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    Celebrazione del Solstizio d’Estate 2000

    Oriente di Firenze – 23 giugno 2000 E.V.

    Celebrazione regionale del Solstizio d’estate, dedicato a Giovanni il Battista.

    A conclusione della Tornata rituale il Gran Maestro Fr\ Franco Franchi ha letto e commentato il racconto di un “sentiero dell’anima” percorso dal

    Fr\ P.Luigi Vannucchi della R\ L\ Concordia all’Or\ di Montecatini,

    alla ricerca del senso della Natura e dell’Amore.

    Al “Maestro”

    La quercia dorme, il tasso è nella tana, il melo accanto al pesco pare uno scheletro, l’erba del prato coperta dalla brina è una distesa d’aghi di cristallo, il cavallo, il bue, il contadino sonnecchiano al calduccio, pensando solo a mangiare e riposarsi.

    L’acqua nelle fosse corre senza rumore e le stelle nel cielo debolmente risplendono lontanissime; pare anche che la gente discorra a voce bassa, per non disturbare il riposo della grande dormiente.

    Santa Lucia era ieri; da oggi tutti: alberi, semi animali, uomini, cominciano senza avvedersene e senza farlo vedere, a caricare la molla.

    Tutto pare come prima, ma non è così: le energie vitali danno inizio ai processi biochimici che metteranno in moto la macchina della vita.

    Il giorno e la notte si alternano ancora per alcune settimane, in questa gestazione silenziosa, misteriosa e sorprendentemente prevedibile, in un rinnovarsi sempre uguale e sempre diverso.

    Il grande riposo sta per terminare, ormai la molla è sin troppo carica ed il febbraietto corto e maledetto, con l’impazienza e l’impeto della prima giovinezza , fa esplodere il mandorlo e poi il susino e poi il pesco, in un tripudio sconvolgente di fiori bianchi e fiori rosa.

    E col primo lieve scirocco le api vanno frenetiche a suggere, e la merla cerca con accortezza il posto dove farà nascere la prole. L’uomo esce di casa per partecipare al miracolo e mette il bue all’aratro, il ciuco al barroccio e le opre sui campi intenti ad aiutare la madre terra a far crescere dentro il suo ventre, quei mille attesi e sperati frutti.

    Marzerello pazzerello ti regala delle ondate di luce e di calore frammiste a repentine e scroscianti piogge, così com’è giusto che faccia il mese che non ha ancora preso una decisione:

    – fò continuare l’inverno o preparo l’estate? –

    Poverino, lui non sa che la decisione l’hanno già presa il mandorlo ed il pesco, la merla con un filo d’erba secca in bocca e quella gattina nera che con la coda nervosa reclama la sua fetta di ebbrezza vitale. Aprile non si fa aspettare e l’aria mite accompagna piogge leggere che tutto fanno gonfiare e tutto fanno rinverdire; i campi fitti di grano che ha fatto la levata, protendono le verdi foglie verso il sole e il vento leggero le abbatte e le solleva come fossero onde del mare.

    Il sole si arrampica sempre più in alto , come un “gigante giovinetto”.

    Maggio passa in un battibaleno come sono passati i diciott’anni ma la sua opra è preziosa ed insostituibile; con fiducia nel domani ed il vigore della giovinezza, sotto la sua tutela e grazie al suo lavoro i primi frutti di questo grande parto cominciano a prendere colore e maturare; il loro atteso e gioioso arrivo fa da annunciatore di quello che sarà il primo vero grande raccolto.

    E’ giugno che vede il sole in vetta alla sua ascesa, e vede le prode delle viti gonfie di pampini verdi protesi a custodire come in un grembo materno il primo fiore dell’uva; vede i campi con le spighe del grano che il vigore della grande luce e del calore ha portato alla maturazione.

    – Uomo, il tuo lavoro è stato benedetto dal “Grande Architetto dell’Universo”,

    tu ora possiedi l’essenza:

    per i tuoi figli hai il pane ed hai l’acqua, il miracolo ti si è compiuto;

    ora cerca la saggezza –

    – “Maestro”, prima di continuare la grande fatica dell’estate e della vita, siedi e riposa; questa grande quercia, ora così frondosa, mitiga e filtra i raggi del sole troppo forti per i nostri occhi.

    Tu che sai, istruisci su come è potuto accadere tutto ciò, parlaci di questo continuo miracolo; dicci del nostro ieri, così le tue parole saranno più chiare per noi quando ci dirai del nostro oggi,

    così forse , se avremo cuore e cervello, ci potrai istruire come vivere meglio il domani:

    ci parlerai della libertà, della tolleranza, dell’uguaglianza, della fratellanza, della carità;

    ci dirai quello che i tuoi “Maestri” in tanti anni hanno insegnato a te.

    Rimaniamo ancora qui, attendiamo la sera, mentre tu ci racconti dell’uomo e della vita, della terra e del cielo. –

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