Sutrasthana cap. XII versi 1-17
Per intraprendere lo studio dell’Ayurveda bisogna innanzitutto comprendere il significato di due termini chiave: DHATU e DOSHA. Il primo deriva dalla radice Dha =(porre, stabilire, costituire) e sta ad indicare i costituenti fondamentali della fisiologia, come i tessuti corporei ed i fattori che regolano l’attività di quelli. Il secondo deriva dalla radice Dush = essere corrotto, difettoso, impuro. In sanscrito il prefisso dus ha generalmente una connotazione negativa, proprio come il prefisso dis nella lingua italiana. Il termine Dosha ha pertanto una forte valenza negativa: due buoni modi per tradurlo sono “impurità” o “difetto”. Secondo Charaka l’essere umano ha cinque difetti: tre nel corpo e due nella mente. I difetti (dosha) corporei sono Vata, Pitta e Kapha, quelli mentali Rajas e Tamas (Sutra 1-57). Si badi bene però: Vata, Pitta e Kapha non sono necessariamente dei dosha, ma possono essere anche dei dhatu, ossia dei costituenti basilari della fisiologia. Che siano dei dhatu o dei dosha dipende dalla loro condizione di equilibrio o meno. Si ripropone quindi la situazione già incontrata nel capitolo precedente ovvero la possibile esistenza di una condizione naturale di equilibrio (Prakriti) che, se perduta, genera delle impurità (i dosha). Dire che la fisiologia é governata dai dosha é improprio ed equivale a dire che il corpo é governato dalle impurità. Vagbhata afferma :” I tre dosha, Vata, Pitta e Kapha sostengono il corpo quando sono in equilibrio, ma lo distruggono quando sono in squilibrio” Anche la definizione di individuo sano proposta da Sushruta é sulla medesima linea. Può essere definito sano egli scrive colui che ha i dosha (le impurità) in equilibrio, che ha un buon fuoco digestivo, dei tessuti normali, le funzioni escretorie regolari, e il cui spirito, organi di senso e mente sono compiaciuti. A supportare ulteriormente questo punto di vista sta il fatto che nel linguaggio ayurvedico il corpo fisico é chiamato Sharira = corruttibile. La visione di Charaka é più elevata. Egli ritiene che l’uomo nasca per essere perfetto. Se non lo diviene, é perchè compie degli errori o li ha commessi in passato. L’uomo non é fatto per essere governato dalle impurità.
Il capitolo XII della sezione Sutrasthana é dedicato allo studio delle proprietà dei tre principi base ed in particolare di Vata. La struttura del capitolo é tipica della Charaka Samhita: l’insegnamento viene presentato sotto forma di un dialogo tra i saggi, i quali danno vita ad un vero e proprio simposio. Ognuno dei saggi espone rispettosamente il proprio punto di vista, senza mai criticare chi ha parlato in precedenza. Alla fine interviene il maestro, Atreya. A lui spetta l’ultima parola, che riconcilia i diversi punti di vista ed ottiene l’approvazione di tutti.
“Ora verrà esposto il capitolo su” meriti e demeriti di Vata”, così parlò il Signore Atreya.
Il termine Vata deriva dalla radice Va (con la a lunga) = soffiare. Vata é il soffio del corpo, che muove e trasporta ogni cosa all’interno della fisiologia. Su ciò Kusha Sankrityayanah disse: “secchezza, leggerezza, freddezza, durezza , ruvidità, chiarezza, queste sono le sei qualità di Vata”.
Il primo oratore, Kusha della stirpe di Sankritya, ritiene opportuno aprire la discussione enunciando gli attributi di Vata. Essi sono sei: Ruksha= secco Laghu= leggero Shita= freddo Daruna= duro (o violento) Khara= ruvido, non levigato Vishada= chiaro inteso come inconsistente, in opposizione a Picchila= viscoso, adesivo, consistente.
Queste qualità si ritrovano nelle sostanze la cui natura é dominata da Vata. La loro presenza ed il loro aumento indicano rispettivamente la presenza e l’aumento di Vata.
Avendo udito queste parole, Kumarashira Bharadvaja disse: “Ciò che ha detto, signore, è giusto. Queste sono le qualità di Vata. Esso viene eccitato dall’impiego ripetuto di azioni aventi qualità, sostanze ed effetti specifici simili (ad esso), poiché l’esposizione ripetuta a qualità simili causa l’aumento dei dhatu “.
Qui sono descritti gli effetti del principio di similarità, già menzionato nel capitolo precedente. Va sottolineato che perchè l’esposizione ad un determinato fattore causi l’aumento dei valori similari nella fisiologia é necessario che tale esposizione sia abituale. Assumere solo di tanto in tanto un cibo non salutare non ha serie conseguenze sulla fisiologia, ma se l’assunzione é frequente gli effetti negativi saranno inevitabili.
Avendo udito queste parole, Kankayana, medico di Bahlika, disse: “E’ proprio così, signore. Quelle sono proprio le cause di eccitazione di Vata, pertanto gli opposti (ad esse) lo placano, poiché ciò che è opposto ai fattori eccitanti causa la pacificazione dei dhatu.” Ecco invece il principio di differenza, esattamente speculare rispetto a quello di similarità. Il testo usa i termini Prakopa e Prashamana per indicare rispettivamente l’eccitazione e la pacificazione di Vata.
Prakopa indica l’atto di irritare, agitare, mandare in collera, provocare (come per una rissa). Prashamana ha senso opposto ed indica invece l’atto di calmare, acquietare, addolcire. Come é evidente si parla di Vata in termini molto vivi, come se si trattasse di una entità animata, dal carattere difficile e molto irritabile, la cui collera va continuamente placata. Va rilevato un punto molto sottile: la terapia non consiste nell’adottare dei rimedi antagonistici rispetto a Vata, bensì dei rimedi antagonistici rispetto alle cause del suo squilibrio. Non é possibile venire direttamente in contatto con Vata che é intangibile, come spiegato più avanti, ma é possibile intervenire sui fattori che lo squilibrano. Quali siano quei fattori é menzionato in diversi punti del trattato ed in modo specifico nel capitolo 28 della sezione Chikitsasthana (il libro della terapeutica), dedicato per intero ai disordini causati da Vata: ” A causa di fattori come assunzione di cibi secchi, freddi, in piccola quantità e leggeri, eccessiva attività sessuale e veglie (notturne), trattamenti sbagliati, eccessiva eliminazione di dosha e sangue, eccesso di diete dimagranti, eccessivo saltare, viaggiare ed esercitarsi fisicamente, eccesso di attività, impoverimento dei tessuti, eccessivo dimagrimento dovuto a preoccupazioni, dispiaceri e malattie, letto e sedia scomodi, rabbia, sonno diurno, paura, soppressione dei bisogni naturali, indigestione, percosse, digiuno, traumi nei marma (punti vitali), correre su elefanti, bufali, cavalli ed altri veicoli veloci, Vata aggravato riempie i canali vuoti del corpo e produce disordini che colpiscono il corpo intero o singole parti di esso” (Chik.28, 15-18) Avendo udito queste parole, Badisha Dhamargava disse: ” Ciò che ha detto, signore, è giusto. Proprio queste sono le cause di eccitazione e pacificazione di Vata. Ora spiegheremo come gli agenti eccitanti e pacificanti lo eccitano o lo placano senza entrare in contatto con lui che è inconsistente ed instabile. Gli agenti eccitanti Vata causano ruvidità, leggerezza, freddezza, durezza, spigolosità, chiarezza, porosità (vuoto) nel corpo e di conseguenza Vata, avendo trovato dimora in quel corpo ed essendosi rinforzato, viene eccitato. Al contrario, gli agenti pacificanti Vata producono nell’ organismo untuosità, pesantezza, calore, levigatezza, morbidezza, viscosità e compattezza. Di conseguenza Vata circola in quell’ organismo senza aderire e viene pacificato.
Altri due attributi di Vata sono stati menzionati. Vata é anavasthita = inconsistente e anasadya = instabile. Come possono eccitarlo dunque i fattori stimolanti? Creando nella fisiologia un ambiente che sia favorevole alla sua crescita. Ora descriveremo, per quanto in nostro potere, le azioni di Vata eccitato e non eccitato nel corpo o fuori del corpo, che si muove nel corpo e fuori del corpo, avendole verificate mediante la percezione diretta, l’inferenza e l’insegnamento autorevole.
/Il termine Vata ha molti sinonimi. Al suo posto vengono sovente usati da Charaka, senza apparenti regole distintive, i termini Vayu, Anila e Maruta = vento, aria e Pavana = purificatore. Vayu é anche uno dei cinque elementi primordiali che costituiscono la materia e rappresenta una forza della natura dal potere immenso. E’ per questo motivo, in segno di rispetto, che il saggio realeVayorvida rende ad esso dovuto omaggio.
Sono inoltre menzionati i tre mezzi utili per ottenere o sottoporre a verifica una conoscenza: Aptopadesha = testimonianza autorevole (da Apta = colui che é privo di difetti e Upadesha= insegnamento, testimonianza) Pratyaksha = percezione diretta (con gli occhi e gli altri organi di senso) Anumana = deduzione, inferenza La conoscenza fondata contemporaneamente su questi tre fattori é certa ed affidabile e l’azione basata su di essa é di successo e raggiunge l’obiettivo desiderato.
Vayu, che è il sostegno del corpo, è costituito da Prana, Udana, Samana, Vyana, Apana. Se non è incollerito promuove i movimenti verso l’alto e verso il basso, controlla e guida la mente, attiva gli organi di senso, trasporta le percezioni sensoriali, distribuisce i tessuti del corpo, crea coesione nel corpo, promuove la parola, dà origine a tatto e suono, è la radice dell’organo dell’udito e di quello del tatto, è la sorgente di gioia ed energia, stimola Agni, assorbe le impurità, elimina gli escreti, ritaglia i canali grossolani e sottili, modella l’embrione non nato, è alla base dell’ottenimento della longevità.
Charaka descrive qui cinque aspetti di Vata (cinque soffi). Essi sono: /Prana = il soffio verso il davanti Udana= il soffio verso l’alto Samana= il soffio concentrato Apana = il soffio verso il basso Vyana= il soffio diffuso Questi cinque aspetti di Vata adempiono ognuno a specifiche funzioni. Ad essi spetta il compito di attivare, trasportare, dividere, eliminare, formare, preservare. Molte delle funzioni di Vayu (Vata) corrispondono ad attività proprie del sistema nervoso, tuttavia sarebbe limitante essere dell’idea che Vayu equivale al sistema nervoso perchè quello é solo uno dei suoi aspetti. Vayu é qualcosa di più, é la forza della vita stessa, é la manifestazione più sottile del potere dell’intelligenza che sostiene l’esistenza individuale.
Tuttavia, quando è disturbato nel corpo lo affligge con ogni sorta di disturbi riducendo la forza, il colorito, la felicità e la durata della vita, agita la mente, colpisce gli organi di senso, distrugge, deforma e fa ritenere troppo a lungo il feto, produce paura, angoscia, stupefazione, depressione e delirio, blocca i soffi vitali.
Le conseguenze dello squilibrio di Vata interessano sia il corpo che la mente e possono essere molto serie, sino a condurre alla morte. I sintomi prodotti sono legati all’esaltazione anormale dei caratteri di Vata, come secchezza, durezza, ecc..
Quando poi Vayu si muove nell’universo nella sua condizione naturale, le sue azioni sono le seguenti: sostiene ciò che sostiene (la terra), ravviva la fiamma, regola il continuo movimento del sole, della luna e dei gruppi di stelle e pianeti, forma le nubi, fa cadere le piogge, fa nascere i corsi d’acqua, produce i fiori ed i frutti, fa germogliare i germogli, distribuisce le stagioni e ripartisce gli elementi fondamentali, fa manifestare la quantità e la forma di quegli elementi, fa maturare i semi e crescere i cereali, dissecca l’umidità eccessiva, trasforma ciò che deve essere trasformato.
Ma quando Vayu si muove eccitato nell’universo, le sue azioni sono le seguenti: erode i monti ed i picchi, scuote gli alberi, crea tempeste nei mari, fa straripare i laghi, crea gorghi nei fiumi, fa tremare la terra, gonfia le nubi, porta fuori nebbia, polvere, sabbia, pesci, rane, serpenti, alcali, sangue, pietre, altera le sei stagioni, riduce i raccolti, crea problemi nelle creature, rende i fattori positivi non positivi, porta nubi, sole, fuoco e venti che mettono fine alle quattro ere.
Esso è dunque la sorgente della creazione, imperituro, che crea l’essere e il non essere e produce la felicità e l’infelicità, il dio della morte, Yama, il Signore delle creature, l’Agente universale, Colui che prende tutte le forme, che è dovunque, che dispone tutte le trame, sottile tra gli esseri, onnipresente, onnipervadente, che si muove nei mondi, Vayu è davvero il Signore.
Il nome dei saggi non é casuale ma é in collegamento con il ruolo che ognuno di loro svolge nell’ambito del simposio. Varyovida significa “conoscitore di Vayu”. Chi meglio di lui può descrivere le azioni di Vayu? Egli presenta agli altri saggi delle immagini molto vivide di Vayu che si muove nel corpo e fuori del corpo, nella natura. Vayu influenza l’intera creazione. Per questo motivo esso é descritto come il Signore. La sua forza, quando é incollerito, é tremendamente distruttiva. I poteri di Vayu nel microcosmo e nel macrocosmo non sono diversi; solo la scala di grandezza é differente. Il microcosmo ed il macrocosmo sono l’uno la rappresentazione dell’altro in differenti scale e sono governati dalle medesime leggi. E’ celebre l’affermazione di Charaka in proposito: “L’uomo é eguale all’universo. Le diverse entità materiali che sono presenti nell’universo esistono anche nell’uomo; così pure quelle presenti nell’uomo esistono anche nell’universo. Questo é il modo in cui i saggi amano vedere le cose” Car. Shar. 4,13.
Avendo ascoltato queste parole di Varyovida, Marici disse: “Anche se è così, che cosa hanno in comune queste parole o questa conoscenza con la scienza medica? Come questa dottrina ora esposta concerne la scienza medica?” A Marici, il cui nome significa “il brillante”, spetta il compito di sostenere l’importanza (o il primato) di Pitta. La sua affermazione é molto pertinente ed anche un pò polemica: questo descrivere le azioni di Vayu nella natura, questo parlare di Vayu in toni un pò mistici, che cosa ha a che vedere con la scienza della medicina, che si occupa di entità ben precise e concrete, come il corpo umano? Pronta arriva la risposta: Varyovida rispose: ” Se il medico non realizza la forza , la violenza, la velocità d’azione eccessive di Vata quando è molto eccitato, come a dispetto dei suoi migliori sforzi potrà intraprendere dei trattamenti per proteggere il paziente sin dall’inizio senza paura di perdere tempo? Un simile apprezzamento di Vata è conduttivo all’ottenimento di salute, forza, buona carnagione, accrescimento, vigore, aumento di conoscenza e massima durata possibile di vita.
Vata é una forza della natura molto potente e quindi va conosciuto e rispettato. Se non lo si conosce a sufficienza si rischia di trovarsi impreparati di fronte al suo potere ed anche alla sua violenza. Se non lo si rispetta si rischia di compiere delle azioni che ne disturbano l’equilibrio, scatenando così la sua collera. In tutta la Charaka Samhita Vata occupa un posto di grande rilievo. Il dodicesimo capitolo della sezione Sutrasthana ed il ventottesimo capitolo della sezione Chikitsasthana (il Libro della Terapeutica) sono interamente consacrati a Vata, allo studio dei suoi caratteri ed al trattamento dei disordini da esso causati. Il medesimo onore non é riservato a Pitta e Kapha.
Marici disse: “E’ l’Agni (il fuoco) che è all’interno di Pitta nel corpo, a seconda che sia eccitato o meno, a portare conseguenze positive o negative. Eccole: digestione e non digestione, visione e non visione, regolazione e disregolazione del calore, normalità ed anormalità della carnagione, coraggio e paura, collera e gioia, ottundimento e chiarezza ed altre coppie di opposti.
Marici ha descritto alcune delle azioni di Pitta, quando é normale od anormale rispettivamente. Pitta governa la digestione ed il metabolismo, la regolazione della temperatura corporea, la visione ed altre funzioni importanti. E’ il fuoco contenuto al suo interno a conferirgli un tale potere. Quel fuoco va sotto il nome di AGNI ed é il corrispettivo fisiologico del fuoco cosmico che fa ardere il sole e le stelle. Esiste una sottile differenza tra Agni e Pitta, anche se i due termini vengono sovente impiegati come sinonimi. Agni non é Pitta, ma é contenuto al suo interno. Sulla diversità tra Agni e Pitta ha elaborato in modo magistrale J.Filliozat nel suo testo “The classical doctrine of indian medicine”. Egli menziona diverse sentenze di Charaka dalle quali si evince in modo indiscutibile l’esistenza di tale diversità. Aprendo una parentesi vorrei dire che a mio avviso la lettura del testo del prof. Filliozat é molto utile per comprendere alcuni dei concetti più difficili e complessi della dottrina ayurvedica. Purtroppo quest’opera illuminante é attualmente difficile da reperire e non esiste una sua traduzione in italiano.
Avendo ascoltato queste parole di Marici, Kapya disse: ” E’ il Soma che è all’interno di Kapha nel corpo, a seconda che sia eccitato o meno, a portare conseguenze positive o negative. Eccole: fermezza e lassità, sviluppo ed emaciazione, entusiasmo e letargia, virilità ed impotenza, conoscenza ed ignoranza, potere di comprensione e confusione ed altre paia di opposti.
Soma é il valore unificante della creazione, il collante cosmico che tiene unita la tela dell’universo manifesto. Presente all’interno di Kapha esso conferisce stabilità, robustezza e forza al corpo e potere intellettuale alla mente.
Avendo ascoltato quelle parole di Kapya, il Signore Punarvasu Atreya disse: “Tutte le affermazioni che avete fatto sono corrette ma unilaterali. Infatti tutti e tre Vata, Pitta e Kapha nella loro condizione normale mantengono l’uomo ed i suoi sensi integri, conferiscono forza, buona carnagione, felicità e una grande durata di vita, proprio come il sentiero di Dharma, Artha e Kama, opportunamente seguito, conferisce alla persona il sommo bene in questo mondo e oltre. Ma se alterati essi portano il più grande male, proprio come le tre stagioni, se alterate, portano del male al mondo quando scendono su di esso.
Atreya presiede il simposio ed a lui spetta il compito di trarre le conclusioni finali. Ognuno dei saggi ha descritto una parte della realtà, vista dal proprio personale punto di osservazione. La visione di Atreya é a 360 gradi ed i suoi rilievi superano, incorporandolo, tutto quanto detto in precedenza. Tutti e tre i principi fisiologici, Vata e Pitta e Kapha sono importanti e dalla loro condizione normale od anormale dipende il mantenimento o meno della salute.
Tutti i saggi, avendo assentito alle parole del Signore Atreya, ne furono deliziati. Ecco il verso (da ricordare): avendo ascoltato quelle parole di Atreya, tutti assentirono ed i saggi furono deliziati come gli dei alle parole di Indra.
L’intervento di Atreya, conciso ma autorevole, ha chiuso il simposio. L’ultima immagine suggestiva é quella dei saggi seduti attorno ad Atreya, raffigurati come le divinità del cielo attorno al loro maestro, Indra.