1 – Premessa
Gli Statuti Generali della Società dei Liberi Muratori editi a Napoli il 12.07.1820 E.V., tuttora in vigore, non forniscono una definizione di “Massoneria”, ma si limitano ad illustrarne i caratteri in una sorta di preambolo dedicato ai suoi fini, principi e regole fondamentali; l’art.1 spiega invece che l’Ordine dei Liberi Muratori, espressione storicizzata del concetto ideale di Massoneria, appartiene alla classe degli Ordini cavallereschi e ha per fine il perfezionamento degli uomini ed il bene della Patria e dell’Umanità.
Gli elementi, che rilevano ai fini giuridici in questa Istituzione, sono quindi una struttura associativa, l’assenza di scopo di profitto e i particolari fini morali e filantropici che essa persegue.
Malgrado l’unità ideale dell’Ordine (l’art.2 dichiara che i Liberi Muratori, di qualunque Paese essi siano, sono membri di una sola e grande famiglia), l’universalità dei principi seguiti, che superano i confini delle Nazioni, la sostanziale identità della struttura interna e delle regole di ciascuna Obbedienza che si ispira alla Tradizione Unica, per quanto riguarda i rapporti esterni la Massoneria si adegua all’ordinamento giuridico dello Stato in cui è presente, nel rispetto delle leggi in vigore imposto anche dall’etica massonica.
Nella prospettiva comunitaria europea, considerato che la Massoneria è presente in tutti i Paesi Membri ed è collegata attraverso importanti organismi internazionali come il CLIPSAS, non sono da escludere lo studio e la realizzazione di una disciplina giuridica unica, che accomuni le posizioni attualmente diversificate degli Istituti Massonici, per superare incomprensibili ed ingiustificate disparità di trattamento tra Stato e Stato; ma, fino a quel momento, ogni Potenza Massonica dovrà armonizzare il proprio assetto con le norme che regolano le associazioni di persone costituite per fini morali, anche se ciò può sembrare riduttivo rispetto al rilievo della Massoneria e dei suoi fini anche nel contesto sociale.
In Italia la Massoneria di Piazza del Gesù – com’è comunemente conosciuta dopo la scissione storica del 1908 – e più precisamente la Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M. sedente in Roma (Palazzo Vitelleschi), denominata anche Centro Sociologico Italiano, opera nel regime repubblicano in vigore, nei limiti delle previsioni costituzionali, delle leggi dello Stato e in particolare di quelle di diritto privato contenute nel codice civile.
Alla luce di queste norme, e attraverso una loro sommaria disamina, si cercherà di chiarire la posizione della Gran Loggia d’Italia, con riferimento a diritti, obblighi e rapporti giuridici che nascono dalla sua presenza nello Stato italiano, per ricavare un quadro quantomeno complessivo delle relazioni fra Istituto Massonico e Ordinamento giuridico.
2 – Libertà di associazione e segretezza
Dopo i rigori del regime fascista e lo sfavore verso iniziative collettive improntate ad autonomia e quindi poco controllabili, l’Italia democratica del dopoguerra ha affrontato in maniera completamente diversa il fenomeno naturale dell’associazionismo.
La Costituzione repubblicana ha infatti dato ad esso la massima possibilità di espressione con una norma, l’art.18, che riconosce il pieno diritto dei cittadini di associarsi liberamente e senza
autorizzazione alcuna, per fini leciti secondo la legge penale.
Unico limite è il divieto, sancito dal 20 comma dell’art.18, di costituire organizzazioni militari a scopo politico o associazioni segrete.
Per lungo tempo la nozione di segretezza, rilevante ai fini ditale proibizione, è stata affidata alla libera interpretazione del Giudice Ordinario che, in casi per la verità assai rari, si è espresso in materia con estrema cautela e larghezza di vedute, ponendo limiti solo ad attività segreta penalmente illecita, consapevole della volontà del costituente di riconoscere massima libertà e della eccezionalità di qualsiasi limite al diritto di associarsi.
Così, proprio con riferimento alla Massoneria, la Corte di Appello di Genova affermava nel 1960 (Appello Genova, 27 giugno 1960 – Soc. An. URBS Provincia di Genova) che associazioni segrete ai sensi dell’art.18 della Costituzione devono reputarsi solo quelle associazioni che, svolgendo istituzionalmente attività specifica in violazione delle leggi penali, considerano la segretezza come condizione della loro stessa esistenza. Concludeva che non è associazione vietata, a norma dell’art.18, la Massoneria, la cui segretezza non cela scopi contrari alla legge penale.
Dopo l’inchiesta sulla Loggia P2, per combattere ogni possibile abuso dell’associazionismo segreto, il legislatore dava attuazione all’art.18 Cost. fissando i limiti della liceità, precedentemente segnati soltanto dall’interprete giuridico.
Secondo l’art.1 della legge 25 gennaio 1982 n. 17, sono infatti definite <associazioni segrete, come tali vietate dall’art.18 della Costituzione, quelle che anche all’interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto o in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale)>.
Una lettura superficiale della norma potrebbe portare alla falsa opinione che segretezza, in ambito associativo, sarebbe di per sé proibita.
La portata della norma è tutt’altra, ed è stata adeguatamente chiarita dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Cass. SS.UU., 30 gennaio 1985 n. 556), secondo la quale non può attribuirsi in via di principio alla segretezza un valore negativo nell’ordinamento vigente anzi, la serie di garanzie costituzionali a talune manifestazioni dell’attività individuale (art.15 della Costituzione, norme a tutela della riservatezza e sul segreto professionale) dimostra esattamente il contrario.
La segretezza illecita ai sensi della legge 17/1982 riguarda esclusivamente quelle associazioni che improntano la propria attività alla realizzazione di scopi politicamente rilevanti, i quali incidono direttamente o indirettamente sullo svolgimento delle funzioni dello Stato e degli enti pubblici.
Trattandosi di una limitazione a un diritto di libertà costituzionalmente garantito, s’impone infatti una interpretazione di carattere restrittivo, che individua l’agire segreto solo in azione idonea a ledere o a mettere in pericolo interessi di rilevanza politica, per i quali si impongono la chiarezza e la trasparenza.
3 – Natura giuridica dell’istituto massonico
Per quanto riguarda le associazioni nulla è stato innovato nel sistema giuridico italiano rispetto al regime precostituzionale. Sopravvivono infatti le norme del codice civile (Libro I, Capo II, Titolo II) emanate nel 1942 che, risentendo, come si è detto, del clima di sfavore del legislatore dell’epoca verso l’associazionismo non controllato, segnano una linea di demarcazione tra le associazioni fornite di personalità giuridica e le associazioni non riconosciute come persone giuridiche.
Le prime diventano soggetti di diritti a tutti gli effetti, con un atto concessorio dell’autorità governativa, ma da quel momento vengono assoggettate ad uno stretto regime di vigilanza e di controlli che incidono sull’attività e sulle vicende (modifiche statutarie, trasformazioni, acquisti immobiliari, donazioni, eredità, etc.); le altre nascono e si reggono in base ad accordi degli associati e non hanno bisogno di particolari formalità per svolgere la propria attività.
Ad esse il codice civile dedica solo tre norme (art.36, 37 e 38 c.c.) che regolano gli aspetti essenziali dei rapporti giuridici interni ed esterni, ma, malgrado la scarsa attenzione legislativa al fenomeno, si può affermare che nella realtà sociale odierna questa formula associativa ha assunto un notevole ed imprevisto rilievo (basti pensare a formazioni come i partiti politici ed i sindacati), e che nella evoluzione dottrinale e giurisprudenziale si è andata via via riconoscendo una sia pur limitata personalità giuridica alle associazioni non riconosciute, e comunque delle facoltà non espressamente previste dalla scarna normativa.
La Massoneria di Piazza del Gesù o Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M. o Centro Sociologico Italiano è una struttura formata da una pluralità di persone legate dalle stesse norme (liberamente accettate) e dagli stessi fini morali, da una organizzazione retta da fonti di diritto tradizionale massonico e da deliberazioni interne e da un patrimonio comune.
Per i fini elevati che persegue, di alto interesse etico e sociale, avrebbe tutti i requisiti per conseguire il riconoscimento della personalità giuridica, che lo Stato Italiano riserva alle associazioni i cui scopi risultino morali ed apprezzabili, ma la tradizionale riservatezza della Istituzione contrasta con le norme in vigore che impongono una pubblicità esasperata. Resta perciò classificata, allo stato della normativa, come associazione non riconosciuta, come tale soggetta alla disciplina degli art.36, 37 e 38 c.c., che si ritiene opportuno passare in rapida rassegna.
4 – Amministrazione, fondo comune e obbligazioni
L’art.36 1° comma dispone che l’ordinamento e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi degli associati.
La norma riconosce così piena autonomia alle regole interne, che non incontrano limiti né controlli, purché lecite e non in contrasto con principi giuridici costituzionalmente garantiti.
L’iter formativo di queste regole deve naturalmente essere legittimo, ovvero conforme alle norme fondamentali sulle persone giuridiche che si applicano per estensione analogica alle associazioni non riconosciute (Tribunale Padova, 30 dicembre 1986, in Rep. Foro it., 1987, 241) in quanto compatibili con la mancanza di riconoscimento.
Le garanzie dei singoli associati e delle maggioranze sono limitate al controllo sulla legittimità formale dell’atto, risultando preclusa l’indagine sui criteri di opportunità e convenienza.
La forza aggregativa degli accordi degli associati o comunque delle regole accettate, malgrado la mancanza di personalità giuridica delle associazioni non riconosciute, conferisce ad esse il carattere di entità autonome alle quali non può negarsi la titolarità attiva e passiva di rapporti giuridici, anche astrattamente e al di fuori delle limitate previsioni del diritto positivo.
Ciò ha spinto la giurisprudenza a riconoscere in esse un centro autonomo di interessi, che rappresenta comunque un soggetto di diritto (Cass. 14 aprile 1986 n. 2601).
Nel caso della Gran Loggia d’Italia, l’ordinamento interno è fissato in una normativa articolata e complessa che scaturisce da più fonti, che possono essere elencate nelle seguenti:
- Statuto del Supremo Consiglio del 33° ed Ultimo Grado del RSAA e principi tradizionali ai quali si ispira.
- Statuti Generali dell’Ordine dei Liberi Muratori.
- Statuto della Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M.
- Regolamenti di Camere e Logge.
- Decreti e Deliberazioni degli Organi Istituzionali.
- Atti costitutivi e Statuti del Centro Sociologico Italiano.
Le procedure di modifica sono disciplinate dagli stessi statuti.
L’amministrazione è regolata dalle stesse fonti e dai poteri attivati in virtù delle medesime.
Fonte regolatrice dell’organizzazione, secondo l’art.36, è l’accordo degli associati, ma, nel caso dell’Istituto Massonico, è improprio parlare di norme pattizie originarie, atteso che le regole scaturiscono da un ordinamento di tipo iniziatico, comunicato per Tradizione, che non proviene certamente dai patti conclusi da un gruppo di fondatori, com’è invece nelle altre associazioni non riconosciute.
Il Neofita, al momento dell’ammissione, aderisce non ad un atto costitutivo di natura contrattuale, ma ad un apparato normativo tradizionale che rispecchia principi e metodologie propri della Massoneria. Tale adesione non è riconducibile quindi ad un atto di volontà “negoziale” di accettazione di regole precise, ma è qualcosa di più vincolante, come risulta dalla promessa pronunciata all’atto del Giuramento, di adempiere ed eseguire le leggi, i regolamenti e le disposizioni tutte dell’Ordine.
Il carattere universale dell’accettazione non ha nulla in comune con l’adesione ad un contratto caratterizzato dalla parità dei soggetti stipulanti, ma è paragonabile semmai alla volontà di assoggettarsi alle regole di una Confessione religiosa che si sceglie di seguire o di uno Stato nel quale si decide di risiedere.
L’art.37 c.c. disciplina il regime patrimoniale dell’associazione non riconosciuta, definendo fondo comune il patrimonio formato dai contributi degli associati e dai beni acquistati, e disponendo che i soci non possono chiederne la divisione né pretenderne la quota in caso di recesso.
L’associazione non riconosciuta può ottenere l’intestazione a nome proprio e in persona del suo rappresentante di beni immobili ed anche usucapirne la proprietà (Cass.26 luglio 1983 n. 5137).
La nuova formulazione dell’art.2659 c.c. n. 1 in materia di nota di trascrizione (legge 27 febbraio 1985 n. 52) indica tra le parti da inserire nell’atto, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute per le quali vanno precisate, oltre al nome, alla sede e al codice fiscale, le generalità della persona che le rappresenta. Di qui la conferma indiretta di una capacità giuridica delle associazioni non riconosciute, comprensiva della facoltà di acquistare immobili.
In tema di obbligazioni, l’art.38 dispone che i terzi creditori possano far valere i loro diritti sul fondo comune, e prevede una responsabilità personale e solidale delle persone che abbiano agito in nome e per conto dell’associazione.
La giurisprudenza definisce questa responsabilità aggiuntiva come una forma di “fideiussione ex lege” (Cass.28 luglio 1983 n. 5137) resa necessaria per il fatto che anche soggetti diversi da quelli che hanno la rappresentanza possono contrarre obbligazioni con effetti riferibili all’Associazione (Cass.23 marzo 1987 n. 2648).
5. La tutela del nome
Un problema di particolare rilevanza per la Massoneria Italiana di Piazza del Gesù riguarda la tutela del nome e, con esso, del patrimonio storico, tradizionale ed iniziatico che rappresenta in ambito sia nazionale sia estero.
La incontrollata e spregiudicata proliferazione di formazioni sedicenti massoniche, ma prive di radici e di riferimenti, spinge spesso i promotori ad adottare indebitamente il nome di Piazza del Gesù, per l’indubbio prestigio che assicura tale denominazione, sinonimo in Italia di Massoneria a carattere spiccatamente tradizionale ed esoterico.
Di qui il pericolo di discredito ai danni della Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M., unica legittima detentrice di questo nome, in quanto diretta discendente della Potenza Massonica distaccatasi nel 1908 da Palazzo Giustiniani e fondatrice della Massoneria di Piazza del Gesù. Le possibili deviazioni di chi si fregia di questa prestigiosa sigla, oltre al danno morale, materiale e psicologico derivante dalla usurpazione, turbano la serenità della Gran Loggia d’Italia e rendono essenziale una difesa.
Nell’ordinamento italiano esiste una norma, l’art.7 c.c., a tutela del diritto al nome, che si esercita contro chi ne faccia uso indebito e che consiste nella richiesta giudiziale di cessazione del fatto lesivo, oltre ad eventuale risarcimento dei danni.
L’Autorità Giudiziaria può inoltre ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o più giornali.
La tutela si riferisce espressamente alle persona fisiche, di cui tratta il titolo nel quale è collegato l’art.7, ma la giurisprudenza la ritiene estensibile alle persone giuridiche (Cass.26.02.1981 n. 1185).
Non mancano però pronunce di merito che ritengono tutelabili attraverso questa norma le associazioni non riconosciute, anche se il nome non corrisponda a quello indicato nell’atto costitutivo (Pretura di Firenze, 3 giugno 1986 in Rep. Foro it. 1987,1,287).
Presupposto della tutela è il pregiudizio morale che provoca l’usurpazione, lesiva del diritto all’uso esclusivo del nome come segno di identificazione.
Ancora più rilevante si appalesa la violazione quando il nome, come nel caso della Massoneria di Piazza del Gesù, rappresenta un patrimonio di alto valore, considerato il contenuto iniziatico, storico e culturale, appannaggio non esclusivo della Gran Loggia d’Italia, ma comune alla tradizione nazionale.
6 – La giustizia massonica
Riconosciuta da un lato la fallibilità umana – anche nel caso di Liberi Muratori che dovrebbero ispirare i loro comportamenti ai principi iniziatici – dall’altro l’esigenza di tutelare il rispetto delle regole inviolabili della Massoneria, gli Statuti prevedono un articolato e complesso sistema sanzionatorio, che può portare fino alla radiazione dell’associato.
Norme processuali garantistiche, ispirate ai principi generali del diritto comune, regolano la giurisdizione, le accuse, l’istruttoria, il giudizio e finalmente le pene, graduate in rapporto alla gravità delle colpe, a loro volta suddivise secondo intensità in tre livelli.
Va subito rilevato che il criterio di valutazione dei comportamenti colpevoli è molto più rigoroso di quello profano, prevedendosi sanzioni rilevanti anche in caso di infrazioni che nella mentalità profana possono apparire prive di qualsiasi rilevanza.
Ciò si spiega perfettamente: la Massoneria impone agli adepti l’osservanza di principi etici nei rapporti con l’Istituzione, con i suoi rappresentanti e i fratelli tutti.
La responsabilità di azioni ed omissioni si trasferisce così su di un piano morale indifferente alla giustizia profana che si ferma invece alla indagine sui comportamenti formali, limitandosi ad accertare, quando occorre, soltanto l’elemento psicologico ma non coscienziale di una determinata condotta.
Arduo ed improprio sarebbe quindi per un giudice diverso da quello massonico amministrare la giustizia nei rapporti interni alla Istituzione, per la intrinseca difficoltà di giudizio, di interpretazione cioè di norme di un ordinamento estraneo a chiunque non vi sia soggetto e di valutazione difatti che assumono rilevanza diversa da quelli profani.
La giurisprudenza in materia di esclusione di socio da associazioni non riconosciute viene in soccorso con una interpretazione rispettosa delle “tendenze” delle varie formazioni, espresse in regole accettate da tutti gli aderenti. Il Giudice Ordinario, infatti, secondo questo indirizzo non controverso, può accertare soltanto se si è verificato il fatto generatore del provvedimento di esclusione, ma non può valutare merito ed opportunità della decisione (Cass.2 marzo 1973 n. 579).
Si può facilmente obiettare che in tal modo si realizza egualmente una interferenza nelle vicende associative, contraria alla libertà non solo di darsi delle regole diverse da quelle comuni, ma anche di applicarle autonomamente.
Della questione è attualmente investita la Suprema Corte di Cassazione che, su iniziativa della Gran Loggia d’Italia, dovrà dirimere il conflitto di giurisdizione sorto tra il Giudice massonico che si è pronunciato sulla esclusione di un gruppo di associati e il Giudice Ordinario, adito da costoro per ottenere la dichiarazione di illegittimità dei provvedimenti. Il responso sarà di estremo interesse, considerata la diversità non solo di giurisdizioni, ma anche di ordinamenti che l’Istituto Massonico ha diritto di far valere non solo fra gli associati, ma anche verso l’esterno.