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    Queste informazioni sono il risultato dell’antica unione di dottrine mediche e discipline sapienziali gaeliche che ci permettono di delineare il ruolo del sacerdozio nell’Europa panceltica in età pre-romana. E tuttavia difficile, per la natura stessa delle fonti, liberare la base puramente gallica dei suoi insegnamenti dalla pratica generale che solitamente riconosciamo in ambienti, per esempio, di derivazione irlandese. Si può però avanzare che la medicina pre-romana (dunque gallica) si ispira in gran parte alle preistoriche basi del nostro continente, (dove non mancano peraltro rappresentazioni rupestri di taumaturghi medicine-man risalenti all’età neolitica).

    Chi raccolse questa eredità trasformandola in particolare dote furono i druidi, i “saggi”: ma non furono i soli. A lato del sapere ufficiale operavano, nelle sconfinate e isolate campagne galliche, molti altri “guaritori” dei quali non si è mai saputo nulla, o quasi.
    Del resto, come tutta la civilizzazione indoeuropea, anche la struttura sociale dei Gaeli seguiva il modello della tripartizione in caste e i druidi, con la loro funzione sacra, rivestivano proprio la casta più importante. Essi regolavano ogni tipo di rapporto tra la società umana e le potenze sovrannaturali, erano tutori della scienza e gli assoluti custodi dei grandi segreti della Natura, esercitavano la giustizia e indicavano le vie dello Spirito…
    Il loro magnetismo e la profonda conoscenza anatomica e degli astri faceva sì che il loro consiglio risultasse sempre una soluzione taumaturgica per chiunque ne volesse disporre: le qualità della divinazione e della predizione, inoltre, li rendeva determinanti in fatti di guerra.

    I druidi operavano le loro sacre funzioni istituendo magiche relazioni con la natura per mezzo della vitalità dei grandi alberi delle foreste e dei menhir, senza dubbio utilizzati per il loro valore energetico. Anche le piante avevano un ruolo di riguardo nella farmacologia gallica; è dagli autori classici che ne apprendiamo per la prima volta l’esistenza e nulla esclude che la derivazione etimologica di molte di esse affondi le sue radici nel gaelico: è il caso del samolo, ma anche del vischio e, come qualcuno vuole, persino della verbena. Per l’aneddoto, la raccolta di queste piante seguiva una vera e propria ritualità:

    bisognava innanzitutto che il druido consultasse la Luna poi, con la mano sinistra, bisognava afferrare il ramoscello “di sorpresa” e con un falcetto d’oro tagliarlo. Sembra che i risultati fossero miracolosi.

    Il termalismo era un altro metodo largamente diffuso. L’idroterapia di origine druidica era ugualmente molto conosciuta e consigliata per numerosi mali; basti citare le innumerevoli offerte votive raffiguranti varie parti del corpo rinvenute nei pressi di antiche fonti. I reperti più celebri sono quelli della sorgente della Senna – esposti al museo di Dijon – e della fonte termale di Chamalières – esposti al museo di Clermont Ferrand. È altresì utile ricordare la lunga lista delle divinità acquatiche di cui gli epitaffi e la toponomia hanno conservato le tracce, per attestare di come frequentemente i galli, si rimettevano alla cura dell’acqua.

    Tuttavia se anche il termalismo non fosse riuscito nel suo intento di guarigione, l’unica soluzione – ma anche la più richiesta – era quella di affidarsi agli incantesimi. Spesso infatti si ricorreva all’uso di rituali e formule dette “magiche”; molte di queste, pervenuteci dalle antiche iscrizioni, sono state rielaborate e usate da esoteristi ed ermetisti sino al nostro secolo. Venivano fatte ripetere al “paziente” per tre o nove volte e poi si attendevano gli effetti desiderati. Per alcune di quelle pervenuteci abbiamo anche una bozza di traduzione: “in mon dercomarcos axatison“, per esempio, potremmo tradurla con: “che Amarcos porti via quello che è nel mio occhio” e veniva detta qualora della polvere irritasse gli occhi; frizionando bene l’occhio in questione. bisognava ripeterla tre volte e per altrettante volte sputare in terra. Un’altra formula molto curiosa, di cui però non conosciamo la traduzione esatta, era consigliata se qualcosa si fosse incastrata nella gola; suonava all’incirca così: “xi exucricone xu criglion aisus scrisumio uelor exucri cone xu grilau“. Non conosciamo bene i suoi poteri ma sicuramente, la sola pronuncia di questa frase, aiutava già a togliere l’intruso dalla gola!

    Queste “operazioni”, come ritualità, prevedevano modalità prestabilite e un agire ben preciso in un altrettanto preciso ambiente: ma quello che più era importante erano gli “arnesi del mestiere” che permettevano ai druidi il sacro officio. Magici pugnali e misteriosi oggetti, sempre incisi di arcani simboli, erano infatti indispensabili per la riuscita di qualsiasi sacrificio. Tra i tanti oggetti che potremmo citare ce n’è uno in particolare che è considerato come uno degli attributi fondamentali dei druidi e che la leggenda ricorda come fra i primi doni che i Celti ricevettero dagli dei: il calderone.

    Il sacro calderone dell’immortalità è alla base della metafisica dell’intera tradizione nordica: esso rappresenta la “rinascita” e numerose sono le leggende a tal riguardo. È mitica per esempio la figura del dio irlandese Daghda che immergeva i corpi dei guerrieri morti in battaglia nel paiolo miracoloso: la sua pozione ridonava vita al guerriero che, divenuto immortale, ritornava a lottare per condurre i Gaeli alla vittoria. Analoga è la figura di DianCécht, il dio druido della medicina, che se ne serviva per insegnare ai druidi le cure a base di cotture di piante.

    Infine la scoperta a Gundestrup, nello Jutland, di un paiolo cultuale in argento risalente al II-I secolo a.C. oltre ad aver fornito un’importantissima testimonianza iconografica celtica, ha permesso di riallacciare fatti mitologici con un’importante elemento archeologico. Qualcuno intravede nella figura del calderone persino l’archetipo del Graal.

    Dunque la somma di queste informazioni ci rende immediata l’importanza che l’opera druidica a proposito di medicina ha tramandato sino ai giorni nostri: termalismo e talassoterapia, medicina naturale ed erboristica non sono solo moda del momento ma antiche ricette già in uso migliaia di anni prima di noi: provatelo a chiedere ai tanti druidi e druidesse di Bretagna che ancora oggi offrono la loro cordiale disponibilità indicando validi rimedi e preziosi consigli a chiunque ne abbia bisogno.

    Bibliografia di riferimento:

    • M. Questin. “La medicina dei CeIti”. Milano 1991 .
    • J. Matthews, “Lo sciamanesimo Novara 1997.
    • F. Leroux, C. J. Guyonvarc’h, “La civiltà celtica”, Padova 1987.

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