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    Corso di Alchimia – Lezione 2

    1. Corso di Alchimia – Lezione 1
    2. Corso di Alchimia – Lezione 2
    3. Corso di Alchimia – Lezioni 3 e 4
    4. Corso di Alchimia – Lezione 5
    5. Corso di Alchimia – Lezione 6
    6. Corso di Alchimia – Lezione 8
    7. Corso di Alchimia – Lezione 7

    Autore: Viviana Vivarelli

    LA RIEMERSIONE DELLA DEA. ESSENI E GNOSTICI. I ROTOLI DI QUMRAN. DAN BROWN

    IL MASCHILE E IL FEMMINILE NELLA TRADIZIONE CRISTIANA E NELLA SIMBOLOGIA ALCHEMICA

    “Il mondo è una rete di simboli intrecciati tra loro. I collegamenti potrebbero essere invisibili, ma ci sono sempre, sepolti appena sotto la superficie.”
    (Dan Brown)

    Punto cardine del pensiero di Jung è LA CONCILIAZIONE DEGLI OPPOSTI, in particolare del Maschile e del Femminile, che, al modo dello yin e yang taoisti, dovevano essere complementari e integrarsi, trovando una armonizzazione per il bene del mondo. Lo scopo interiore o filosofico mirava a uno scopo sociale.

    Jung aveva studiato il Maschile e il Femminile all’interno della psiche e aveva detto che l’essere umano doveva conciliare dentro di sé queste due energie, indicate rispettivamente come Anima per l’uomo e Animus per la donna.

    Questo equilibrio avrebbe creato individui migliori e famiglie migliori dove i ruoli di Padre e Madre sarebbero stati vissuti con armonia e integrazione, contribuendo a creare un mondo migliore, una umanità integrata, dove sarebbe sparita quella gerarchia tra sessi che era fondamentale nel mondo greco, poi romano e infine cristiano, per cui una tradizione maschilista aveva condannato le donne a vivere nell’emarginazione sociale e nella disparità di diritti ed opportunità.

    Nei duemila anni dell’era cristiana, la Chiesa aveva emarginato i valori della Dea dalla religione e dalla tradizione, per creare una società gerarchica, feroce, ancorata al predominio dell’uomo, con uno squilibrio sociale in cui erano stati privilegiati certi valori maschili negativi come il potere, il successo, la prevaricazione, la materialità, la logica, la contrapposizione, la depredazione… contro valori positivi del femminile quali la compassione, la cura, la conservazione, i legami, le relazioni, la comunicazione, l’intuizione e gli affetti.

    In particolare una visione maschile prevaricante del mondo aveva portato alla razzia dell’ambiente naturale e delle sue risorse, rompendo l’antico rapporto di armonia e rispetto che le civiltà matriarcali avevano avuto con la Natura.

    La Chiesa del Medioevo aveva disprezzato la Natura come aveva disprezzato la scienza, sublimando ogni ricerca nella teologia.

    Gli alchimisti, invece, anche nel Medioevo, avevano tenuto in considerazione sia le energie maschili del mondo che quelle femminili, e avevano dato la qualifica di Maschile o Femminile a ogni sorta di cose: metalli, elementi chimici, piante, pianeti… studiando le loro combinazioni in astrologia, chimica, erboristeria, metallurgia ecc.. e parlando di UNIONE DEGLI OPPOSTI, coniunctio oppositorum, con l’immagine del REBIS, unione androgina di RE e REGINA.

    E sarà proprio il REBIS l’immagine che apparirà in uno degli ultimi sogni della vita di Jung, a indicargli che la meta della sua ricerca era stata raggiunta: la giusta trasformazione della psiche come armonia degli opposti. Fu il sogno delle nozze di Zeus ed Hera, il Cielo e la Terra, un sogno che fece poco prima di morire e rappresentò ‘IL COMPLETAMENTO DELL’OPERA’ (altro termine alchemico).

    Noi oggi sappiamo che il cervello umano ha una parte femminile e una parte maschile, che presiedono a funzioni opposte, sintesi e analisi, intelletto e intuizione. La parte femminile crea l’arte e la religione, quella maschile la scienza e la tecnologia, alla prima corrisponde la spiritualità, alla seconda il materialismo. Se uno dei due emisferi eccede, si crea una disarmonia che è anche visibile attraverso elettroencefalogrammi, e di accompagna a scompensi e malattie, ma, quando un individuo è equilibrato e armonico, i due emisferi funzionano secondo un equilibrio e una integrazione reciproca.

    Allo stesso modo si sono sviluppate le culture. L’Occidente ha privilegiato analisi e logica, producendo la scienza e la tecnologia. L’Oriente si è specializzato nella parte intuitiva producendo il misticismo o una lettura analogica del mondo.

    Freud molto logico e razionale, crebbe in un complesso negativo paterno e si proiettò tutto su un maschile prevaricante, con cui costruì la sua psicologia materialista, basata sulla prevalenza del pene, con una visione sociale in cui le donne restavano emarginate e incomprese.

    Al contrario, nella vita di Jung fu fondamentale la figura della Madre. La Madre di Jung era una sensitiva, la cui facoltà prevalente era l’intuizione, per cui egli, fin da bambino si orientò più verso il mondo dell’invisibile che a quello del visibile, e, mentre la visione di Freud fu dominata dal conflitto, quella di Jung mirò all’armonizzazione, concetto decisamente femminile.

    La loro posizione nei confronti della Natura fu diversa. Freud era un uomo di città, molto legato a Vienna, non ebbe mai interesse per piante, animali o ambienti naturali. Jung, al contrario, si trovava a suo agio nella natura, percepiva la Natura come un corpo divino animato, e cercava, ogni volta che poteva di stare nel suo eremitaggio sul lago di Zurigo, lontano da tutti e immerso in un ambiente di acque e di alberi; aveva costruito a pochi km dalla sua casa di famiglia una piccola casa fatata in riva al lago, e l’aveva costruita da solo, murando, scolpendo e dipingendo, una casa primitiva che era senza elettricità e acqua corrente, dove viveva come un primitivo a contatto con la Natura.

    “Non lontano dalla casa di famiglia di Küsnacht, all’estremità est del lago, c’era il suo rifugio di Bollingen. Jung vi si fermava anche quindici giorni al mese, quasi sempre da solo; cucinava su di un camino e come fonte di luce aveva solo le candele. A Bollingen aveva scritto le sue cose più importanti. Era per lui un luogo sacrale e selvatico, un rifugio.” (Ferruccio Vigna)

    Jung diceva che il destino non viene mai per caso, ognuno di noi nasce con un compito, e questo viene dato dallo Spirito all’interno di un più vasto disegno dell’umanità. Insomma abbiamo un destino individuale all’interno di un destino sociale.

    Jung viene a nascere quando l’era dei Pesci comincia a declinare nell’era dell’Acquario, e dunque i duemila anni di storia del cristianesimo volgono alla fine e si sta per aprire un tempo nuovo, dominato da un’energia nuova. Il suo compito esistenziale lo pone a cavallo tra due ere, come un mediatore culturale, un ponte tra Occidente e Oriente. Possiamo ricostruire questo compito con i nostri indizi: Jung e il suo forte rapporto con la MADRE, una madre medium, arcana, con un femminile inquietante, poi il suo lavoro di fondatore della psicoanalisi, infine la ricerca che accompagna tutta la sua vita incentrata sulla cifra del DUE, come chiave del suo tempo, e poi l’era in cui vive e che volge al suo termine, l’era cristiana o era dei Pesci, il cui glifo indica la contrapposizione di due energie polari; quindi il lavoro costante di Jung sulle antinomie, sugli opposti, sugli archetipi dalla doppia valenza.

    Quando Jung muore, nel 1961, siamo nel punto di trapasso dall’era cristiana a quella dell’Acquario, come se la sua opera dovesse essere ‘un’opera della soglia’, un passaggio tra un mondo che muore e un mondo che nasce, con una visione profetica del tempo a venire.
    Teniamo conto delle origini di Jung in una famiglia dove ci sono 11 preti e dove il padre è pastore. Jung nasce in una famiglia protestante (Freud è ebreo ma in pratica è ateo) e il Cristianesimo fu sempre centrale nei suoi pensieri, in una continua opera critica, più facile per lui proprio in quanto era protestante.

    Nei saggi su AION, Jung analizza i simboli del cristianesimo e accenna a un Anticristo, che riporta all’Apocalisse, che dovrebbe chiudere il tempo dei Pesci con una immane guerra sferrata da una coalizione di potenze mondiali.

    Il Cristianesimo congela alcune delle maggiori polarità ontologiche: il Bene e il Male, il Cristo e l’Anticristo, il Maschile e il Femminile…

    Ma nel mondo cristiano i valori della Dea si affievoliscono, perché il Cristianesimo distrugge uno dei rami dell’antinomia ying/yang, sopprime una delle grandi valenze del mondo, senza risolverla o integrarla. Per questo, secondo Jung, l’Era dei Pesci, che è stata essenzialmente un’Era Maschile, deve lasciare il posto all’Acquario, come ripresa del Femminile.

    Nel Cristianesimo non ci sono divinità femminili, la Madonna è un residuo delle antiche Dee Madri che i culti popolari non lasciano andare, ma la teoria rigida della Chiesa non conosce valenze maschili e la stessa Maria fu innalzata al Cielo solo nel 1950, mentre la Chiesa anglicana ancora non la riconosce in un dogma. E la Chiesa cattolica riconosce un’anima alla donna solo nel 1400.

    La dottrina cristiana tenta di fondarsi interamente sulla potenza di un Dio Padre-Creatore da cui pone un sacerdozio tutto al maschile e una gerarchia di potere sempre maschile, mentre annichilisce i valori della Dea, ovvero dell’energia femminile e il valore delle donne.

    Appoggiandosi a Costantino nel 3° secolo d. C. e diventando religione di Stato, la Chiesa di Roma non diede al mondo una religione paritaria, aperta ai due lati dell’umanità, e in grado di esprimere le due valenze dell’energia, ma trasformò il paganesimo matriarcale in una potenza teocratica maschilista e misogina, demonizzando lo spirito della Dea e allontanando i valori di cura e protezione del mondo che sono sempre stati propri della Grande Madre.

    Si ebbe dunque una religione monopolistica maschilista, incentrata sul potere, che ha poi avallato la distruzione tecnologica della natura, appoggiando o giustificando ogni sorta di violenza e devastazione sul nostro pianeta.

    L’era dei Pesci doveva essere il tempo dell’amore e della fratellanza, invece ha dilaniato il mondo nelle guerre, nelle contrapposizioni feroci, nelle antinomie, e si chiude ora in altri bagliori di guerra, con un mondo diviso e dominato da strategie di terrore.

    Tuttavia, c’è una legge di natura, che vale per la storia come per la psiche, per cui tutto ciò che viene rimosso, cercherà di riemergere e lo farà nei modi più strani.

    Per Jung, l’emersione di un mondo dimenticato, avvenne attraverso il paranormale.

    Nel 1916 (a 41 anni) uno scritto automatico spinse Carl Gustav Jung a ricercare le origini del Cristianesimo attraverso lo gnosticismo.

    Attraverso queste vie paranormali, gli Gnostici, cristiani primitivi combattuti, dimenticati e sepolti riemersero, aprendogli la concezione del Dio delle origini, il Dio degli inizi delle prime poche cristiane, che era allo stesso tempo maschile e femminile. Egli completò questa visione con otto anni di studio sullo GNOSTICISMO, quella parte iniziale della storia del Cristianesimo che la Chiesa aveva condannato e nascosto, scoprendo la svolta totalitaria che era avvenuta dopo il Concilio di Nicea (325), e aveva irrigidito in forme fisse il mondo cristiano, distruggendo i valori del femminile.

    Nel secondo e terzo secolo dell’era cristiana, gli gnostici avevano composto la dualità del ‘Pesce astrologico’ in un dio, che era insieme maschile e femminile. Gli gnostici in comunità monastiche paritarie, in cui i poteri sacerdotali erano ripartiti equamente tra uomini e donne. Ma poi, nei vescovi del terzo secolo, il desiderio di dominio maschile prevalse sul messaggio di amore primitivo, travisando l’iniziale visione cristiana e imponendo la gerarchia romana della distribuzione sessista del potere.

    Jung aveva detto che non vi sarebbe stata pace nella psiche umana se le valenze del maschile e del femminile non si fossero riconciliate. Finché i valori del femminile non fossero stati riconosciuti e integrati, non ci sarebbe stata pace. Ma l’era dei Pesci era stata quella dell’opposizione, dunque l’Acquario sarebbe stata l’era della conciliazione, pena la fine del mondo. Giustamente papa Giovanni XXIII aveva detto in una sua profezia: “Il tempo nuovo sarà il tempo delle donne.” Cioè, solo se gli uomini faranno riaffiorare i valori della Dea, le virtù della Grande Madre, avremo speranza di uscire dalla catena della paura per iniziare la via della fiducia.

    Papa Giovanni aveva detto anche che il mondo nuovo sarebbe rinato dai piccoli gruppi. E la profezia è ragionevole, infatti un mondo nuovo potrà rinascere solo se piccoli gruppi praticheranno di nuovo la compassione, l’aiuto, la condivisione, l’attività disinteressata e la partecipazione. Papa Luciani aveva chiamato Dio ‘Madre’. E papa Pacelli aveva profetizzato: “Tutti periranno. Si salveranno solo i gruppi”, riecheggiando il richiamo dell’Apocalisse ai “144.000 giusti”, 12 x 12, come 12 erano stati gli apostoli. In un gruppo piccolo ci sono meno tentazioni di potere e sono più forti i vincoli naturali dell’amicizia.

    Se nel cristianesimo ci fu una scissione sessista, questa non era contenuta nell’incipit, apparve dopo Nicea e si consolidò poi, statuendo una chiesa di potere e non di amore.

    E la Chiesa di Roma soppresse tutte le testimonianze che mostravano la sua svolta unilaterale ma, per un contrappasso dello Spirito, ciò che era stato cacciato doveva riemergere e ciò avvenne, curiosamente, alla fine dell’era cristiana, proprio nella forma dell’anfora che è il simbolo dell’Acquario.

    Nel 1897, a Ossirinco, nel deserto egizio, a 160 km a sud-ovest del Cairo, vennero ritrovati tre frammenti del Vangelo di Tommaso, un apostolo che disegna un Cristo molto diverso da quello ufficiale dei 4 evangelisti tradizionali.

    (Papiri di Ossirinco)

    Nel 1903 si ritrovarono altri due frammenti, un altro nel 1905. Infine, nel 1945, 48 anni dopo, si trovarono le giare di Nag Hammadi e venne alla luce una intera biblioteca gnostica, che rivelava il pensiero del primo cristianesimo.

    Nel 1947, poi, ci fu l’eccezionale ritrovamento di Qumran, 870 rotoli trovati in alcune giare nelle grotte presso il Mar Morto, erano brani dell’Antico Testamento e scritti esseni, precedenti e contemporanei al Cristo, nei quali si ipotizza che egli sia stato un Gran Maestro di Giustizia, ovvero un Esseno.

    La religione nascosta ricompariva per provare che la Chiesa ufficiale aveva soppresso storica. I codici esseni e gli scritti gnostici rivelarono quanto grande era stato, da parte della Chiesa di Roma, il tradimento del mondo femminile.

    Un principio gnostico era proprio lo hieros gamos, cioè le nozze sacre, unione di maschile e femminile, concetto fondamentale dell’Alchimia e del pensiero junghiano.

    Il Dio degli gnostici era stato un dio completo, tanto Maschile quanto Femminile, ma il Cristianesimo aveva distrutto questa armonia primaria delle energie, e aveva discriminato la società su basi sessiste, emarginando la donna, come avevano fatto i Greci e i Romani. Così i valori del Femminile erano stati disprezzati come inferiori e messi in subordine, insieme a tutto ciò che si legava ad essi come la terra, la natura, l’amore e l’eros.

    Ma l’atteggiamento dei primi cristiani non era stato questo.

    Il Cristianesimo delle origini aveva un divino globale e onnicomprensivo, mentre, quando la Chiesa si strutturò come religione di Stato, riprese le strutture formali della società maschilista precedente.

    A Nicea si dovette scegliere tra 80 Vangeli che riportavano diversamente la vita e le parole del Cristo, e si fece una selezione drastica e mirata, creando una figura cristologica utile e opportuna al predominio del maschio, respingendo tutte le testimonianze più ampie. Così si rimossero molti episodi della vita del Cristo riportati dai Vangeli apocrifi, in cui si diceva, per esempio, che il Cristo si era sposato due volte, che forse Maria Maddalena era non una prostituta ma la sua sposa, e che probabilmente era a lei che aveva lasciato la sua eredità spirituale. Maria Maddalena, e molti romanzieri hanno ripreso questa teoria, era non una donna di facili costumi ma una donna bella e intelligente molto amata dal Cristo, al punto che in alcuni Vangeli i discepoli accusano Cristo di amare lei più di loro e di volerla come capo della sua chiesa.

    Il romanziere Dan Brown riprese in modo fantasioso questo filone, facendo della Maddalena non solo la sposa del Cristo ma addirittura l’apostolo più fedele, e identificandolo nell’affresco di Leonardo dell’Ultima Cena, come il dolce discepolo alla sua sinistra. Certamente un gioco di fantasia e la furbizia di un romanziere che voleva destare un certo scandalo, ma anche una teoria che nascostamente aveva sempre girato nel mondo esoterico, e la reazione convulsa e esagitata della Chiesa di Roma provò che il romanzo, pur essendo di fantasy, toccava un tasto dolente, come se un enorme delitto storico fosse stato perpetrato per due millenni, ma in effetti un delitto c’era stato ed era la negazione della donna. Così era più facile mettere all’indice il romanzo che affrontare, alla fine del secondo millennio cristiano, le responsabilità etiche e giuridiche di una scelta sociale e politica che aveva distrutto il potere femminile, togliendogli ogni valenza simbolica e subordinandolo al potere maschile.

    Su quella scelta, perpetrata con furia iconoclasta sui simboli del Sacro femminile, si scrisse la storia dell’Occidente, la sua cultura, la sua gerarchia di valori, il suo modo di pensare, le sue discriminazioni sociali.

    Forse, inizialmente, fu solo una strategia politica. Mai il maschilista mondo romano avrebbe approvato una chiesa diretta da una donna, sarebbe stata una rivoluzione sociale inaccettabile, e così la Chiesa cristiana si adeguò al sistema romano, senza riconoscere quella rivoluzione culturale e sociale che la figura del Cristo avrebbe permesso. Insomma fu un compromesso col potere, uno dei tanti compromessi che costellerà sempre la storia della Chiesa cattolica, anche politicamente.

    In realtà noi non sappiamo che cosa avvenne duemila anni fa: forse il Cristo si sposò, forse rimase la figura virginale che la Chiesa ci impone e che ha giustificato l’unicità del sacerdozio maschile e la demonizzazione della sessualità femminile. A noi sembra molto strano che un palestinese di 33 anni non fosse sposato, tanto più che se non lo avesse fatto sarebbe stato mal visto dalla società del suo tempo, e, se era sposato, è facile che avesse dei figli, e con molta probabilità ebbe anche dei fratelli. Ma la Chiesa cancellò anche questi nell’esigenza di calare in Maria la verginità delle Dee antiche, anche se tentò per molto tempo di farne una figura subordinata, una incubatrice, e cercò anche di sostituirla nella triade divina con lo Spirito Santo, che non ebbe molto successo, anche perché il popolo, affezionato alle sue Dee madri, conservò sempre un culto mariano.

    Sicuramente oggi possiamo ipotizzare che il Cristo non fosse misogino, come fu poi invece la Chiesa successiva, e, se portava la liberazione per tutti, anche per gli schiavi, non poteva escluderne le donne. I suoi rapporti con le donne nel Vangelo sono molto liberi e aperti. Egli mostra chiaramente di preferire la donna intelligente e che impara a quella che si limita a servire e probabilmente non avrebbe mai supposto che, in suo nome, la donna sarebbe stata privata dell’anima per 1300 anni e che, ancora dopo duemila anni le sarebbe stato precluso il sacerdozio.

    Se davvero Egli era un Cristo di amore, se la sua parola era realmente rivoluzionaria, non avrebbe mai convalidato il conformismo maschilista che contrassegnò invece il mondo occidentale.

    Negli scritti gnostici tutta questa furia misogina è assente. Gli Gnostici parlano pacatamente e in modo molto moderno dell’amore tra uomo e donna, li considerano essere simili, dicono che anche la donna deve crescere nella conoscenza, cioè deve studiare, e non pongono limiti alle sue capacità intellettive.

    La vera rivoluzione della parola del Cristo, verosimilmente, non era stata solo la liberazione degli schiavi ma anche quella delle donne, considerate pari agli uomini. Del resto, che parola di libertà sarebbe stata la sua, se avesse lasciato mezza umanità in una condizione di dipendenza?
    E’ per questo che il messaggio cristiano trovò tanto consenso femminile e che le prime martiri erano disposte a dare la vita per il nuovo credo. Non certo per cadere in un giogo uguale all’antico ma nella speranza di una reale liberazione. Sicuramente la parola del Cristo destò tanto fervore perché si parlava di amore, che è una caratteristica del femminile positivo, e non si parlava di potere, che è una regola del maschile negativo, ma altrettanto sicuramente perché si parlava di libertà per tutti.

    Ma, quando la Chiesa si strutturò come istituzione statale, di quella parità non si parlò più, e chiunque avanzasse richieste in tal senso fu tacciato di eresia. Persino oggi, se c’è un delitto che la Chiesa di Roma non sopporta, non è la pedofilia, ma la parità tra uomini e donne.

    Quando nel 325 l’imperatore pagano Costantino, per mettere pace nel suo Stato sconvolto, decise di unificare Cristianesimo e Paganesimo, creando una religione sola, cercò un sistema religioso forte che facesse prevalere gli elementi conservatori. I rappresentanti della Chiesa di Roma decisero allora a tavolino molte cose che poi furono fissate per sempre: per esempio che il Cristo nascesse il 25 dicembre, perché quel giorno era già una festa pagana, quella del solstizio d’inverno, in cui la luce del giorno ricomincia ad allungarsi e che indica simbolicamente la rinascita della luce, giorno che era sempre stato collegato alle divinità luminose, come Mitra, Dioniso, Osiride, Apollo…

    Del resto molti elementi cristiani risalgono a culti precedenti, questo non deve scandalizzare. L’archetipo si ripresenta con simboli simili. L’archetipo non è un evento storico, ma un bisogno simbolico della psiche. Per cui le grandi figure dell’immaginario religioso ricompaiono anche nel cristianesimo.

    Per esempio, il mito del Dio morto e resuscitato dopo tre giorni, che era presente in tutto il mondo antico da Dioniso a Mitra, e ugualmente il simbolismo della Dea madre ma vergine, o la nascita del Bambino divino.

    Sono tutti archetipi, antichissimi, che si succedono nel tempo nel flusso di religioni apparentemente diverse ma che soddisfano identici bisogni dell’anima, per cui la vita del Cristo non è da prendersi in senso materiale come evento storico, ma deve essere posta nell’eternità dell’Inconscio Collettivo e delle sue immagini.

    Archetipici sono i motivi della stella (che compare anche nella saga di Gilgamesh), o l’offerta al Bambino Divino di oro, incenso e mirra, le stesse sostanze che erano state offerte al piccolo Krishna, tre sostanze purificatrici delle energie sottili, come già nel mondo egizio.

    Il problema più grande, al Concilio di Nicea, fu stabilire la natura ontologica del Cristo, se era umana o divina, si mise la cosa ai voti e, con un piccolo scarto di preferenze vinse la sostanza divina. Questo segnò una differenza tra l’interpretazione della Chiesa di Roma e quella di altre confessioni, che lo ritengono solo un grande uomo santo. La divinità fu il risultato risicato di una serie di votazioni, dove prevalsero gli opportunisti che nella divinità del Cristo videro una forte leva di potere anche per chi avesse gestito la nuova Chiesa.

    Così si fissarono via via i dogmi della nuova religione. Furono distrutti i Vangeli che parlavano di un Cristo uomo e si esaltarono quelli da cui si poteva dedurre un Cristo Dio. L’energia femminile fu emarginata. Se Cristo era un uomo, i suoi sacerdoti dovevano essere uomini. Tutto quello che era femminile fu collegato al peccato, al demonio, e si fece piombare la donna in un mondo di dolore, di colpa e non potere. Quando essa, nel Medioevo, si mostrò come la curatrice della malattia e colei che era in contatto con le erbe o le forze curatrici della Natura, la si bollò come strega e si compì su di lei il più grande genocidio dell’antichità, sei milioni di donne uccise dalla furia devastatrice dell’Inquisizione, in un olocausto mai riconosciuto ma pari a quello ebraico.

    Per la Chiesa, la donna rimase l’essere impuro per eccellenza, collegata al sesso, alla tentazione, al peccato, al demonio, Lilith. Su questa condanna si costruì una gerarchia potente, che, per i mille anni del Medioevo, concentrò la conoscenza e il potere nelle mani di pochi uomini.

    Così la Chiesa cercò di far sparire le tracce degli Esseni e degli Gnostici e tacciò di eresia chiunque dicesse cose diverse dalle sue, ma, alla fine dei duemila anni del suo predominio totalitario, e a poca distanza gli uni dagli altri, sia i rotoli del Mar Morto degli Esseni che i manoscritti gnostici di Nag Hammadi apparvero improvvisamente, in due straordinari ritrovamenti, a rivelare una verità che era stata nascosta per duemila anni. Queste straordinarie scoperte archeologiche furono un pericolo per la religione istituzionale, che cercò di nasconderne gli effetti o di confutarli in tutti i modi.

    La Chiesa di Stato aveva divinizzato Gesù per fondare sul Cristo-Dio le basi del suo potere e ora si poteva scoprire che queste basi erano artefatte.

    Ecco perché, nel 2004, il romanzo giallo fantasy, ‘Il codice da Vinci’ dello storico d’arte americano Dan Brown, per quanto fosse un testo di bassa letteratura, scritto piuttosto male e privo di originalità, divenne di colpo un best seller che raccontava in modo volgarizzato l’intera storia.

    Come alcuni anni prima un altro best seller, anche quello scritto male e poco verisimile, in una pessima miscellanea di motivi new age, ‘La profezia di Celestino’, aveva diffuso di colpo nuovi modi di pensare in persone ignare di esoterismo, ora un giallo d’autore diffondeva, in modo romanzato e poco filologico, uno dei maggiori segreti della Chiesa.

    Ma ormai i duemila anni volgevano al termine, la Chiesa di Roma dava vistosi segni di cedimento e non era più un’autorità riconosciuta spiritualmente, anche se non abbandonava nessuno dei capisaldi su cui aveva fondato il suo immenso potere, appoggiandosi sempre alla potenza dei governi più dispotici.

    La parità tra il principio Maschile e quello Femminile sarebbe stata incomprensibile a Freud ma interessava moltissimo Jung e fu il motivo portante di tutta la sua vita; in ogni momento egli lavorò per far emergere il principio Femminile e venne aiutato in questo proprio dall’Alchimia e dal pensiero gnostico. Egli studiò gli Gnostici per otto anni e l’esaltazione della sua vita fu proprio lo hieros gamos, le nozze sacre, principio alchemico di grande valore, che indica la complementarietà e integrazione delle due valenze, della psiche come del mondo, lo yin e lo yang, uniti nella completezza del Tao.

    Così tutta la vita e l’opera di Jung sembrano rivolti a questo compito, un compito che va oltre la psiche umana e vuol fare riaffiorare i valori della Dea nel mondo maschile dell’Occidente, per facilitare l’integrazione delle energie anche sociali, in quanto il mondo esterno non è che la proiezione di ciò che si combatte nel mondo interno.

    Occorreva un passaggio, che collegasse lo Spirito alla Natura, che facesse riemergere i valori della Dea attraverso ciò che la Chiesa aveva respinto, che era proprio la materia. Occorreva una interpretazione nuova della materia stessa, vista non nella sua vacua fisicità ma nelle energie che la animano. Una materia spiritualizzata, come l’avevano contemplata gli alchimisti.

    Poiché, simbolicamente il Maschile è rappresentato dal Cielo e il Femminile dalla Terra, la Chiesa cristiana, arrogandosi un potere assoluto sullo Spirito, aveva demonizzato anche la Terra, e dunque la scienza.

    Ricordiamoci che per tutto il Medioevo la scienza non si sviluppa proprio per questo anatema della Chiesa e che quando, dopo l’anno mille, compaiono le prime Università, vi si studia essenzialmente teologia.

    Ma si poteva tornare allo Spirito ripartendo dalla Materia, considerata in una nuova dimensione. Questo passo intermedio non poteva essere fatto dalla scienza moderna, che aveva dissacrato la Natura e l’aveva violentata.

    La scienza moderna non faceva congiunzioni tra Spirito e Materia, ma materializzava tutto l’esistente ignorando le energie sottili insite in ogni cosa.

    Agli antipodi della scienza materialista moderna, troviamo il mondo tribale primitivo che legge la natura come animata da spiriti mentre il mondo positivista ha tolto l’anima anche all’uomo. “Voi soffrite perché siete poveri d’anima”, diceva Jung.

    La scienza moderna, dopo il 1600, divenne il mezzo con cui il potere materiale soggiogava il mondo, lo depredava e lo distruggeva, e questo ancor più quando la scienza si mescolò alla politica e al mercato.

    Eppure doveva esserci stato un modo intermedio di trattare la Natura, che conciliasse Materia e Spirito, e quel modo fu l’Alchimia.

    Tutto, nella storia di Jung, comincia con i sogni. Quando la tua vita è a una svolta, quando lo Spirito ti conduce, quando tu sei sul giusto cammino, l’inconscio ti avverte attraverso un sogno.

    Ci furono dunque tre sogni premonitori, si era nel 1926:

    “… sognai – scrive Jung – che, accanto alla mia casa, ce n’era un’altra, o un’ala di essa, che mi era estranea… C’era una bellissima biblioteca con libri del 1600-1700, rilegati in pelle di cinghiale. Tra questi, alcuni decorati con strane incisioni in rame e illustrazioni con simboli che non avevo mai visto. Più tardi scoprii che erano simboli alchemici. Nel sogno ero consapevole del loro fascino.
    In un altro sogno ero imprigionato in un castello del 1700
    .”

    La casa sognata rappresenta la nostra psiche. Sognare nuove ali della casa indica che si sta per entrare in nuovi cammini della vita.

    Il sogno della biblioteca è profetico: Jung inizierà una nuova via di conoscenza di cui non è ancora cosciente attraverso le tavole ermetiche di cui alla fine avrà la più grande raccolta mai esistita.

    Con l’Alchimia il Logos si congiunge alla Natura, il Maschile al Femminile, nel luogo dell’anima risorgeva la Dea. Il simbolo tornava là dove era nato, alla Terra.

    Aprendosi all’Alchimia, Jung si incamminava a capire dove sarebbe andato il mondo e come sarebbe stato il tempo ancora da nascere.

    Nell’Alchimia tornano le immagini del Piccolo Ignoto e del Grande Ignoto, dell’Occidente e dell’Oriente, del Maschile e del Femminile, del Dio e della Dea. L’Alchimia risolse anche un problema che Jung si era portato dentro fin dall’infanzia: il suo rapporto con la madre, che apriva a un problema più grande: il rapporto del maschile mondo cristiano con la Dea, del Logos con l’Eros.

    Questo principio, dell’integrazione delle energie, era stato ampiamente elaborato dalle ricerche clandestine e segrete degli alchimisti per tutta l’era cristiana, ma principalmente tra il 1100 e il 1500, ed è verosimile che uno dei maggiori alchimisti mai esistiti sia stato proprio Leonardo da Vinci.

    Gli alchimisti furono operatori dell’invisibile nel visibile. Lavorando sulla materia, si ricondussero alla DEA, ovvero allo spirito della Natura, L’ANIMA MUNDI, per studiarne le trasformazioni.

    L’Alchimia occuperà l’attenzione di Jung per 30 anni e lo porterà al ritrovamento simbolico della valenza femminile, dando alla sua vita una straordinaria completezza. Tutta la sua ricerca aveva avuto questo scopo finale: le nozze alchemiche, l’incontro dei due principi fondamentali dell’universo, che aveva scandagliato come psicologo e ora gli apparivano come principi fondamentali di ogni trasmutazione, uniti nell’ermafrodita, il REBIS (res bis =cosa doppia), il Re e la Regina.

    Scrive il romanziere Don Brown: “In termini di profezie siamo attualmente in un’epoca di enormi cambiamenti. Il vecchio millennio si è appena concluso e con esso è finita, dopo 2000 anni, l’età astrologica dei Pesci e il pesce è anche il segno di Gesù. Come qualsiasi esperto di simboli astrologici ci può confermare, l’ideale dei Pesci è che l’uomo debba ricevere ordini dai poteri superiori, perché è incapace di pensare da solo. Perciò questa è stata un’epoca di fervore religioso. Adesso però entriamo nell’età dell’Acquario, il portatore d’acqua, il cui ideale afferma che l’uomo è capace di apprendere la verità e di pensare da sé. Il cambiamento ideologico è enorme ed avviene proprio ora.”

    Quando la Chiesa si separò dal mondo pagano, sottolineò in modo dogmatico, la propria diversità e decise che molti degli antichi simboli assumessero un significato negativo. Fu così per il serpente, che connotava le energie della Terra, e divenne simbolo del diavolo, e fu così per il pentacolo, segno femminile, che venne attribuito alla magia nera, mentre era stato un simbolo precristiano legato al culto della natura, della Dea, ma la Chiesa demonizzò la Dea e i suoi attributi, e cacciò il femminile dal sacro, tentando di cancellarne la storia.

    Dice sempre Brown: “Gli antichi vedevano il mondo diviso in due metà, maschile e femminile. I loro dei e le loro dee cercavano di mantenere un equilibrio dei poteri, Yin e Yang. Quando il principio maschile e quello femminile non erano equilibrati, sorgeva il caos. Il pentacolo (simbolo di Venere) rappresentava la metà femminile di tutte le cose, un concetto religioso che gli storici delle religioni chiamano ‘il femminino sacro’ o ‘la DEA’. Le religioni antiche erano basate sull’ordine divino della natura. La dea Venere e il pianeta Venere erano una cosa sola. La dea aveva un posto nel cielo notturno ed era nota con vari nomi: Venere, la stella dell’est, Ishtar, Astante, tutti possenti concetti femminili legati alla Natura e alla Madre Terra. Il pianeta Venere traccia un pentacolo perfetto sull’eclittica ogni otto anni. Gli antichi lo avevano visto e il pentacolo era stato preso come simbolo della perfezione, della bellezza e degli aspetti ciclici dell’amore sessuale. Come tributo alla magia di Venere, i Greci avevano fatto ricorso al suo ciclo di otto anni per organizzare anche i giochi olimpici. La stella a 5 punte stava per diventare simbolo ufficiale delle Olimpiadi ma all’ultimo minuto fu trasformata in 5 anelli intrecciati. La Chiesa prese questo bellissimo simbolo femminile e lo fece diventare il simbolo del diavolo.”

    Si dice che quando la stella Venere è più vicina alla Terra ci sia un periodo di pace. Venere rappresenta la pace perché rappresenta l’amore. Si conoscevano due valenze dell’archetipo, una Venere materiale, sessuale, e una Venere spirituale.

    Quando in Grecia si facevano le Olimpiadi, venivano sospese tutte le guerre. Al contrario, a Roma si venerava una divinità antichissima, Giano, il cui nome voleva dire ‘porta’ (ianua), che era il guardiano della soglie e presiedeva ogni forma di passaggio. Era rappresentato bicipite, cioè con due volti. Il suo giorno era il primo gennaio e custodiva ogni inizio e ogni fine. Il suo tempio veniva aperto in tempo di guerra.

    Nei tempi dedicati a Venere le sacerdotesse praticavano la prostituzione sacra, cioè si univano sessualmente con i pellegrini.

    Simbolo di Venere era la rosa a cinque petali o la stella a cinque punte inscritta in un cerchio, ovvero IL PENTACOLO.

    Il pentacolo è uno dei simboli magici e alchemici più noti dell’Occidente. Nell’occultismo è utilizzato nei contatti tra mondo umano e mondo spirituale.

    Le 5 punte rappresentano Acqua, Terra, Aria, Fuoco, più l’elemento Spirito. Ma è anche l’unione di 3+2, maschile più femminile.

    Il simbolo è antichissimo ed è già presente nella civiltà egizia. Indicava l’unione del piano umano con quello divino, tra materia e spirito, del microcosmo col macrocosmo. Era simbolo della bellezza e della perfetta armonia associata alla dea Venere e al Femminile sacro.
    Una stella a cinque punte è sul capo della dea della fertilità Sothis, che diventa poi Iside, la terra nera, la terra fertile dell’Egizio quando c’è la piena del fiume, ed era collegata a Sirio, stella molto splendente che simboleggia l’uomo illuminato, l’uomo perfetto, per cui la stella a cinque punte indicava la perfezione dell’uomo come essere magico e divino.

    Ma si dice che il geroglifico indicasse il cammino pentagonale del pianeta Venere in 8 anni, tempo del suo ciclo, associato al pentagramma.

    Quando Venere percorre la sua orbita, arriva in punti in cui è molto vicina alla Terra e molto splendente; quando è molto vicina al Sole viene chiamata Stella del Mattino o Lucifero, quando è più lontana e quasi invisibile è detta Stella della sera.

    Horus, il dio risorto, era detto l’Uomo Stella e veniva disegnato dagli Egizi come un uomo con le braccia alzate al cielo, e così era dipinto nelle celle funerarie per aiutare il defunto nella sua resurrezione. Così lo troviamo infine nel “Libro dei morti”.

    Pitagora, mitico fondatore dell’aritmogeometria, studiò in Egitto e scoprì, tra l’altro che dal pentagono si poteva trarre la famosa sezione aurea su cui si fonda l’architettura sacra egiziana, la proporzione divina o numero d’oro 1,618 che col suo inverso 0,618 è presente ovunque in natura, numero dell’armonia e della perfezione, che gli architetti egizi ripresero per i loro templi e che i Templari useranno di nuovo per le cattedrali gotiche.

    I pitagorici parlavano di ‘euritmia’ delle costruzioni architettoniche basata sul numero d’oro (si pensi al tempio di Luxor a Karnac) ma le virtù dell’euritmia erano già note ai Babilonesi.

    Per Pitagora il 5 è il numero sacro che racchiude in sé tutti gli elementi, i 5 principi della famiglia universale, per questo il numero 5 nella oniromanzia come nella lettura dei tarocchi simboleggia la famiglia. Anche per Pitagora il 5 era dedicato alle dea della salute, Ygia, e si chiamava Ugeia. Nelle scuole dei pitagorici il 5 è l’elemento principe, simbolo dell’armonia e centro di meditazione.

    Il pentacolo era simbolo del divino anche presso i Celti. Il cerchio rappresenta l’infinito. E così passa all’Alchimia dove è detto STELLA MICROCOSMI. Il famoso uomo di Leonardo con le braccia aperte inscritto in un cerchio è un simbolo alchemico. Ma LA STELLA è sempre stata simbolica nei miti e nelle religioni, si pensi alla stella di Gilgamesh o a quella di Betlemme.
    In seguito le sette sataniche lo ripresero rovesciandolo con la punta in basso con lo stesso significato della croce rovesciata per rappresentare la vittoria della materia sullo spirito. Anche la Massoneria riprese il pentacolo come proprio simbolo. Qui non esiste il cerchio, e compaiono delle fiamme, Stella fiammeggiante.

    Il pentacolo torna nella rosa a cinque petali, sempre simbolo di Venere, della setta esoterica dei Rosacroce (la rosa che fiorisce sulla croce), uno dei gruppi cristiani esoterici più importanti. Le rosa di Venere è qui simbolo della Croce del Cristo e del Sacro Cuore, che è la quinta rosa essendo le altre quattro poste ognuna alle estremità di ogni ramo della croce. E se il quattro rappresenta la compiutezza, la quinta rosa ne è la riapertura al divenire verso il divino.

    Il pentacolo era usato come amuleto protettivo, dal greco panta = tutto, e kleos = azione grande, in questo caso grande amuleto.

    Inizialmente dunque era un simbolo protettivo legato a Venere, nell’evocazione di una sessualità mistica, concetto che la Chiesa avversò e demonizzò come tutto quello che si riferiva alla donna. Fu la Chiesa a trasformane il senso in negativo e a legarlo a Satana. C’è da notare che anche il geroglifico egizio con cui si nominava il Duat o regno dell’Oltretomba era un cerchio in cui è inscritta una stella a cinque punte rivolta verso l’alto.

    Oggi il pentacolo che era un simbolo di protezione è diventato il Pentagono, l’edificio del massimo organo militare per le guerre di conquista americane, il segno di Venere si è trasformato in segno di guerra e viene dipinto sui bombardieri e messo sulle spalline dei generali, con buona pace della dea dell’amore e della bellezza.

    Un pentacolo è anche il famoso disegno di Leonardo dell’uomo vitruviano, posto come una stella a 5 punte, all’interno di un cerchio protettivo, segno di unione di maschile e di femminile.

    Dice ancora Dan Brown: “Nessuno poteva negare l’enorme bene fatto dalla Chiesa nel mondo sofferente di oggi, ma essa aveva alle sue spalle una lunga storia di inganni e di violenze. La sua brutale crociata per rieducare le religioni pagane e il culto della femminilità era durata tre secoli e aveva impiegato metodi astuti e terribili. L’opera più sanguinaria era stata il manuale contro le streghe, il Malleus maleficarum, contro ‘il pericolo delle donne che pensano liberamente’ che aveva insegnato al clero come individuarle, torturarle e distruggerle. La categoria delle streghe comprendeva tutte le donne istruite, le sacerdotesse, le zingare, le amanti della natura, le erboristeanche le levatrici erano uccise per la loro pratica eretica di servirsi di conoscenze mediche per alleviare i dolori del parto, una sofferenza che per la Chiesa era la giusta punizione di Dio per la tentatrice… La donna, un tempo celebrata come l’essenziale metà dell’illuminazione spirituale, era stata bandita dai templi… Non c’erano rabbini di sesso femminile, né sacerdotesse cattoliche, né imam islamiche. L’atto, un tempo sacro, dello yeros gamos, l’unione sessuale tra uomo e donna, con cui ciascuno dei due acquistava l’unità spirituale, era stato ridefinito come peccato!.. I giorni della dea erano finiti… La Madre Terra era divenuta un mondo di maschi e gli dei della distruzione e della guerra avevamo prelevato il loro terribile tributo. Per due millenni l’io maschile non era stato frenato dalla sua controparte femminile”.

    Inizia così l’ultima ricerca junghiana, quella sulle energie sottili, il rapporto tra energia della natura e psiche, un’applicazione di scienza e filosofia prossima al misticismo.

    Jung è convinto di proseguire la missione di un predecessore karmico: PARACELSO, un grande medico alchimista del Rinascimento.

    Jung era a metà della sua vita, 53 anni, e dedicò gli ultimi 33 anni alla prosecuzione dei grandi alchimisti.

    Sono di questo periodo i suoi testi esoterici più difficili.

    ALIMENTARSI D’INCONSCIO

    “Dio è giorno e notte, inverno e estate, guerra e pace, sazietà e fame”
    (Eraclito)

    “L’uomo è conscio e inconscio, consapevolezza e scoperta di altro da sé.”

    Il compito di Jung era quello di reintegrare i valori della Dea, era un compito kahrmico, alla fine dell’era dei Pesci e come preparazione all’era dell’Acquario, un compito voluto dall’inconscio collettivo.

    L’inconscio junghiano ha due volti, uno rivolto al passato, che non è il vissuto infantile freudiano, ma quello protostorico e istintivo della specie, derivante da uno psichismo universale, l’altro rivolto al futuro, in questa vita e in altre, in base alla continuità di un compito kahrmico, che si attua attraverso vite successive. Questo compito può emergere nel sogno o può farci ricordare tracce di vite precedenti.

    Il sogno è importante perché è un tempo che contiene tutti i tempi, quelli che sono, che sono stati e che saranno, ma anche la visione ha il potere di attraversare i tempi. Al veggente possono presentarsi immagini retrospettive, che vengono da prima della nostra nascita, o anticipazioni del futuro (come sapevano gli antichi o i primitivi ancora vicini alle comunicazioni naturali o i veggenti).

    A differenza di Freud, per cui la visione non esiste e il sogno è solo una rielaborazione criptata del vissuto, Jung considera la possibilità di sogni premonitori e sogni-guida, perché, se la coscienza può anche pensare in termini temporali ristretti, l’inconscio si dilata verso l’infinito.

    Jung traccia una genesi della coscienza, che è insieme individuale e collettiva. All’inizio tutto è avvolto nell’inconscio, poi da questa oscurità comincia a formarsi l’Io, anche se processi psichici preesistono all’Io stesso, ‘l’aver pensieri ’ è anteriore al ‘saper di pensare’, così come il sognare precede il nascere.

    Nella storia dell’evoluzione umana, la coscienza è il fenomeno più recente, la piccola isola appena emersa, che può essere soverchiata dall’enorme oceano dell’inconscio, manifestando la sua fragilità contro i pericoli dell’invasamento: suggestione, fascinazione, incantesimo, possessione, nevrosi, psicosi, disgregazione…

    Il centro dell’Io nasce da un luogo profondo ricco e molteplice che resta come una grande matrice a influenzare la memoria, suscitare l’intuizione e dirigere la volontà. Il problema del vivere, secondo Jung, è tener aperta la comunicazione con questo oceano di energia che chiamiamo istinto, intuizione, creatività, Natura, senso o Dio… e che può e deve alimentare il flusso della vita, non solo per il singolo ma per l’intera umanità.

    In questo oceano possono esserci formazioni distinte, rappresentazioni associate, personificazioni. Sono le figure che Jung chiama ANIMA, ANIMUS, OMBRA, VECCHIO SAGGIO, EROE., GRANDE MADRE.. gli archetipi, forme primordiali della psiche, da cui nascono le culture.
    Nelle psicopatologie, in mancanza di un Io centrale che organizzi il flusso della visione, alcuni di questi nuclei possono assumere forza autonoma ed entrare in conflitto con l’io cosciente. Ma nelle personalità evolute essi possono costituire aiuti di grande importanza, per ciò che chiamiamo ispirazione creatrice, parola divina, voce interiore, angelo, luce, guida, risorsa, talento… Questi nuclei psichici possono essere come i personaggi delle fiabe o dei miti o come le personificazioni sacre delle religioni. Le storie dei popoli tentano di dare figura e senso a questi contenuti antichissimi che si affacciano alla giovane coscienza come resti di una storia remota o di una realtà parallela, che abbraccia tempi imperscrutabili.

    La psiche conscia è la piccola area esplorata di un territorio molto più vasto che si inoltra nell’altrove. Così l’uomo può spingere lo sguardo al di là di un se stesso, in cui vicenda storica, corpo e mente sono solo punti di partenza per un viaggio infinito, un viaggio che è un continuo allargamento, una continua evoluzione, ciò che Jung chiama Processo di Individuazione, viaggio dalla parte inconscia di noi verso una progressiva consapevolezza, non per noi ma per tutta l’umanità.

    Per questo, l’ampliamento della coscienza altro non è che l’integrazione dell’Io secondo la natura di ognuno. Il principio di individuazione di Jung è questo: allargare progressivamente il proprio Io mediante la metabolizzazione delle parti inconsce, attingendo agli Archetipi.

    L’uomo è sempre tutto, la parte conosciuta e l’ignoto che la circonda.

    Watzlawich dice: “Io sono più di me stesso… Improvvisamente capii che la ricerca era stata l’unica causa del mio non trovare e che nel mondo non si può trovare (e dunque avere) altro che ciò che da sempre si è”.
    Introspezione e autoindagine sono un diritto dell’uomo, una possibilità che ha però bisogno di un passo in più, il sopraggiungere del kayros, il momento di grazia, decisivo per contattare l’uomo eterno che è in noi.

    Così Jung scrive:“Ogni sera mi calo in fondo al fiume dove si vive la vita significativa, mentre al mattino mi levo e vesto la persona del dottor Jung, tentando di vivere anche questa con la maggior pienezza”.

    Jung pensa come un orientale; mentre l’uomo occidentale cerca di ampliare la zona di controllo riportando tutto all’Ego, lo yogi usa tecniche di estensione coscienziale, superando la propria individualità storica per contattare i modi di essere di una psiche universale, finché, nel samhadi o nell’estasi mistica, perviene a una fusione con la Totalità.

    L’inconscio è energia, flusso, creazione continua; quando invade la coscienza non si può reprimerlo perché è vita e, quando si reprime la vita, questa si rivolta contro di noi diventando nemica, deve esser invece elaborata e assimilarla grado a grado.

    Coscienza e inconscio sono due modalità dell’Essere, due livelli di energia che devono incontrarsi, per produrre una sintesi e una armonia, poiché entrambi sono aspetti della vita, e l’uno non può combattere o reprimere l’altro. Questa opera di contatto e collaborazione è il ‘processo di individuazione’, che avviene quando l’inconscio alimenta armoniosamente la coscienza e la fa ampliare e procedere.

    Jung cita per questo il Tao-te-ching di Lao-Tzu: “Le manifestazioni della grande Virtù procedono unicamente dalla Via. / La Via è qualcosa di assolutamente vago e inafferrabile. / Benché inafferrabili e vaghe, all’interno di esse vi sono delle immagini. / Benché impenetrabili e oscuri, all’interno di esse vi sono dei germi. / Questi germi sono molto reali, / all’interno di essi risiede l’infallibilità…”.

    Nelle patologie psichiche l’unico guaritore è l’inconscio, perché in noi sono già presenti i processi di trasformazione e di guarigione e si deve solo favorirli. Nella zona in cui conscio e inconscio si incontrano, viene elaborato un linguaggio comune, un codice mediatore. Come due indigeni di territori diversi che vengono a un guado per scambiarsi informazioni e, non conoscendo le rispettiva lingue, si parlano a segni, così l’inconscio addita i suoi contenuti alla coscienza mediante SIMBOLI FIGURATIVI.

    “Parente e straniera nello stesso tempo, la mente umana riconosce e non riconosce, lo sconosciuto fratello che viene alla sua volta, intangibile e tuttavia reale” .

    I simboli costituiscono un linguaggio unificatore perenne, un grande codice in parte dimenticato dall’uomo moderno, un codice che si esprime nei miti, nei riti, nei procedimenti alchemici, nei sistemi magici o religiosi…

    Sogno, immaginazione, visualizzazione, delirio e visione… si manifestano in modo figurato, in immagini; la coscienza riceve i simboli ma non sempre li comprende. L’analista junghiano sarà un compagno di viaggio addestrato alla comunicazione simbolica, che attrarrà l’attenzione sui contenuti finché il significato non sia assimilato come energia di vita e reintegri il territorio psichico disturbato, ristrutturando e orientando il suo divenire.

    L’apparato psichico di Freud si basa tutto sull’io conscio; l’inconscio è un epifenomeno, un rimosso coscienziale che nasconde alcuni contenuti per eludere la sofferenza. L’inconscio junghiano è un territorio molto più ampio e straordinario, che sottostà alla coscienza ma si apre a panorami che possono anche escluderla perché persino nella vita quotidiana possono emergere affetti o intuizioni che non hanno niente a che fare col nostro vissuto e la nostra storia personale.

    Dice Jung: “Le immagini e le idee contenute nei sogni non possono essere spiegate solo in termini di memoria. Esse possono esprimere pensieri nuovi che non hanno ancora raggiunto la soglia della coscienza”.

    La coscienza si appoggia sulla razionalità e sulla memoria individuale, ma, in situazioni di grande emozione o profonda meditazione, le porte dell’inconscio possono aprirsi, facendo emergere contenuti perturbanti o chiarificatori. Il gioco delle emozioni e dei contenuti figurati deve essere allora guidato, l’Io non può reprimerli troppo perché si vendicherebbero, ma non può nemmeno lasciarli irrompere in modo caotico, perché sarebbero pericolosi. Il processo di individuazione passa attraverso una apertura graduale all’inconscio, come grande potenzialità che contiene il futuro. Esso è il pensiero che penseremo, l’azione che agiremo, il destino di cui ci lamenteremo. È la forza che potrebbe cambiare la nostra vita.

    “L’inconscio non è un semplice deposito del passato, è pieno di germi di idee e di situazioni psichiche future. Possono affiorare da esso pensieri e idee creative completamente nuove, che crescono nella buia profondità della psiche come piante di loto”.

    Tutto ciò che diviene si edifica su ciò che è stato e contiene il proprio svolgimento futuro. Ogni cosa che è al mondo è tappa di uno sviluppo onnicomprensivo. Ogni vita contiene inconsciamente l’intera struttura che si è generata prima ed è matrice di ciò che sarà generato dopo.

    L’uomo freudiano discende solo dalle sue cause infantili e vive qui e ora. L’uomo junghiano è collegato all’universo, come tappa di un divenire permanente che si collega a tutti gli altri uomini della Terra. Si ha una energia non causalistica ma teleologica, non individuale ma connessa con l’universale.

    Jung aveva spesso immagini ipnagogiche, visioni tra sogno e veglia, e le accettava con naturalezza, come oracoli. Gli antichi hanno sempre considerato straordinaria la soglia tra uno stato di coscienza e un altro, tra la vita e la morte, il sonno e la veglia… il momento duale, che porta in sé la sapienza di due livelli dell’essere e li rivela l’uno all’altro.

    Un giorno, svegliandosi, Jung vide ai piedi del letto un Cristo Crocifisso avvolto di luce, il corpo emanava una luce aurata, oro-verdognola e Jung si spaventò. Sentiva fortemente la centralità della figura del Cristo, pietra alchemica per eccellenza, punto di trasformazione. Anche l’aura oro-verde del Cristo aveva natura alchemica e, come il corpo di giada del Taoismo, indicava quella qualità spirituale massima che può appartenere al vivente umano, lo spirito vitale che lo circonda nel suo massimo fulgore.

    Nel libro ‘AION’, Jung rappresenta il Cristo come l’archetipo che attraversa i secoli. Cristo era stato preannunciato astrologicamente come il modello di coscienza mitico che per duemila anni avrebbe dominato la storia dell’Occidente, era la grande immagine che sintetizzava il nuovo Zeitgeist, o spirito dei tempi, il prototipo di duemila anni di storia occidentale, secondo una precisa Weltanschaung, o sguardo sul mondo. Le sue radici erano apparse nel mito egizio di Horus, in quello greco di Dioniso, celtico di Odino, indiano di Aion, poi l’archetipo si era sostanziato nell’attesa ebraica del Messia cristiano.

    Cristo era figlio dell’uomo e di Dio, spirito in terra, agnello sacrificale, congiunzione di opposti, liberatore dal peccato.

    In AION Jung chiude il cerchio aperto nella sua infanzia dal sogno sotterraneo del Dio fallico e si misura di nuovo con i due lati di Dio, luminoso e oscuro, con la sua ambivalenza e contraddittorietà. Analizzerà questi caratteri anche in GIOBBE, che è una elaborazione del problema del dolore e della sua non opposizione alla bontà divina.

    ..

    (Seconda lezione della quinta parte del corso di psicoanalisi su Jung, tenuto a Bologna dalla prof. Viviana Vivarelli, del libro “Lo specchio più chiaro”-pubblicato su internet- su Carl Gustav Jung)

    è la fondatrice di Masadaweb: un blog di informazione altra, creato da una donna coraggiosa che non ha paura di dire ciò che pensa e di farlo pubblicamente. Così come Masada era “un’antica fortezza della Palestina che i Romani assediarono per tre anni. Quando finalmente nel 74 a.C. i Romani la espugnarono, i 967 resistenti si uccisero piuttosto che arrendersi”, Masadaweb oggi vuole essere “il simbolo di una controinformazione che si oppone allo strapotere”, dove la politica si mischia alle emozioni dell’essere umano, al normale e al paranormale, alla poesia.

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