Sebbene possa sfuggire come il nucleo centrale della coscienza, quale l’Io si rivela, possa essere un archetipo, non appartenendo in realtà alle istanze dell’inconscio, ma del conscio, dobbiamo pensare che l’Io in quanto tale, già secondo la psicanalisi freudiana, emerge dall’inconscio per costituirsi come il punto di riferimento di tutta la vita cosciente. Esso quindi è l’archetipo cosciente originato dall’inconscio collettivo: è il metallo vile che si distingue sì dalla materia indifferenziata, ma pur sempre vile. Il suo fondamento è la prima materia che fornisce la possibilità della trasformazione dell’Io-piombo in Io-oro. La trasformazione dell’Io è un processo complesso e che rappresenta bene nel suo contrasto con l’Ombra la storia di ciascun individuo che con un atto eroico modella la sua personalità contro i “mostri” che appartengono alla sfera inconscia e che vengono combattuti e rigettati nell’abisso.
Se il bambino secondo Melanine Klein si ritrova in un mondo indifferenziato, fuso con la dimensione materna, successivamente alla nascita, l’ambiente e la stessa ereditarietà portano l’Io a emergere dal grande mare dell’inconsapevolezza. Attraverso una serie di scelte che vengono operate in favore o contro qualcosa, di battaglie vinte o perdute, di “tentazioni” a cui si ha ceduto o a cui si ha resistito, l’Io trova la sua costituzione e la sua dimensione. Tutta la storia dell’Io è una storia di battaglie nel tentativo, come centro di tutta la personalità, di conciliare le istanze più diverse: da una parte quelle degli istinti e dall’altra quelle imposte dall’ambiente. Come è naturale, ciò che viene sconfitto dall’Io torna nel mare in cui l’Io stesso ha le sue radici, e non muore, ma continua la sua vita al di sotto della soglia della coscienza, per mostrarsi all’Io come l’Ombra, il nemico da sconfiggere.
Non c’è dubbio che la simbologia e i miti legati alla storia degli Eroi, appartengano in prevalenza alla storia dell’Io, esattamente come i miti legati alla discesa negli inferi. In qualche modo tutti gli eroi devono percorrere la strada a ritroso che attraverso il ritorno consapevole nella dimensione dell’inconscio li conduce ad una trasformazione. Quel processo di individuazione è quello che l’Io-Eroe è chiamato a compiere o a tentare di compiere nella sua storia. Un Io che si sviluppa è sempre un Io eroico, è un Io chiamato a realizzare la sua natura che paradossalmente è quella del suo superamento. L’Io del resto paga il prezzo della sua nascita e differenziazione, in termini di isolamento, sentendosi una realtà distinta da tutto il resto: in altre parole solo e separato dal suo mondo. E’ una prospettiva distorta che ciascuno di noi è chiamato a correggere, poichè questa condizione mentale è in realtà una delle cause del dolore interiore che sostiene e alimenta l’Ego in una sorte di circolo vizioso. L’Io ha infatti due modi per espandersi, porsi sempre nuove mete, lottare continuamente con nuovi mostri e nuove difficoltà, rafforzando la sua armatura e le sue difese oppure decidere di affrontare le sue esperienze non semplicemente come battaglie, ma riconoscendo che i mostri che affronta sono i mostri che ha creato lui.
Il rischio del naufragio dell’Io è ben rappresentato nella leggenda di Ulisse che secondo Dante, dopo essere arrivato a Itaca ed aver affrontato innumerevoli mostri, non pago, si rimette in viaggio superando le colonne d’Ercole e trovando la sua fine: un Io incontenibile che non riesce a realizzarsi. Un’altra storia di naufragio dell’Io dopo aver raggiunto la sua massima espansione è quella di re Mida, che muore di fame perchè tutto ciò che tocca si trasforma in oro. Questo oro ci ricollega ad alcuni racconti che riguardano la pietra filosofale. Prima di arrivare a realizzare questo obiettivo, una delle fasi del processo di realizzazione del Lapis è la fase della nigredo, che rappresenta il confronto con l’Ombra. Un processo che porta al confronto con la morte simbolica dell’Io, alla sua putrefazione, alla sua decomposizione (appunto la fase della nigredo). Se questo processo non è condotto nel modo corretto, integrando l’Ombra anzichè cercando di distruggerla continuamente, realizzando che la sconfitta e la vittoria dell’Io davanti all’Ombra sono vittorie o sconfitte contro se stessi e lasciando che l’Io si apra alla sua decomposizione assieme al suo nemico, il rischio è quello di realizzare una pietra che secondo la favola più banale finisce per trasformare in oro il suo stesso utilizzatore, uccidendolo.
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