ordine dei “Cavaleri Massoni Eletti Cohen dell’Universo”, e primo maestro del de Saint-Martin, il 4 è il numero uscito dal decenario mediante l’addizione 1 + 3, e completa le quattro potenze divine del Creatore contenute nel “decenario”. Esso contiene ogni specie di numero di creazione divina, spirituale e terrestre; ed in quanto appartenente alla quadruplice essenza divina è incorruttibile. Il nome divino è composto dal tetragramma  h w h y  (Jod Hé Vav Hé) e pertanto dal numero 4; e del 4 Dio si è servito per l’emanazione dell’uomo a sua immagine e somiglianza. Per concludere,  il 4 è il numero di tutte le cose temporali e di ogni azione spirituale.

    Saint-Martin non si discosta dal suo maestro, anche per lui il 4 è il numero universale della perfezione e senza il quale non è possibile alcuna conoscenza, essendo l’espressione della manifestazione divina. Esso pertanto deve ricordare all’uomo d’oggi, il rango assolutamente superiore di cui egli godeva prima della sua caduta.

    Il numero 9, sempre secondo Martinez de Pasqually e L. C. de Saint-Martin, è il numero del mondo temporale, e cioè 3, moltiplicato per se stesso.[2] È un numero, che per la sua appartenenza alla materia, e quindi all’estensione è l’espressione del limite della materia stessa e conseguentemente della fine di tutte le cose temporali, pertanto della loro dissoluzione, essendo la materia di cui esse sono formate, destinata al nulla, considerata la natura demoniaca del numero; esso è quindi alla base della formazione corporea dell’uomo nel seno della donna e sta a significare per lui la necessità dell’espiazione. E come il 4 deve ricordargli, come abbiamo già detto, il suo rango originario, così il 9 deve ricordargli la caducità della vita materiale.

    A questo punto potremmo già trarre le prime conclusioni facendo notare che l’uomo è passato dal 4, numero degli esseri immateriali che pensano, al 9, ovvero alla sua condizione attuale, unendosi al 5, numero che, secondo Martinez de Pasqually e Saint-Martin, è il risultato dell’unione del 3, numero imperfetto e corruttibile dalla materia, con il 2, numero della confusione e del disordine; unione che ha dato origine a quell’orgoglio che ha portato gli angeli ribelli alla prevaricazione. Martinez, nel suo “Trattato….” [3], ci dice che:”…gli spiriti perversi unirono con la loro autorità privata e con la loro sola volontà, una unità arbitraria al numero quaternario della loro origine, il che snaturò la loro potenza spirituale e la trasformò in una potenza limitata e puramente materiale». Pertanto l’uomo, unendo il 4, numero della sua origine coeterno con la Divinità, al quinario o 5, numero per eccellenza demoniaco, si è condannato all’espiazione, ossia al 9.

    Fin qui l’interpretazione secondo i significati che a questi numeri hanno conferito Martinez e Saint-Martin; ora faremo, però, una disamina dei significati dei due numeri al di là dei loro insegnamenti, secondo quanto ci deriva da altre fonti, e cominciamo con l’osservare che la forza e l’essenza di un numero si rivelano nelle forme geometriche al centro delle quali questo stesso numero si manifesta.

    Il numero 4 dà luogo al quadrato in quanto quadrilatero regolare ed alla croce in quanto quadrilatero regolare a forma di stella. Queste figure hanno in comune l’angolo retto, alla periferia nel quadrato, e al centro nella croce, e perciò potremmo dire che l’angolo retto è il “manifestante” del numero 4.

    Quanto sia importante l’angolo retto nella vita dell’uomo, unico essere vivente in posizione verticale e quindi di perpendicolarità rispetto alla superficie terrestre, escludendo le piante perché fisse al suolo, lo si può ricavare dalla riflessione che la sua facoltà pensante è strettamente legata al suo uso; e per comprendere ciò basta portare il nostro sguardo nel campo della matematica, e scorgeremo che presso gli antichi greci e quindi al momento dello sviluppo della razionalità del pensiero nell’uomo, si trova per la prima volta l’approccio alla geometria per mezzo del pensiero, vedi Talete, Pitagora, Euclide; e non soltanto loro, ma ancora noi oggi studiamo il mondo delle forme geometriche con l’aiuto dell’angolo retto sotto forma di triangolo rettangolo, il quale ultimo ci riporta ancora al 4 non essendo esso che la metà del rettangolo.

    Non è il caso di ricordare qui nei loro particolari, cose ben note quali le proposizioni di Talete sugli angoli che insistono sulla stessa semicirconferenza, il teorema di Pitagora, o ancora gli assiomi d’Euclide, i quali tutti ruotano intorno alle proprietà che concernono il numero 4 così come le forme geometriche che gli sono proprie.

    Che questo numero intervenga in modo così significativo e determinante nell’attività specificatamente umana, si spiega anche con il fatto che l’essere umano stesso è una tetrade, o quaternario che dir si voglia, di principi creatori; infatti, tre regni naturali si scaglionano per gradi sotto l’uomo, il minerale, il vegetale, e l’animale. L’uomo a sua volta li riassume in sé e forma il quarto regno, situato sopra di essi; ed a questa tetrade, pietra, pianta, animale, uomo, corrisponde una tetrade di principi creatori. Insieme, essi danno all’entità umana la sua configurazione, e fanno che essa sia costituita da 4 elementi: la corporeità fisica, terra, in quanto portatrice dei fenomeni materiali, la corporeità eterica, acqua, in quanto portatrice dei fenomeni vitali, la corporeità sensibile o astrale, aria, in quanto portatrice dei fenomeni di coscienza, e l’io, fuoco, in quanto portatore dell’aspetto propriamente umano essendo esso la fonte del pensiero.

    L’umano propriamente detto, cioè l’io, è particolarmente legato al mistero dell’angolo retto e per afferrare ciò basta pensare, come si diceva prima, alla posizione verticale del suo corpo od anche ai chiasmi o incroci delle direzioni a cura del suo organismo, come ad esempio le direzioni rispettive dello sguardo dei due occhi e dunque dei due assi oculari od anche  la disposizione dei nervi ottici stessi in direzione del cervello.

    Se la quadruplice costituzione dell’entità umana non fosse stata progressivamente dimenticata, il rapporto dell’uomo con le figure della croce e del quadrato sarebbe rimasto più forte nella sua coscienza. Noi non pensiamo più ad un nostro legame con il quadrato, né il sentimento di un legame con la croce, è ancora vivo nel nostro pensiero. In epoche passate queste relazioni, questi sentimenti esistevano; gli gnostici, ad esempio, (vedi fig. 1) li rappresentavano con una forma avente quattro gambe umane piegate al ginocchio ad angolo retto e disposte a svastica, ed in questo simbolo si trova ancora affermato il movimento interiore che anima il 4.

     Numeri

    Fig. 1

    Ritornando agli antiche greci è da notare ancora che essi avevano dato forma ad un vero e proprio culto, al pensiero rivolto al 4 ed alle sue figure geometriche; l’angolo retto veniva da essi chiamato “Gnomone”, ovvero, “conoscitore” e la forza della tetrade era talmente compenetrata in essi al punto di venerarla, tanto che i pitagorici la chiamavano sacra “Tetraktys” e la loro preghiera indirizzata alla “Decade”, come è detto in “Hiéros logos” il “Discorso sacro”, così si esprime: «benedici noi, numero divino, tu che hai generato gli dei e gli uomini! Oh santa, santa Tetraktis, tu che contieni la radice e la sorgente del flusso eterno della creazione! Poiché il numero divino inizia con l’unità pura e profonda, e raggiunge in seguito il Quattro sacro; poi genera la madre di tutto, che lega tutto, il primo-nato, colui che non devia mai, il Dieci sacro che detiene la chiave di tutte le cose».

    È da notare che il dieci è ottenuto sommando i quattro numeri che compongono la tetrade ovvero 1 + 2 + 3 + 4 = 10 ed è stupefacente come ciò ci riporti alla tradizione ebraica. Infatti, ciò che per i greci era la Tetraktis sacra per gli ebrei era il Tetragramma ovvero la tetrade santa h w h y (Jod Hé Vav Hé); e con questa tetrade avviene la stessa cosa dell’ottenimento d’una decade a partire da una tetrade, ciò avveniva scrivendo quattro volte la lettera Jod, tre volte la Hé, due volte il Vav ed una volta l’ultima Hé ed il tutto racchiuso in un triangolo equilatero (vedi fig. 2).

    Tetraktis Pitagorica

    Fig. 2

    A conclusione di queste considerazioni sul 4 ricorderemo che in Genesi (cap. 2 vers. 10) è detto: «Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino poi di lì si divideva e formava quattro corsi». Ebbene, noi sappiamo pure che al centro di questo giardino vi era stato posto l’uomo e pertanto possiamo immaginarcelo al centro di un quadrato ove pure il fiume si divideva in quattro corsi formando così una croce.

    Ritornando ora alla frase di Saint-Martin, da cui abbiamo preso le mosse, possiamo cominciare a comprendere che l’andare dal 4 al 9 rappresenta in definitiva la perdita del centro, ovvero di questo quadrato o Eden per precipitare nel 9 e quindi nel mondo della materia ovvero come lui dice, “nella regione dei padri e delle madri”. Ma a questo punto è da vedere perché il 9, indipendentemente dai significati già esaminati, sta ad indicare questa nuova dimensione in cui viene a trovarsi l’uomo. Il riferimento alla “regione dei padri e delle madri” e la sua stretta relazione con il 9, di primo acchito ci suggerisce già quanto affermato da Saint-Martin e cioè il soggiorno del germe umano nel ventre materno la cui durata appunto è di nove mesi. Ma questa sola ragione non è sufficiente per relegare questo numero nell’oscurità.

    Pertanto, riprendiamo lo studio dei numeri visti nella loro relazione con le figure geometriche che sono loro proprie, ovvero in questo caso l’ennagono regolare e l’ennagono a forma di stella. È noto a tutti che per costruire i poligoni regolari è sufficiente dividere una circonferenza in un numero di parti uguali corrispondenti al numero dei lati, e ciò avviene con l’ausilio di una riga e di un compasso. Nel caso dell’ennagono, per avere nove grandezze uguali lungo la circonferenza è necessario che i nove angoli al centro di questa siano di 40° ciascuno essendo l’angolo giro di 360°. Tale angolo, com’è visibile dalla fig. 3, si ottiene con l’ausilio del triangolo isoscele AED, a sua volta contenente al suo interno 4 triangoli anch’essi isosceli. Altrettanto, vedi fig. 4, avviene per la stella a nove braccia. Esaminando ora i valori degli angoli del triangolo di costruzione

     Numeri

    i valori degli angoli espressi in gradi nella figura 3 sono divisi per il m.c.d. 20, ottenendo così la semplificazione nei valori espressi dagli angoli del triangolo della figura 4

    7+1+1=9         5+2+2=9         3+3+3=9         1+4+4=9

     alt

    AED, noteremo che l’angolo al vertice D è di 20°, mentre gli angoli alla base A ed E sono di 80°; se per semplificazione si sostituiscono i 20° del vertice D con il valore 1, ciascun angolo alla base riceverà conseguentemente il valore 4 (vengono così divisi i valori dei tre angoli per il massimo comune divisore 20) e si renderà pertanto evidente come la somma di questi valori porti al 9; [4] e questo novenario si otterrà pure sommando sempre i valori degli angoli di tutti e quattro i triangoli isosceli contenuti all’interno di AED (vedi fig. 4); osserviamo inoltre che i valori espressi al vertice dei quattro triangoli isosceli, procedendo dal basso verso l’alto (fig. 4) sono: triang. BAE 1, triang. ABM 3, triang. FMB 5, triang. MFD 7; ossia una tetrade di numeri dispari: 1,3,5,7; mentre procedendo in senso inverso, cioè dall’alto verso il basso, i valori degli angoli alla base sommati per ciascun triangolo sono: triang. MFD 2, triang. BMF 4, triang. ABM 6, triang. BAE 8; ossia una tetrade di numeri pari: 2, 4, 6, 8; sommando ora le due tetradi (1 + 3 + 5 + 7) + (2 + 4 + 6 + 8) avremo come risultato il numero 36, che si poteva ottenere anche moltiplicando il valore complessivo degli angoli di ciascun triangolo per il numero dei triangoli e cioè 9 x 4.

    Quale significato può avere questo nuovo numero? La risposta ce la dà Plutarco nella sua opera “Iside ed Osiride”r [5] in cui afferma che tale numero era quello su cui i Pitagorici prestavano il loro giuramento più sacro, in quanto espressione della Tetraktis; ed afferma pure che tale numero si otteneva appunto sommando i quattro primi numeri dispari ai quattro primi numeri pari e che perciò era pure chiamato “mondo”. In queste due tetradi una dispari e l’altra pari, vi si ravvisava, infatti, la polarità del mascolino e del femminino, alla maniera di quattro Dei e di quattro Dee in un atto di creazione universale, e da quest’atto ne usciva appunto il “mondo” sotto la veste numerica del 36. (Come si vede pertanto il significato del 9 (3 + 6) in Martinez de Pasquallys ed in Saint-Martin non si discosta affatto in quanto il mondo non è che materia).

    Prendendo nuovamente in esame i valori simbolici del triangolo AED di costruzione dell’ennagono o della stella a nove braccia, (fig. 4) noteremo alla base di questo triangolo due tetradi, ovvero due 4, che si fronteggiano polarmente, e come dalla loro azione comune nasca l’unità, ovvero 1, al sommo della figura, o al vertice D; si potrà perciò attribuire a questa figura, e cioè al triangolo AED, il numero simbolico 441 o 144, indicando nel primo caso il triangolo con il vertice rivolto verso il basso e nel secondo il triangolo con il vertice, come nella figura, rivolto verso l’alto. Per quanto è già stato detto del quaternario o tetrade, l’uomo nella sua forma terrestre è un 4, ma si presenta attualmente sotto forma di polarità mascolina e femminina, e si può quindi già presentire di cosa questa figura possa divenire l’immagine simbolica rendendo visibile l’azione comune di due tetradi polari, risultando così evidente che il cammino dell’uomo dal 4 al 9 è consistito nel cadere nella separazione dei sessi, portandosi così nella “regione dei padri e delle madri”.

    Nella Genesi (cap. 1) è detto: «Gli Elohim crearono [6] l’uomo a loro immagine, lo crearono ad immagine degli Elohim e lo crearono mascolino e femminino».

    L’aspetto quindi di polarità della tetrade non era stato ancora a lui dato, e ciò giustamente in quanto così si evidenziava fortemente la similitudine tra l’uomo e la divinità; ed è soltanto in un secondo momento, com’è detto nel 2° capitolo della Genesi, che avviene la creazione della donna, allorché Eva vieneseparata dal corpo di Adamo.[7]

    Dopo quanto detto sul 9 si potrebbe essere portati a considerare questo numero negativamente e cioè come il numero della caduta. Saint-Martin dice pure però che l’uomo potrà ritrovarsi “andando dal 9 al 4”. Vediamo come ciò possa avvenire. Basterà considerare per un momento come nel simbolismo tradizionale un poligono dai lati dispari, sia esso triangolo, pentagono, ettagono, ennagono, ecc., abbia significato positivo o negativo o comunque creante un’antitesi, a seconda se il vertice è rivolto verso l’alto o verso il basso; ad esempio nei simboli degli Elementi, vediamo che il fuoco è rappresentato da un triangolo col vertice rivolto verso l’alto, mentre l’acqua, suo contrario, è data da un triangolo con il vertice rivolto verso il basso. Pertanto applicando lo stesso processo alla figura geometrica del 9 e perciò al suo triangolo di costruzione, nel caso del vertice verso il basso, si avrà l’accoppiamento profano delle due tetradi, non avente che uno scopo fine a se stesso, che non presta attenzione all’unità; nel caso del vertice rivolto verso l’alto invece, in opposizione, si avrà un’unione sacra che quest’unità tende a far nascere, rendendo così evidente il suo significato positivo.

    L’aspetto positivo del novenario si rivela anche dall’esame delle differenti lingue del tronco linguistico indo-germanico. Infatti, sia in greco, che in latino, come pure in italiano, francese, tedesco, ecc., il vocabolo per il numero nove è prossimo per la sua radice e per la fonetica al vocabolo indicante la parola nuovo, (ennea-neos, novem-novus, nove-nuovo, neuf-neuf, newn-newo); questo accostamento risulta particolarmente importante se andiamo a leggere quanto è detto nel 21° capitolo dell’Apocalisse; qui infatti, l’autore parlando della “Gerusalemme celeste”, afferma che l’uomo un tempo fu cacciato da un giardino irrigato da quattro fiumi e che alla fine dei tempi egli entrerà nella città dove il “nuovo” prenderà il posto dell’”antico”. Saint-Martin afferma che l’uomo deve ritornare dal 9 al 4, vediamo allora come l’autore dell’Apocalisse descrive questa città dell’uomo “nuovo” e cioè la Gerusalemme celeste: «La città è a forma di quadrato………, la lunghezza, la larghezza e l’altezza sono uguali».

    Quindi l’uomo “antico” era partito da una forma del quadrato e ritorna in veste d’uomo “nuovo” ad un’altra forma del quadrato e cioè al cubo. Dopo l’aspetto vivente del giardino, viene la città minerale e dura. Con il cubo, che con tanta fatica l’uomo di desiderio si affanna quotidianamente a levigare per formare la pietra angolare del suo tempio interiore, s’indicano le forze di concretizzazione, ossia, il portatore dell’elemento “terra”, ed è il solo solido che conduce due tetradi o quaternari all’unità, cioè il quaternario della base superiore e il quaternario della base inferiore, uniti fra loro dallo spazio intermedio; pertanto riconducibile al numero 144 del triangolo di costruzione del novenario a forma di stella. A sostegno di ciò abbiamo ancora quanto afferma l’autore dell’Apocalisse, il quale, proseguendo nella sua descrizione della città celeste così si esprime: «Ne misurò anche le mura: esse sono alte 144 braccia. Ed è la misura dell’uomo e nello stesso tempo quella dell’angelo». Ed è chiaramente quindi espresso che l’altezza del muro, come pure la sua misura, simboleggiano ciò che si è aggiunto all’uomo “antico” al termine dell’evoluzione terrestre e che rappresenta la sua “elevazione”.

    Il“vecchio” Adamo era perciò un quadrato, il “nuovo” Adamo, un cubo. Ciò che li differenzia è l’altezza, la quale viene ad aggiungersi alla lunghezza ed alla larghezza. Quindi la cacciata dal quadrato, ossia dall’Eden, fu una discesa nella “profondità”, ma questa discesa si trasforma in una risalita e quindi in una riconquista dell’”altezza”, a condizione però che ad un dato momento la direzione s’inverta.

    Discesa e ascesa sono entrambe pertanto, sotto il segno del numero 9 che è ad un tempo perciò il numero dell’una e dell’altra. Ne consegue che, quando l’uomo dovette abbandonare il giardino della sua origine, ovvero il quadrato, il triangolo che è all’origine del 9 diresse il suo vertice verso il basso, simboleggiato nel momento della cacciata dalla spada fiammeggiante del cherubino. La misura perciò dell’uomo divenne nella “regione dei padri e delle madri” 441, ossia il numero della sua formazione nel seno della donna. Ma, invertendo la direzione del vertice verso l’alto ecco allora il 144, numero del suo riscatto e perciò dell’uomo “nuovo”; e l’apocalisse ci dice ancora nel cap.14 quanti e chi saranno: «E vidi l’agnello che stava sulla montagna di Sion, e con lui 144.000 (uomini) che avevano il suo nome e il nome di suo padre scritto sulla loro fronte ………; . sono coloro che non si sono contaminati con donne, poiché sono vergini e seguono l’agnello ovunque va».

    Quest’ultimo periodo non va però inteso in senso fisico-organico, ma in chiave animico-spirituale, ossia che essi non hanno profanato il loro essere spirituale per mezzo dell’anima e che pertanto sono vergini di spirito, e in quanto “nuovi” perché androgini, appartenenti al fondamento divino universale.

    Ultima osservazione curiosa. In Apocalisse, 20: 6, è detto: «Beati e santi coloro che prendono parte alla prima resurrezione […] saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni»; ora, se noi moltiplichiamo il numero dell’uomo “nuovo”, 144, e lo moltiplichiamo per 1000, durata del suo sacerdozio regnando con il Cristo, avremo il numero 144.000, numero di coloro che hanno scritto in fronte i nomi del padre e del figlio, ovvero degli androgini e perciò finalmente di coloro che avranno riacquistato l’immagine e la somiglianza di Dio.

    Ed ecco, per concludere, quale può essere il senso delle parole di L. C. de Saint-Martin: «egli si è smarrito andando dal 4 al 9 e mai potrà ritrovarsi se non andando dal 9 al 4», certamente altri potranno dare, trattandosi di rappresentazioni simboliche, risposte diverse, certamente quella data, con quanto è stato detto su queste pagine, non sarà certamente la “verità”, abbiamo solamente cercato, tenuto conto dei limiti del nostro intendimento, di avvicinarci, per quanto è stato possibile, ad essa.

    Ovidio La Pera


    [1] “Degli Errori e della verità”, partizione 1, cap. ”Via della sua riabilitazione”.

    [2] Il 3 è il numero del mondo temporale essendo il numero degli elementi primordiali, sale, zolfo e mercurio, rappresentato dal triangolo equilatero.

    [3] “Trattato sulla reintegrazione degli esseri”, Edizioni  “Firenze Libri” S.r.l. – Firenze 2003. – cap. 239, pag. 300.

    [4] In effetti, si ottiene lo stesso risultato ricorrendo alla somma teosofica, infatti, 20 + 80 + 80 = 180 che è uguale ad 1 + 8 + 0 = 9.

    [5] Plutarco “Diatriba Isiaca”, cap. “De Iside et Osiride”, punto n° 75, pag. 137. Sansoni Editore.

    [6] Nel testo originale ebraico è detto: «barà Elohim… ». Traducendo letteralmente si ha: “Gli Elohim creò”, in quanto Elhoim è il plurale di Êl, nome del Dio semitico che significa forza, potenza ed onnipotenza, mentre il verbo è al singolare in quanto nella Bibbia ci si riferisce sempre ad un monoteismo etico assoluto.

    [7] In proposito, la scienza moderna con lo studio dell’embriologia ci lascia presupporre che in lontane epoche passate l’essere umano fosse ancora asessuato, e che nel corso del divenire dell’embrione, solo dopo un certo tempo, gli organi sessuali si siano differenziati.

    Ovidio La Pera

    Ovidio La Pera è nato ad Agira (En) il 22 febbraio 1933. Vive e lavora a Firenze dove a suo tempo ha compiuto i suoi studi nel campo delle Belle Arti, ed ha insegnato Disegno e Storia dell’Arte nelle Scuole Medie Superiori. Contemporaneamente ha svolto la propria attività artistica in qualità di pittore, grafico e scultore con mostre personali e collettive in varie città italiane e statunitensi. Nel corso della sua esistenza si è interessato alle problematiche d’ordine spirituale ed in particolare agli insegnamenti del filosofo francese del Settecento Louis-Claude de Saint-Martin, di cui ha tradotto tutti gli scritti che nel corso degli anni sono stati pubblicati da vari editori. Attualmente è impegnato nella traduzione di alcune opere del filosofo teutonico Jacob Böhme, il quale, con i suoi scritti, suscitò un grande interesse in Saint-Martin, al punto di indurlo in età avanzata a studiare la lingua tedesca al fine di comprendere e di tradurre, per uso proprio, in francese, le opere di questo grande illuminato, che gli rivelarono ciò che nei documenti del suo primo maestro, Martines de Pasqually, aveva soltanto intravisto; e da quel momento, come egli stesso ci dice, lo guardò sempre come la più grande luce umana che fosse mai apparsa. Oltre alle traduzioni, al suo attivo, vi sono anche dei saggi in cui Ovidio La Pera esamina aspetti particolari e fondamentali delle tematiche che Louis-Claude de Saint-Martin ha affrontato nell’arco della sua attività filosofico-letteraria e che costituiscono l’elemento centrale di tutto il suo pensiero e della sua dottrina; e ciò, senza però volere con questo dare ad essi una spiegazione definitiva, data la loro natura specificatamente esoterica e perciò esclusivamente legata ad una loro personale interiorizzazione di tipo meditativo; pertanto queste riflessioni andranno accolte semplicemente come un ulteriore contributo alla conoscenza della via tracciata da Saint-Martin e da lui proposta a tutti gli uomini di desiderio.

    Ovidio La Pera

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