di Akira
Premessa: le ragioni di un nuovo Rituale massonico
Il Rituale Italico è, come ogni Rituale massonico, martinista o ermetico, uno strumento.
Questo assunto non deve apparire, carissimi Fratelli, limitativo o riduttivo.
Al contrario, deve indurci a riflettere su quanto siamo davvero consapevoli di quel che facciamo lavorando alla gloria del Grande Architetto dell’Universo.
La ripetizione di parole, gesti, segni e toccamenti, cerimonie di iniziazione, passaggio ed elevazione è molto più di uno psicodramma interpretato con maggiore o minore abilità dai Liberi Muratori riuniti in Loggia.
Il Rituale è, pertanto, davvero uno strumento: è lo strumento per eccellenza di cui l’iniziato consapevole dispone, è il mezzo che rende operante il Simbolo; la pratica corretta e costante del Rituale sprigiona infatti un’energia benevola e benefica, l’eggregore, che avvolge la Loggia creando la vera alchimia, il balsamum perfectum.
La forza di questa energia è poi amplificata nel corso delle cerimonie: in particolare il Terzo Grado può risvegliare nell’iniziato la Seconda Vista, e la Catena d’Unione insegnargli a servirsi, seppure in modo inconsapevole al principio, del Terzo Occhio che ha infine aperto.
Se dunque il rituale è uno strumento, si impone una precisazione: affinché si crei nel Tempio un eggregore benefico, il Rituale utilizzato dev’essere orientato a tal fine.
Un Rituale massonico, ogni Rituale, non è neutrale: può avere un sottofondo razionalista, moraleggiante, mistico e finanche operativo.
Lavorare secondo un Rituale piuttosto che un altro, è dunque per ogni Loggia una scelta dirimente, poiché la pratica incide su quella che sarà l’impostazione e dunque la cifra con la quale essa sarà connotata.
Queste premesse sono d’obbligo, poiché sono alla base della scelta fatta dalla nostra Loggia Stanislas de Guaita n. 23 di Roma di lavorare con un Rituale, denominato Italico, schiettamente operativo e composto facendo ricorso alle opere più ispirate dei Maestri Passati che la Tradizione occidentale ci ha lasciato, ed a testi sacri che hanno sfidato i secoli.
Il Rituale italico segue un filo rosso ben preciso: ricorre esplicitamente alla Tradizione romana, pitagorica ed italica, ricollegandosi tuttavia alla sapienza ed alla cosmogonia egizia, da cui, ad avviso di chi scrive e soprattutto di iniziati del calibro di Plutarco, promanano i nuclei fondanti di tutti i culti.
La scelta di invocare il genius loci di Roma, ovvero Giano, e di rendere centrali i Misteri collegati al nome segreto dell’Urbe, autentica parola di potenza, non è casuale.
La Tradizione italica, infatti, rappresenta quella prisca sapientia ingiustamente dimenticata o peggio volutamente rimossa, ed alla quale il Maestro Kremmerz ha fatto volentieri ricorso in ambito magico, ed i Fratelli Reghini ed Armentano in ambito massonico.
Alla loro opera ci rifacciamo espressamente, convinti che sia questa la via da percorrere per formare Liberi Muratori consapevoli delle radici operative di un’iniziazione che è sì di mestiere, ma che contiene in sé l’ultima scintilla delle Vie misteriche dell’Occidente, scintilla che altrimenti rischia di smarrire per sempre.
Richiamerò alcuni passaggi rilevanti delle cerimonie di consacrazione del tempio, di apertura e chiusura dei lavori in primo grado, nonché dell’iniziazione, per dare forza a quanto ho scritto, e per mostrarvi quanto incide l’orientamento dato ad un Rituale sulla vita e sull’evoluzione di una Loggia massonica.
La consacrazione del Tempio
Mediante la consacrazione del testimone e di tutti gli strumenti di lavoro, il MDC procede, in virtù dei suoi poteri, alla sigillatura del Tempio, che nel Rituale Italico si perfeziona servendoci del Pentalfa pitagorico, simbolo operativo sacro ed antichissimo di Luce, e dalla potenza intatta.
La sigillatura precede e prepara per il MDC (vero e proprio mago della Loggia) la successiva invocazione al GADU e l’allontanamento degli Spiriti prevaricatori, emanazioni nefande che possono ostacolare il benefico svolgersi della Tornata rituale. Per vegliare sui nostri lavori egli chiede il sostegno degli angeli, poiché ciascuno di noi, se ben conosce il glifo del suo, può richiederne la protezione; per rischiarare i nostri pensieri chiede l’aiuto di Giano, “colui che vede il passato ed il futuro di ogni Opera”, nume per eccellenza della Tradizione italica; infine, evoca il Sole Invitto affinché il suo splendore sia “sulle opere delle nostre mani”, che devono restare pure, come ci rammentano muti i nostri guanti bianchi.
L’apertura dei lavori
“Trasmettere e perpetuare”: così risponde il Secondo Sorvegliante alla domanda del Maestro Venerabile, che lo interroga in merito allo scopo dei nostri lavori; è quel che gli iniziati fanno da migliaia di anni, compiendo il loro dovere.
Aggiungo, anticipando la domanda successiva riguardante il quid: “il Fuoco Sacro della conoscenza, che arde nel cuore degli iniziati fin dai primi giorni della nostra civiltà”; è questo l’oggetto del nostro trasmettere e del nostro perpetuare, non a caso nel nostro Rituale definito “sacro”.
Il Fuoco Sacro della Conoscenza altro non è, carissimi Fratelli, se non la Tradizione propriamente detta, un Fuoco che non brucia, di origine sovrumana, che è privilegio degli iniziati custodire: oggi come ieri, secondo l’esempio dei Maestri Passati il cui cero è acceso nel corso dell’apertura dei lavori e “che sono sempre presenti tra noi”.
L’Oriente – ha scritto il Filosofo Incognito – è sempre puro, e dunque “come il Sole sorge ad Oriente per aprire il giorno e spandere la sua luce vivifica sulla terra, ed era rappresentato nei culti antichi come Sole Invitto o come dio Mitra, così il Maestro Venerabile è posizionato ad Oriente per aprire la Loggia”: questo frammento scolpisce una volta per tutte il carattere solare e maschile della Libera Muratorìa. Tale metafora massonica, assai appropriata, è utile a comprendere l’importanza decisiva di queste poche righe che ho citato: la Via iniziatica ci impegna a volgerci verso Oriente, ed una Loggia giusta, perfetta, e regolare deve essere orientata.
Di più, dev’essere formata da uomini liberi e di buona reputazione[1], poiché la Massoneria esalta le virtù più alte e più nobili dell’uomo inteso quale VIR, del Maestro d’Arte che lavora su sé stesso: gli avatar, le figure simboliche e mitiche “interpretate” grado dopo grado dall’impetrante altro non sono che stadi successivi dell’evoluzione dell’uomo, della maturazione del Parsifal arturiano, colui che armato di Spada penetra infine il mistero del Graal: intelligenti pauca.
Il GADU invocato dal Maestro Passato trova rispondenza nel simbolo del Sole Invitto (“manifestazione visibile del centro invisibile”) ed il carattere profondamente solare del Rituale Italico trova nel corso della cerimonia di iniziazione il suo pieno concretarsi.
L’iniziazione
“La nostra Fratellanza non cerca per fratelli dei perfetti, diversamente sarebbe una vera associazione di santi e di eroi, ma cerca e ascrive a sé tutti gli uomini di buona volontà che, quantunque non perfetti, possano essere considerati come perfettibili”: queste parole del Maestro Kremmerz, pronunciate dal MDC al profano posto nel Gabinetto di Riflessione, sono la summa più efficace del percorso massonico: non siamo ancora adepti, siamo iniziati che lottano con i propri difetti e le proprie passioni per diventare persone migliori, nel corso dell’intera esistenza.
Non per caso il MDC aggiunge subito dopo, riferendosi ai Fratelli che a breve il candidato incontrerà e conoscerà, che essi sono “coloro che come staffette trasmettono la lampada della vita[2]”.
E nei momenti culminanti della cerimonia di iniziazione, nuovamente, e volentieri, facciamo ricorso all’opera del grande adepto ermetico. Riportiamo brani del suo Inno al Sole, recitati dal Maestro Passato dopo che il candidato ha prestato l’impegno sul VLS e sui Versi Aurei[3], e dopo che il MV lo ha iniziato: “perdona, o Sole, e risparmia la tua collera terribile ai ciechi conduttori della cieca turba, ai Sofi maligni e ai giullari della sapienza umana.
Mentre essi negano, il Gallo canta, e l’alba della luce, delle anime, delle intelligenze si annunzia all’oriente, di sopra alla catena serrata dei monti altissimi che precludono all’occhio umano la città di Dio. Mentre essi deridono ciò che non veggono, accarezzano le pecore da tondere, e i tordi grassi da pelare, cercano le carte monetate e il paradiso della suburra – fra tanto il Gallo ripete il canto, l’alba diviene aurora, il mondo si risveglia alla luce e lascia i gufi, padroni della lunga notte, nelle tane a divorare il cadavere della grande menzogna che li ha nutricati alla vigilia.
A chi crede, a chi ama, a chi spera il senso vero della mia parola, che è la tua legge[4]”.
Al nuovo Fratello, cui vengono infine consegnati guanti e grembiule, è disvelata per la prima volta la natura solare ed osiridea dell’iniziazione massonica: “un secondo paio di guanti vi verrà consegnato alla fine della cerimonia: ne farete dono alla vostra perfetta polarità lunare, la donna che riflette la vostra retta coscienza e che, con le sue misteriose intuizioni, è in grado talvolta di segnalarvi i giusti indirizzi per la vostra volontà.
Sappiate, Fratello ora impegnato, che la nostra via è solare e dunque maschile, ma che amiamo e rispettiamo le donne. Anche nell’antichità si venerava e si temeva Diana, sorella di Apollo, protettrice dei bambini ed amante della caccia al cervo. Ella ebbe in dono dal padre Zeus l’eterna verginità: guai al novello Atteone che volesse attentare alla virtù della vergine cacciatrice.
Astenetevi, per il vostro bene, dal profanare con la parola le idee fondamentali dei primi principii e della più pura concezione. Il silenzio che vi è imposto di qui in poi scongiurerà il pericolo della rivelazione della vergine, ossia della profanazione di un ideale illimitato nel fango della materia concreta”.
Gli elementi distintivi dell’Italico sono ormai chiari, ed a colui che sa fare buon uso della Seconda Vista non sfugge l’operatività connessa alle invocazioni pronunciate dal Maestro Passato, che nel secondo e nel terzo grado risplendono come la Corona di Mitra, che dà Luce soltanto a coloro che possono scorgerla nelle tenebre.
La chiusura dei Lavori
A mezzanotte in punto, quando la notte è più buia, vi è comunque una Luce che l’iniziato può seguire, facendosi condurre verso la sua Matrice, e reintegrandosi in essa: “Fratelli, i nostri lavori volgono al termine. Che la Luce eterna che ogni iniziato ha dentro di sé vi assista nel far sorgere in voi il Sole di mezzanotte, nell’attesa fiduciosa dell’alba”.
Si esplicita così l’auspicio che nel cuore del massone pervenuto alla realizzazione e che vede con l’occhio di Horus, sorga infine un Sole che non acceca, ma brucia di un Fuoco invincibile.
Per questo, al MV che gli chiede “cosa abbiamo appreso oggi” sull’Arte, il Secondo Sorvegliante non può far altro che rispondere: “che sotto la volta stellata del Tempio eretto in onore del G.A.D.U. si opera secondo la Tradizione”, ed il Primo Sorvegliante aggiungere: “che il Muratore è colui che concorre al consolidamento ed allo sviluppo dell’edificio universale secondo le leggi del G.A.D.U.”
La sconsacrazione del Tempio
la Loggia è chiusa, ed il MP ha dato le sue conclusioni, citando un grande iniziato che ha pagato con la vita [5] il suo coraggio nel trasmettere la Tradizione italica: “Fratelli, profonda magia è trarre il contrario dopo aver trovato il punto dell’unione”.
Il Tempio è sconsacrato e restituito ai profani, le energie accumulate sono liberate, ed il MDC può infine comunicare al Venerabile, che “nel Tempio regna l’ordine”.
NOTE
[1] Si vedano le Costituzioni di Anderson del 1723, valide ancora oggi.
[2] Nel Rituale Italico questa citazione del De rerum natura di Lucrezio è in latino, ed è tratta dal motto della antichissima Loggia Perfetta Unione, che svolgeva i suoi lavori a Napoli già nel 1728, governata dal principe di Sangro.
[3] Si noti che nel Rituale Italico il profano assume l’Impegno sia sul VLS che sui Versi Aurei, riservati da sempre agli iniziati.
[4] Kremmerz, Inno al Sole.
[5] Il riferimento è, evidentemente, a Giordano Bruno.