L’umiltà

L’argomento che ci si ripropone di qui trattare rappresenta la base, il fondamento, della grande Opera che la plurisecolare Istituzione Massonica intende edificare per il “bene ed il progresso” dell’Umanità intera. Si tratta di un Tempio che ci siamo ripromessi di edificare, dapprima in ciascuno di noi, quali pietre grezze che ci siamo riproposti di squadrare, e poi nel mondo in cui operiamo, accostando e sovrapponendo le nostre singole pietre cubiche, onde insieme costruire il Tempio dell’Umanità. Una costruzione eretta alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo. La malta utilizzata per consolidarne e cementarne la struttura è rappresentata dalla Libera Muratoria e dai suoi princìpi. Senza metafore, si tratta in pratica di diffondere nel mondo il sublime messaggio d’Amore di cui siamo portatori, una diffusione operata soprattutto tramite l’esempio, l’azione, i comportamenti.

Perché il Massone possa collocarsi nella condizione di almeno tentare di avviare il compimento di tale ambiziosa missione, è opportuno che proceda per gradi, senza riserve mentali, con coerenza costante, secondo i princìpi che gli sono stati inculcati e che quindi teoricamente conosce. Sono quegli stessi princìpi che sono tanto spesso dibattuti tra le Colonne del Tempio, e che ognuno deve imporsi di captare, di capire, per poi comprenderli. Occorre cioè assimilarli fino ad includerli nella stessa coscienza, unico espediente che consente di poi avanzare lungo la strada prescelta.

Ogni Libero Muratore ha perlomeno intuìto quanto sia arduo tale compito, forse proprio perché tra gli uomini esiste inesorabilmente il profondo abisso tra il dire ed il fare, tra la teoria e la pratica, tra il principio e l’azione. Opportuno è dapprima tentare di meglio comprendere questo termine, “principio”, spesso usato, forse inflazionato come tanti altri, per esempio come l’esoterismo, forse anche sottovalutato. Cos’è dunque un principio?

“Esso è origine, è causa, è concetto fondamentale, prima proposizione di una scienza, di una dottrina o di una disciplina. E’ l’idea originaria, il criterio, da cui deriva un sistema di idee o su cui si basano gli elementi di una speculazione.”

Ebbene, è proprio dei princìpi che si vorrebbe parlare. Sono i princìpi propugnati dalla Libera Muratoria ed ostentati all’ara del Tempio, ovvero la Libertà, l’Uguaglianza e la Fratellanza, unitamente a quello forse più dibattuto ed ostentato come una bandiera, la Tolleranza.

Cosa siano in realtà questi princìpi lo si può sapere soltanto attraverso il loro singolo esame. Proviamo ad esaminarli a fondo:

Libertà: è potere di decisione autonoma, di azione secondo la propria volontà, incondizionata da vincoli, obblighi, impegni o limitazioni dispotiche, norme o sistemi tirannici. E’ quindi condizione di chi è libero nei movimenti, non essendo né schiavo né prigioniero, neppure in senso figurato. E’ potere d’azione nell’ambito d’una società organizzata, secondo la propria convinzione e volontà, naturalmente agendo entro i limiti definiti dalle leggi od i princìpi comunque riconosciuti validi dalla società stessa in cui si opera.

Uguaglianza: è il principio per cui tutti gli uomini sono considerati simili, di pari dignità, valore ed importanza, senza distinzioni o privilegi, specie davanti alle leggi dello stato. E’ il principio per cui a tutti gli uomini dev’essere assicurata la libertà dal bisogno, ponendoli così in una condizione di parità reale e non solo formale.

Fratellanza: è reciproco sentimento di amicizia ed affetto, veramente fraterno, è legame stabilito tra chi combatte sotto una stessa bandiera o per la medesima causa. E’ accordo profondo, spirituale, tra persone non necessariamente legate da vincoli di parentela.

Tolleranza: è capacità di sopportazione per quanto è, o potrebbe rivelarsi, dannoso o sgradevole per noi. E’ disposizione d’animo per cui si ammette, senza ostentazioni di contrarietà, che qualcun altro professi un’idea, un’opinione, una religione, una politica, diversa od addirittura contraria alla nostra. E’, in breve, incondizionata accettazione di un disteso rapporto con il diverso, anche del più occulto rovescio d’una medaglia.

Indubbiamente valida la loro sintesi, ben espressa da una nota massima voltairiana:

Sono pronto ad ascoltare con grande attenzione le tue idee, specie allorché sono in contrasto con le mie. Così come sono sempre pronto a versare il mio sangue perché tu possa liberamente esprimerle“.

Princìpi indubbiamente molto nobili, che la Massoneria speculativa dei “Moderns” ha fatto propri, avviandosi ad ammettere, ad “accettare” tra le proprie fila, quanti muratori, costruttori ed architetti non erano affatto. Questo nell’intento di rendere più nobile, pratica ed attraente, un’istituzione che stava abbandonando la strada dell’operatività degli “Antients”, dei Massoni costruttori di Cattedrali, ovvero dei nostri predecessori, dei nostri antenati, onde tentare d’operare su allora moderni piani e livelli, decisamente ben più sottili che mai.

Sorge qui il timore che i princìpi fondamentali, prima elencati ed analizzati, possano essere spogliati dei loro contenuti, resi cioè pressoché privi di significato, se all’avvio della ricerca della Verità, con l’adozione dell’Arte Reale, non si è avuto successo nel far propria una peculiare virtù, da sempre considerata quale base della formazione muratoria: l’Umiltà.

Sembrerebbe un termine semplice e di facile comprensione. Purtroppo invece non lo è affatto, ed è per questo che si vorrebbe tentare di chiarirlo. Compito che la trattazione che segue rivelerà di complessa coordinazione, di faticoso svolgimento, di ardua definizione e forse di ancor più difficile interpretazione.

L’Umiltà è semplicità, è coscienza della propria debolezza, dei propri limiti, specie se si confrontano le nostre capacità e le mete raggiunte, con la grandezza e la perfezione del Creatore, ovvero la nostra pochezza con le meraviglie della natura, espressione del Grande Architetto dell’Universo, verso il quale possiamo e dobbiamo soltanto provare devozione ed amore.

L’Umiltà è modestia e riservatezza, nei modi e nel contegno, è soffocazione dell’esibizionismo, dell’ostentazione delle nostre capacità e delle nostre doti, che dovremmo palesare, e mai volutamente, esclusivamente attraverso le nostre azioni, con l’esposizione naturale e pacata del nostro pensiero, lasciando poi esclusivamente al nostro prossimo la valutazione, con accettazione o rifiuto, di ciò che siamo, di ciò che pensiamo, di quanto costituisce la nostra verità.

Per ancor meglio afferrare il significato del termine, si crede pertinente, e ci si augura interessante, l’identificazione degli opposti, o contrari, che potrebbero essere rappresentati dall’orgoglio, dalla superbia, dall’alterigia, dall’altezzosità, dall’ambizione, dall’irriverenza, nonché dall’impudenza.

Occorre a questo punto sottoporre alla paziente attenzione del lettore alcune altre particolari definizioni dell’Umiltà, che non sono certo parto del modesto autore di questa Tavola, anche se egli vorrebbe tanto che lo diventassero. Fosse pure anche per la semplice ragione, ripetutamente citata dalle Sacre Scritture, che l’Umiltà è una Virtù tanto gradita al GADU, verso il Quale gli Antichi Doveri impongono innanzitutto Amore e Venerazione.

“Umiltà è quella cosa che ci permette di restare con la mente ove vogliamo, pur sapendoci ben ancorati con i piedi alla Terra.

Umiltà è conoscere i limiti propri, degli altri e della stessa natura.

Umiltà è saper rinunciare per una buona causa.

Umiltà è abbattimento delle barriere dell’arroganza umana.

Umiltà è vita serena.

Umiltà è Amore!

In fondo non pare poi così complicato il parlarne. Chissà quante volte lo si è fatto, magari anche tra le Colonne del Tempio. Non ci si può comunque esimere dall’ammettere che l’Umiltà fà parte di un “tutto” scomodo un pò a tutti. Ecco individuato il punto dolente, l’ubicazione della difficoltà. Infatti quel “tutto” è comodo soprattutto se rivolto a noi stessi, singolarmente, ma che difficilmente viene individuato come bene dell’Umanità, il cui Tempio da secoli la nostra Istituzione s’è impegnata a costruire, proprio riconoscendo nel Libero Muratore la qualità di unico erede degli antichi Massoni operativi.

Non è davvero un compito di facile attuazione. Dobbiamo reperire in noi la volontà di imporcelo come primo traguardo, lungo il percorso evolutivo da noi prescelto. Si tratta di una prima meta acquisibile, non impossibile, e comunque inevitabile.

Spontaneo sorge l’incitamento, rivolto a tutti i carissimi fratelli, a bandire dalle Colonne del Tempio qualsiasi forma di esibizionismo, ogni ostentazione di certezze, di cui si sanno lastricate le strade degl’inferi, rendendo comune la convinzione che:

Solo nella semplicità,

solo spogliandoci della presunzione, dell’arroganza, dell’innata tendenza a far prevalere le nostre idee su quelle degli altri, soffocando in noi anche i bassi istinti della prevaricazione,

solo indossando con naturalezza i panni dell’umiltà riusciremo a provare il piacere del “dare”, di ricambiare con l’amore le dimostrazioni d’amore ricevute, attuando il rituale iniziatico del “fare agli altri quello che gradiremmo fosse fatto a noi”,

solo imponendoci d’essere piccoli, proprio come quanti sono storicamente noti per questa dote che li ha resi grandi (come ad esempio i più famosi artisti), dote che è virtù allo stato puro, potremo sperare d’essere riusciti a lasciare una traccia della nostra esistenza terrena “.

Occorre, assolutamente, essere umili. Anche, forse soprattutto, al di fuori del Tempio, proprio per agevolare il compito massonico nel mondo profano. Se ne guadagneranno affetto, simpatia, prestigio, forza, serenità, adattabilità alla convivenza col diverso, credibilità. Non si ripeteranno così gli errori commessi da quanti hanno male interpretato l’operatività, agendo in piena incoerenza coi nostri princìpi, spesso scomodo freno alle pesanti tentazioni tra cui viviamo. Convinciamoci che così si rimarrà sicuramente stupefatti dai risultati ottenuti, dagli affetti e dalla stima guadagnati, anche nell’intimo ambito delle nostre stesse famiglie.

Prima di concludere questa maldestra trattazione di tanto sublime argomento, è opportuno citare quelle che sono le conclusioni dello splendido Messaggio, non certo dell’autore, anche se, lo si ripete, vorrebbe tanto farlo suo:

Sforziamoci di pensare ogni nostra sera se veramente sappiamo ancora cosa sia l’Umiltà.

Se siamo certi di saperlo, non potremo che dormire sonni tranquilli.

Se invece avessimo dei dubbi, rivediamo tutto ciò che abbiamo fatto e pensato fino a quel momento.

Consoliamoci sempre, sapendo che cosa sia il dubbio: “Esso è sempre crescita”.

Si spera davvero d’essere riusciti nell’intento di chiarire come il doveroso compito muratorio di praticare i princìpi della Libertà, dell’Uguaglianza, della Fratellanza e della Tolleranza, possa essere semplificato mediante il passaggio attraverso l’onesta adozione preliminare dell’Umiltà.

Ai fratelli tutti, che hanno avuto modo di ascoltare o leggere fino in fondo questa forse tediosa Tavola, si vorrebbe ora rivolgere l’accorato invito a mantenere nel profondo del cuore perlomeno l’essenza di quanto s’è tentato di trasmettere, di inculcare, più all’autore stesso che ad altri, ovvero:

L’umiltà è alla base del bene comune. Non sottovalutiamola mai, poiché essa è lo strumento per crescere.

Questo, soltanto questo, è il nostro scopo VITALE.

Non dimentichiamolo, mai, mai davvero!

Convinciamoci tutti che questa è la strada da percorrere per far lievitare l’affetto che già ci unisce, l’armonia che già ci contraddistingue. Solo così si potrà auspicare d’essere sempre più “saldi nella Fede” !

All’autore non resta che sperare d’essere perlomeno riuscito nel suo modesto intento di migliorarsi un pò, per essere più e meglio degno della fiducia che gli è stata concessa da quei fratelli che, ormai tanti anni orsono, hanno deciso che poteva oltrepassare le porte del Tempio muratorio.

Ai fratelli che hanno od avranno la possibilità di ascoltare o leggere questa povera Tavola, l’augurio che possano tutti sedere allo scranno più elevato della loro Officina, onde sperimentare anche loro le macroscopiche sensazioni di piccolezza, d’incapacità e d’indegnità, strettamente uniti a voglia di dedizione alla causa muratoria ed ai suoi ideali.

Sono queste sensazioni e sentimenti che si crede debbano sempre caratterizzare il buon Libero Muratore, specie, “ma non soltanto”, all’interno del Tempio. Resi ancor più uniti e forti, si potrà allora sperare di riuscire a spargere quei semi che, dopo che di noi sarà svanito anche il ricordo, potranno originare pianticelle, trasformarsi in alberi, capaci di dare un giorno quei frutti succosi e profumati che, con i nostri giuramenti, con le nostre promesse solenni, ci siamo impegnati a produrre.

Produrre per il bene nostro, per la salute delle nostre Officine e dell’intera nostra famiglia, ma soprattutto per il bene dell’Umanità intera, a cui potrà essere finalmente dedicata la nostra Opera finale e più bella, il novello Tempio di Salomone.


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